sabato, 27 luglio 2024

CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA, 9 MARZO 2011 N. 5571, Ricorso dal fallito.

Ricorso dal fallito
La Sezione Tributaria della Cassazione, con sentenza n. 5571/11 del 9 marzo, ha stabilito che la perdita della capacità processuale dell’imprenditore, generata dalla dichiarazione di fallimento relativamente ai rapporti di pertinenza fallimentare, ha carattere relativo. Pertanto, a tutela dei creditori, il difetto di capacità può essere eccepito dal solo curatore e, quindi, né dalla controparte, né d’ufficio dal giudice. Tale incapacità assume carattere assoluto (ed è quindi opponibile da chiunque, oltre che rilevabile d’ufficio) solo nel caso in cui la curatela abbia dimostrato il suo interesse per il rapporto oggetto della lite.

La Sezione tributaria della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5571/11 del 9 marzo, esamina il caso di una rettifica Iva operata dall’agenzia delle Entrate nei confronti di una società che aveva chiesto l’imposta a rimborso senza esibire alcuna scrittura contabile, a causa della distruzione in un incendio.

Il curatore fallimentare della società oppone ricorso, basandolo sul fatto che l’ufficio aveva applicato il principio di cui all’articolo 54 del Dpr 633/72, che prevede l’esame preventivo della contabilità, al posto di quello dell’articolo 55, in tema di ricostruzione induttiva della contabilità. L’Amministrazione finanziaria, da parte sua, riconoscendo la mancata esibizione dei documenti contabili, imputava l’onere della dimostrazione degli acquisti/vendite a carico dell’impresa.

Nei primi gradi del giudizio, le commissioni tributarie provinciali e regionali sostenevano la tesi secondo cui la società avrebbe dovuto ricostruire la documentazione contabile, chiedendo a fornitori e clienti copia delle fatture.

Non il curatore fallimentare, bensì il rappresentante legale della società fallita è ricorso in Cassazione per invocare l’illegittimità dell’atto di accertamento.

I Supremi giudici, nel rigettare il ricorso, sostengono che il fallito si è costituito davanti alla Corte “non in proprio, ma quale rappresentante della società…per cui, sussistendo una continuità di presenza del soggetto interessato alla controversia, rimane legittima la costituzione della società, sia pure nella persona del fallito, in questo giudizio di legittimità”.

Dunque, a tutela dei creditori, il difetto di capacità può essere eccepito dal solo curatore, non dalla controparte e nemmeno d’ufficio dal giudice. Inoltre, il difetto di capacità assume carattere assoluto – che può essere opponibile da chiunque e anche rilevabile da parte dell’ufficio – a condizione però che la curatela abbia dimostrato il suo interesse per il rapporto oggetto della lite.

CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA DEL 9 MARZO, 2011 N. 5571

Fatto
L’Ufficio IVA di ……… rettificava nei confronti della società (..) s.r.l. con avviso n. ……….. la dichiarazione per l’anno 1996 in applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 a seguito della richiesta di rimborso per l’anno 1999 di L. 480.000.000 ed alla mancata esibizione delle scritture contabili andate distrutte a seguito di un incendio, sviluppatosi negli uffici, per cui recuperava l’IVA portata in detrazione, considerando anche imponibili le operazioni di esportazione ed irrogando le relative sanzioni. (..), curatore fallimentare della società, impugnava l’avviso di rettifica innanzi alla C.T.P. di ………., lamentando che l’ufficio aveva applicato il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 accertamento che prevede l’esame preventivo della contabilità, mentre nella specie doveva procedere con accertamento induttivo D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 55, procedendo alla ricostruzione della contabilità. Controdeduceva l’Agenzia delle entrate sostenendo che l’atto impugnato traeva origine dalla mancata esibizione della documentazione contabile e che era onere del contribuente documentare gli acquisti sostenuti e le vendite effettuate in esportazione producendo la relativa documentazione anche in copia. La C.T.P. rigettava il ricorso. Impugnava la società ribadendo l’illegittimità dell’accertamento eseguito D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 54 in presenza dei presupposti che consentivano solo l’accertamento induttivo , non essendo facoltà dell’Ufficio procedere, come affermato dalla C.T.P. ad accertamento analitico in caso di mancata tenuta o rifiuto di esibizione o sottrazione all’ispezione delle scritture contabili. Resisteva l’A.F.. La C.T.R. della Campania respingeva il gravame, confermando la decisione di primo grado, affermando che, poichè le scritture contabili erano andate distrutte per un incendio, come affermato dal curatore del fallimento, poteva essere applicato solo llart. 54 cit. ed alla società rimaneva la possibilità, non utilizzata, di ricostruzione della stessa, chiedendo ai fornitori ed ai clienti le copie delle fatture. In assenza d’impugnativa da parte di (..), curatore fallimentare della società (..) s.r.l., il rappresentante legale, (..), nell’interesse della stessa società, impugnava detta decisione con ricorso notificato il 4.4.2007, chiedendo la cassazione della sentenza, sulla base di tre motivi. L’Agenzia delle entrate è presente con semplice istanza di comunicazione d’udienza.

Diritto
Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54 e 55 per avere la C.T.R. ritenuto che, poichè il curatore fallimentare aveva ammesso di non disporre della contabilità della fallita in bonis, ciò consentiva all’A.F. di procedere alla rettifica della dichiarazione mercè l’ablazione di tutti gli importi portati in detrazione, violando in tal modo la norma secondo la quale la facoltà per procedere a rettifica è data soltanto in ipotesi espressamente previste non ricorrenti nella specie,dato che la mancata esibizione delle scritture era incolpevole come accertato sia in sede penale che civile, nè tali ipotesi erano state indicate nell’avviso, sottraendosi così all’onere probatorio incombente su di essa secondo il disposto dell’art. 56, D.P.R. cit.. L’Amministrazione, quindi, a giudizio di parte ricorrente, avrebbe dovuto procedere, in assenza incolpevole della contabilità, solo con accertamento induttivo, non avendo l’A.F. alcun potere discrezionale nella scelta del tipo di accertamento da eseguire. Con la seconda censura si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., comma 2, in relazione al D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54 e 55 nonchè omessa e contraddittoria motivazione per avere la C.T.R. messo in dubbio l’esistenza di prova certa sulla distruzione della documentazione, in contrasto con le risultanze civili e penali e con il disposto dell’art. 55 che prevede l’accertamento induttivo in caso di mancanza di documentazione, restando irrilevante se cioo sia dovuto a forza maggiore o perchè volontariamente non esibita. Nè dall’avviso di accertamento è dato desumere le circostanze (operazioni imponibili superiori o inesattezza delle indicazioni relative a detrazioni desunte da verbali, questionari e fatture relativi ad ispezioni eseguite su altri contribuenti) che giustifichino l’applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 mentre la mancanza delle scritture deponevano per la legittima applicazione dell’art 55 D.P.R. cit., che, peraltro avrebbe permesso di desumere dalle consistenze di magazzino regolarmente inventariate dal curatore e dal volume delle vendite dichiarate ed accettate dall’Ufficio che l’imposta portata in detrazione non era completamente da disattendere. Con l’ultimo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56 nonchè omessa motivazione per non avere la C.T.R. in alcun modo motivato sulla censura avanzata in relazione alla mancanza di motivazione, prevista a pena di nullità dell’avviso di rettifica che era privo dei requisiti richiesti dall’art. 56 cit. sia per l’accertamento analitico che per quello induttivo. Occorre, in via preliminare, esaminare l’eccezione d’inammissibilità avanzata dal P.G. relativa alla mancanza di legittimazione processuale del fallito nella presente fase di giudizio. L’eccezione deve essere disattesa. È stato ripetutamente affermato da questa Corte, che la perdita della capacità processuale del fallito conseguente alla dichiarazione di fallimento relativamente ai rapporti di pertinenza fallimentare, essendo posta a tutela della massa dei creditori, ha carattere relativo e può essere eccepita dal solo curatore, con la conseguenza che ove il curatore rimanga inerte ed il fallito agisca per conto proprio, la controparte non è legittimata a proporre l’eccezione nè il giudice può rilevare d’ufficio il difetto di capacità (Cass. S.U. 21 luglio 1998, n. 7132). Il difetto di legittimazione processuale del fallito assume, infatti, carattere assoluto ed è, pertanto, opponibile da chiunque oltre che rilevabile anche d’ufficio solo nel caso in cui la curatela abbia dimostrato il suo interesse per il rapporto dedotto in lite (cfr., cass. civ. sentt. nn. 6085 e 20370 del 2001 e 5202 del 2003). Nella specie la curatela, pur avendo, nei pregressi gradi di merito, dimostrato il suo interesse a contrastare quanto preteso dall’Agenzia delle entrate, non ha ritenuto di impugnare la decisione della C.T.R. innanzi a questa Corte; tuttavia in questo caso il fallito non si è costituito in proprio ma quale rappresentante della società per cui, sussistendo una continuità di presenza del soggetto interessato alla controversia, rimane legittima la costituzione della società, sia pure nella persona del fallito, in questo giudizio di legittimità. Il ricorso, tuttavia, deve essere respinto in quanto infondato. Tutti i motivi possono essere esaminati congiuntamente stante la loro intima connessione logico giuridica. Questa Corte ha già affermato (cfr., ex multis, cass. civ. sentt. nn. 13605 del 2003, 21233 del 2006 e, recentemente, 1650 del 2010) nella disciplina dell’IVA, di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, che la deducibilità dell’imposta pagata dal contribuente (in sede di rivalsa) per l’acquisizione di beni o servizi inerenti all’esercizio dell’impresa (art. 19) postula che il contribuente stesso sia in possesso delle relative fatture, le annoti in apposito registro (art. 25), ed, inoltre, conservi le une e l’altro (art. 39); l’ufficio, in presenza di una denuncia annuale che faccia valere le suddette poste a credito, è legittimato ed è tenuto all’accertamento in rettifica, depennando tali poste, ove non trovino rispondenza in quelle fatture ed in quel registro (art. 54, comma 2). Detta disciplina, quindi, si conforma al criterio secondo cui la dimostrazione dei fatti costitutivi di un credito deve essere offerta da chi lo faccia valere, e, sul piano probatorio, introduce limitazioni ai mezzi di prova, esigendo atti scritti, compilati e tenuti con specifiche modalità. La citata normativa, peraltro, non si occupa dell’ipotesi dell’incolpevole impossibilità di produrre gli indicati scritti (nella specie, per incendio avvenuto nei locali degli uffici prima della dichiarazione del fallimento della società). Pertanto, ove il contribuente dimostri di esser nell’impossibilità di acquisire presso i fornitori dei beni o dei servizi copia delle fatture, si deve fare riferimento alla regola generale fissata dall’art. 2724 c.c., n. 3. Secondo tale disposizione la perdita senza colpa del documento, che occorra alla parte per attestare una circostanza a lei favorevole, non integra ragione di esenzione dall’onere della prova, nè sposta il medesimo sulla controparte, ma rileva esclusivamente come situazione autorizzativa della prova per testimoni (o per presunzioni), in deroga ai limiti per essa previsti. In applicazione della suddetta norma, è da ritenersi che l’incolpevole perdita della contabilità, richiesta per la detrazione di IVA “a credito”, non introduce una presunzione di veridicità di quanto il fatto che la documentazione contabile sia andata distrutta in epoca precedente alla dichiarazione di fallimento in modo incolpevole, per come risulterebbe dalle pronunce civili e penali, come sostenuto da parte ricorrente, non è di per sè sufficiente al fine di dare prova dei fatti controversi, dovendo la richiesta relativa al preteso credito trovare conferma testimoniale o presuntiva, se non è possibile il riscontro con le fatture emesse tramite la tenuta della regolare contabilità del soggetto emittente delle stesse. Nella specie, nessuna prova è stata offerta, essendosi limitata parte ricorrente ad invocare l’illegittimità dell’accertamento subito. Nè, infine, incide sulla presente decisione la doglianza relativa al tipo di accertamento eseguito dall’A.F., essendo nella specie irrilevante, in quanto trattandosi di detrazioni finalizzate alla riscossione di un credito resta a carico del contribuente l’onere della prova, come sopra già espresso. Nè, infine può essere condivisa la censura relativa alla carenza di motivazione sostenuta con il terzo motivo in quanto la C.T.R. ha esaminato in modo compiuto le doglianze avanzate dalla curatela, motivando la propria decisione senza errori logici o giuridici.
Tutto ciò premesso, il ricorso deve essere rigettato. Non si statuisce sulle spese in quanto parte intimata non ha svolto in questa fase di legittimità alcuna attività difensiva, essendosi limitata a presentare solamente un’istanza di comunicazione di udienza, senza peraltro parteciparvi.

PQM

La corte respinge il ricorso.

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