mercoledì, 1 maggio 2024

Tribunale di Napoli, Sezione Fallimentare, 19 gennaio 2011, Presidente Dott. Lucio Di Nosse, Società di fatto tra persone fisiche e società di capitali – rapporto sociale occulto – elementi probatori – rigetto domanda di estensione.

Il Tribunale di Napoli  illustra in modo chiaro e preciso i criteri per i quali  è giuridicamente ammissibile una società di fatto tra persone fisiche e società di capitali.

Nella specie,  si sofferma nelle  motivazioni per le quali ha ritenuto che non sussistevano in concreto elementi probatori idonei a dimostrare, in fatto, l’esistenza dell’asserita società di fatto.

Sulla questione si segnala precedente  sentenza,  dichiarativa del fallimento di una società di fatto tra persone fisiche e società a responsabilità limitata  (Trib. S. Maria C.V. 8.7.2008).

IL TRIBUNALE DI NAPOLI

sezione fallimentare

riunito in camera di  consiglio in persona dei magistrati:

       dr. Lucio Di Nosse                              Presidente

       dr. Gianpiero Scoppa                         Giudice

       dr. Augusto Tatangelo                        Giudice del.

letto il ricorso depositato il 4.10.2010 da Florio Veronica, dichiarata fallita da questo tribunale con sentenza n.106/2010, la quale ha chiesto che ai sensi dell’art. 147 L.F. sia dichiarato in estensione il fallimento della società di fatto esistente  tra l’istante medesima, Masullo Mariano e le figlie di quest’ultimo, Masullo Irene e Masullo Francesca o, in via subordinata tra l’istante, Masullo Mariano e la srl. La Piccola Isola, ovvero tra la srl. Piccola Isola e Masullo Mariano;

rilevato che è stata disposta la comparizione delle parti davanti al G.D. delegato dal Collegio, innanzi al quale si sono costituiti Masullo Mariano, Masullo Francesca, Masullo Irene e la srl. La Piccola Isola, nonché il creditore ricorrente spa Via delle Perle, ed è intervenuta la curatela del fallimento di Florio Veronica;

osserva

con il ricorso introduttivo l’istante fallita Florio Veronica ha dedotto l’esistenza di una società di fatto tra i soggetti sopra indicati, deducendo una molteplicità di ipotesi alternative sulla composizione e sulla partecipazione a tale sdf; dunque già il quadro fattuale non è preciso ma generico, essendo state illustrate una pluralità di ipotesi antitetiche;

osserva preliminarmente il Collegio che fino alle recenti riforme in materia societaria e fallimentare si è dubitato in dottrina e giurisprudenza sulla possibilità di affermare l’esistenza di una società di fatto tra persone fisiche e società, in particolare di capitali; oggi tale problematica appare definitivamente risolta alla luce della novellata normativa in materia; in particolare l’art.147, 1° comma, L.F. espressamente ammette l’estensione della procedura concorsuale ai soci illimitatamente responsabili, anche quando non sono persone fisiche, mentre l’art.2361 c.c. consente la partecipazione di società di capitali a società di persone, e tale è sicuramente la società di fatto (per i precedenti sul tema v.Tribunale di S.Maria C.V. e di Bologna);

tuttavia, benché astrattamente e giuridicamente sia ipotizzabile una società di fatto tra persone giuridiche (società di capitali) e persone fisiche, nel caso di specie non emergono elementi  che dimostrino l’esistenza della prospettata sdf.

Il curatore del fallimento di Florio Veronica aveva già rappresentato con precisione al giudice delegato le circostanze indicate in ricorso, e gli organi fallimentari avevano già espresso motivate perplessità sull’effettiva configurabilità, in fatto e in diritto, della supposta società di fatto.

Il tribunale osserva che le circostanze dedotte in giudizio dalla fallita, alla luce delle risultanze processuali, non appaiono significative per dimostrare in modo inequivoco la sussistenza del rapporto societario occulto dedotto in ricorso, ai fini dell’estensione del fallimento dichiarato nei confronti della fallita,  ex art. 147, comma 2°, l. fall.

Tale norma, in verità, prevede espressamente solo la fallibilità del socio occulto di una società palese.

La giurisprudenza pressoché unanime ammette, però, la fallibilità della società occulta nonché del socio o dei soci occulti (Cass. 30/1/1995, n. 1106; Cass. 20/9/1989 n. 3931; Cass. n. 8257/2002, in Il Fall. n. 11/2002, 1260), sul presupposto che tra il caso regolato del socio occulto di società palese e quello non disciplinato del socio occulto di società occulta sussiste un’identità di ratio legis, vale a dire la responsabilità illimitata del socio di una società di persone.

Di conseguenza, non v’è motivo per distinguere, quanto al profilo fallimentare, tra il caso del socio occulto di società palese ed il caso del socio occulto di società occulta (e cioè di una società i cui soci hanno pattuito di autorizzare l’apparente imprenditore individuale ad agire per conto della società senza spenderne il nome), implicitamente derogando al principio dell’art. 1705 c.c. (“i terzi non hanno alcun rapporto con il mandante”) per effetto del prevalente principio della responsabilità personale ed illimitata dei soci delle società di persona, fissato dall’art. 2291 c.c. (cfr. Cass. n. 1106/1995).

 Le condizioni per il fallimento del socio occulto di società occulta a norma dell’art. 147, comma 2°, l. fall. sono, pertanto, esclusivamente due:

1)      il fallimento dell’imprenditore apparentemente individuale ma in realtà socio di una società di fatto (occulta), essendovene i presupposti di legge (natura commerciale dell’impresa ed insolvenza);

2)      la qualità di socio di tale società in capo al soggetto o ai soggetti apparentemente estranei.

La prova del rapporto sociale occulto può essere diretta o indiretta (indiziaria):

a) la prova diretta del rapporto sociale (art. 2247 c.c.) consiste nella dimostrazione dei seguenti elementi (Cass. 7624/1997, in Il Fall. n. 11/1998; Cass. n. 9030/1997, in Il Fall. n. 6/1998; Cass. n. 8154/1990; App. Milano 14/1/1992; Trib. Napoli 17/7/1996):

  • il conferimento di beni o servizi per la formazione di un patrimonio comune;
  • l’intenzione di vincolarsi e collaborare per conseguire risultati patrimoniali attraverso lo svolgimento in comune di un’attività economica, che viene quindi determinata da ciascun socio (c.d. affectio societatis);
  • la partecipazione agli utili ed alle perdite.

Nel caso in esame, però, emerge una diversa realtà giuridica in relazione all’impresa esercitata e che ha coinvolto le parti; invero, si è verificato che Florio Veronica, Masullo Mario e le figlie di quest’ultimo, Masullo Francesca e Irene, abbiano deciso di svolgere in comune un’attività d’impresa mediante la costituzione di una srl. denominata ‘La Piccola Isola’. Dalla scrittura privata e dagli altri atti prodotti in giudizio emerge che Florio Veronica pur volendo partecipare all’impresa sociale decise di restare apparentemente fuori dalla compagine sociale della srl, per cui la sua quota di partecipazione fu intestata in via fiduciaria a Masullo Francesca e Masullo Irene, uniche socie della srl. La piccola Isola; risulta altresì che la Florio in cambio della sua partecipazione, sebbene occulta, alla srl. conferì nella stessa le scorte giacenti in magazzino e l’avviamento commerciale della ditta ”Florio”, di cui era titolare, come risulta chiaramente dalla scrittura privata in data 8.4.2009, in atti depositata.

Da tale documento si evince che la Florio in effetti ebbe una quota pari al 40% del capitale sociale della srl.

Dunque, si deve concludere che nella specie non ricorre l’ipotesi di una società di fatto, bensì quella del conferimento di un’azienda individuale in una società di capitali.

 I due fenomeni giuridici sono profondamente diversi.

Nel caso in esame i soggetti coinvolti decisero di porre fine all’attività individuale  esercitata dalla Florio, soprattutto per motivi economici, e di costituire una nuova impresa collettiva, nelle forme di una srl., nella quale le attività della Florio come sopra indicate confluirono quali conferimenti al momento della costituzione.

Manca pertanto la contestualità tra l’attività d’impresa della ditta individuale e quella collettiva, essendo subentrata l’impresa in forma societaria a quella individuale. E’ la stessa ricorrente ad affermare che ‘la società doveva subentrare gradualmente alla ditta individuale’; dunque vi è stata una successione, sotto il profilo giuridico e cronologico, tra la ditta individuale e la società di capitali, nella quale è stata conferita l’azienda della prima, ovvero una ‘trasformazione’ (in senso lato ed atecnico) dell’impresa individuale in quella societaria.

Ancora più infondata è l’ipotesi di una società di fatto tra la Florio e le figlie del Masullo, Irene e Francesca, posto che queste ultime sono unicamente socie della srl. e non hanno mai esercitato in proprio o sotto diversa qualità giuridica un’attività d’impresa occulta o palese. Infine il fallimento di Florio Veronica, quale socia di fatto della srl. La piccola Isola, non può comportare in alcun modo anche il fallimento della predetta srl., secondo i consolidati canoni giuridici che affermano come l’insolvenza  di un socio non comporta l’insolvenza e quindi il fallimento della società.

Resta da esaminare la posizione di Masullo Mariano, per verificare se l’esercizio dell’attività individuale della Florio in effetti fosse svolta in società di fatto tra il Masullo e la Florio.

Gli elementi a sostegno di tale tesi prodotti dalla fallita ricorrente risultano inconsistenti.

Infatti la Florio ha dedotto che il Masullo, in  qualità di socio occulto,  si interessava delle attività della ditta individuale e gestiva gli ordinativi di merce, come quello in data 1.3.2009 rivolto alla ditta Kenzo; dall’esame di tale documento (doc. 8 nella produzione di parte ricorrente) emerge che effettivamente l’ordine fu effettuato dal Masullo, in qualità di “distributore”, ma per conto ed a favore della srl. La piccola Isola, cui doveva essere fatturata la merce; la circostanza emerge anche dai documenti contabili sub 21) della produzione di parte ricorrente; anche la fattura emessa dal fornitore ‘Farina Rosa’ è diretta alla srl. la Piccola Isola; gli ulteriori crediti vantati dalla srl. IFD e dalla spa Tamigi sono tutti nei confronti della  srl. La Piccola Isola, come è dimostrato dalle missive in atti, dalle fatture e dagli altri documenti; pertanto le copie degli assegni firmati dal Masullo a favore della srl. IDF non dimostrano l’assunzione o il pagamento di un debito della Florio, bensì della srl. La Piccola Isola, cui erano intestate le fatture. Non si pone nella specie nemmeno il problema del socio finanziatore, posto che dagli atti non emerge affatto (o comunque senza sufficiente chiarezza) in quali e quante occasioni il Masullo abbia eseguito, ed a che titolo, finanziamenti alla Florio. La missiva della soc. Tamigi (doc.25) in cui si afferma che sono stati presi accordi con il Masullo per conto della Florio, ha una valenza non inequivoca, non essendo precisato affatto a che titolo il Masullo abbia stipulato l’accordo, se quale rappresentante, intermediario o ad altro titolo.

Nella denuncia sporta dal Masullo alla P.S. di Napoli in data 10.8.2009 emerge che la Florio era stata assunta dalla srl. La Piccola Isola, per la conduzione dell’esercizio commerciale, percependo uno stipendio di E.1000 al mese oltre una percentuale sugli utili. La successiva dichiarazione del Masullo di “aver aperto il negozio” in alcuni giorni e dell’avvenuta effettuazione di vendite con regolari fatture si riferisce all’esercizio gestito ormai dalla srl. La Piccola Isola, e non dalla Florio, già in precedenza titolare della ditta individuale, e quindi non dimostra affatto l’esistenza di una sdf tra la Florio ed il Masullo.

Si osserva che l’interessamento ed il coinvolgimento di Masullo Mariano alle vicende ed all’attività della srl. La piccola isola sono determinati dal fatto che le socie di detta società erano le sue figlie Irene e Francesca, e quindi da un lato giustificano ampiamente la sua attività a favore degli interessi economici dei propri familiari, d’altro canto non sono affatto sintomatici di una società di fatto con la Florio o con altri.

In conclusione non vi sono elementi idonei e sufficienti a dimostrare l’esistenza di una sdf. tra la ricorrente Florio ed il Masullo, per cui l’istanza di estensione del fallimento deve essere rigettata.

Attesa la complessità e la difficoltà delle tematiche e delle questioni trattate appare più che giustificata la compensazione delle spese di lite tra tutte le parti costituite.

P.Q.M.

rigetta l’istanza di estensione del fallimento come in ricorso formulata;

compensa le spese del giudizio tra tutte le parti costituite.

Così deciso in Napoli, il 19.1.2011 

Il Presidente

dr. Lucio Di Nosse

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