PRIME CONSIDERAZIONE IN MERITO ALLA NUOVA PROPOSTA DI DISCIPLINA DEGLI ILLECITI PENALI FALLIMENTARI. di Enzo Bremini

L'oggetto di queste brevi note vuole essere un primo, sommario esame dell'art. 16 del Progetto di riforma organico delle procedure concorsuali, elaborato dalla Commissione Trevisanato, che riguarda le disposizioni penali in materia fallimentare. Per prima cosa si deve sottolineare il sostanziale approccio conservativo del testo di tale articolo, immediatamente rilevabile, non solo dalla corretta conservazione della concezione unitaria del fallimento, che si concretizza nel fatto che la pluralità dei fatti costituisce circostanza aggravante e non concorso formale di reati, e del ruolo centrale del provvedimento giudiziale, agli effetti della determinazione del luogo e del tempo della commissione del reato, ma anche: · dalla minima riduzione delle pene edittali: le pene per la bancarotta fraudolenta sono ridotte da 3 a 10 anni a da 2 ad 8 anni; · dall'aver prescelto, per individuare l'area del rischio penale, il criterio della contemporaneità della condotta con lo stato d'insolvenza o la situazione di concreto pericolo d'insolvenza, anziché introdurre il criterio del nesso di causalità tra le condotte ed il verificarsi del dissesto ed il dolo specifico; · dalla reintroduzione della piena autorità di giudicato del provvedimento definitivo di apertura della procedura concorsuale nel processo penale. La minima riduzione delle pene edittali mantiene tali pene ben lontane dalla media delle altre legislazioni europee (la pena massima prevista non supera generalmente quella di 5 anni) e degli altri paesi civili e prevede in caso di procedura una pena quasi tre volte superiore a quella prevista per analoghi reati comuni (quali l'appropriazione indebita). In tal modo viene anche conservato il lunghissimo termine della prescrizione decennale del reato (quindici anni in caso di interruzione della prescrizione), anche nel caso di riconoscimento delle attenuanti. Tutto ciò mentre non può non apparire evidente come la formazione della prova nel corso del dibattimento, quando avvenga a distanza di dieci o più anni dall'accadimento dei fatti (nei casi di bancarotta spesso assai complessi e difficili da ricostruire) diventi del tutto aleatoria. Il criterio obiettivo della sussistenza dello stato di insolvenza o del concreto pericolo dello stesso al fine di delimitare il periodo di verificazione delle condotte ai fini della configurabilità del reato, appare largamente insoddisfacente, al fine di eliminare una volta per tutte il chiaro abuso giurisprudenziale che ha voluto dichiarare verificato il reato di bancarotta anche quando le condotte fossero prive di qualsiasi nesso causale con il dissesto, compiute in ogni tempo, anche molto anteriore al verificarsi del dissesto, ed in assenza di dolo specifico. Al posto di un vago concetto di concreto pericolo dello stato di insolvenza, che lascia troppo larghi spazi all'interpretazione soggettiva ed alla creatività giurisprudenziale, assai meglio sarebbe stato introdurre chiaramente per la configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta la necessità del nesso causale delle condotte con il dissesto o l'aggravamento dello stesso e quella del dolo specifico della volontà di recar danno ai creditori, lasciando alle condotte distrattive non così caratterizzate la sanzione prevista dalle norme penali comuni. Appare inoltre del tutto chiaro che enormi saranno le difficoltà di interpretazione del concetto di concreto pericolo dello stato di insolvenza: quali potranno essere le manifestazioni pratiche di questo concreto pericolo (ovviamente nel caso che l'insolvenza non sia ancora manifestata) ? Forse l'elevatezza del debito rispetto all'attivo od al patrimonio, o fatti di ritardati pagamenti, o quali altre ancora ? Le varie e diverse interpretazioni giurisprudenziali che ne potranno derivare, probabilmente spesso in contraddizione fra di loro, non faranno altro che accrescere ancora una volta quello che è una delle più deleterie caratteristiche del nostro sistema giuridico: l'incertezza del diritto ! Non solo, la riforma vuole introdurre la controriforma: si vuole eliminare la necessità del nesso causale ora richiesta dalla nuova formulazione dell'art. 223 l.f., introdotta dal D.L. 61/2002, per la bancarotta impropria societaria derivante dai fatti di cui agli artt. 2621, 2622, 2623, 2624 e 2638 del codice civile, per inserire anche in questo caso non solo il concetto di contemporaneità allo stato di insolvenza, ma anche quello, assai più vago, del concreto pericolo dell'insolvenza, che viene in questo caso completato dall'aggettivo "persistente", del quale ancora una volta non si capisce esattamente la effettiva valenza, e destinato comunque a dar luogo ad infinite dispute dottrinali e giurisprudenziali. Tale formulazione eliminando addirittura le soglie di punibilità introdotte dalla recentissima riforma del diritto penale societario, consente quindi la possibilità di perseguire il falso in bilancio, ed al più grave titolo di bancarotta fraudolenta, quando sia seguita l'apertura della procedura di liquidazione concorsuale, anche per episodi di minima entità e privi di qualsiasi efficacia causale nei confronti del dissesto. La necessità del nesso causale viene conservata solamente nel caso di condotte di abuso dei poteri o di violazione dei doveri, diverse da quelle commesse in relazione ai sopra indicati articoli del codice civile, dei soggetti che svolgono funzioni di gestione, direzione, controllo o liquidazione, che per avere disvalore penale debbono quindi aver cagionato il dissesto. Con la reintroduzione della piena autorità di giudicato del provvedimento definitivo di apertura della procedura concorsuale nel processo penale si vuol ritornare indietro nel tempo, all'assurdo che anche quando venga successivamente dimostrata, in sede penale, l'insussistenza dello stato di insolvenza, rimanga comunque cristallizzata la rilevanza penale di condotte accadute in momenti in cui in realtà l'insolvenza non esisteva. Ciò è particolarmente grave, in quanto possono essere soggetti all'azione penale persone che non hanno nemmeno avuto la possibilità di opporsi all'apertura della procedura concorsuale, in quanto non legittimati (ad esempio l'extraneus chiamato in concorso con l'imputato del reato proprio), con conseguente gravissima violazione del loro diritto di difesa. Per quanto riguarda il curatore e gli altri organi delle procedure, non sono state invece previste norme penali specifiche, essendosi ritenute sufficienti le norme penali di diritto comune, previste per i pubblici ufficiali. Non può non apparire evidente lo squilibrio di una tale posizione, a fronte del gravissimo appesantimento delle sanzioni previste per altri soggetti per le condotte che ricadano nell'area penale fallimentare a fronte di quelle previste dalle norme penali comuni, per fatti che segnano sostanzialmente un ugual disvalore. Appare evidente come ciò altro non sia che l'espressione di una difesa corporativa degli interessi di una ben determinata categoria (e che potrà aver riflessi anche su posizioni penali esistenti - si veda il caso Federconsorzi). Viene invece correttamente eliminato il reato di ricorso abusivo al credito, considerata la presenza nell'ordinamento di figure generali di reato applicabili al fatto di specie, ed in particolare la figura generale della truffa, nonché la previsione generale dell'insolvenza fraudolenta ex art. 641 c.p.. Particolarmente pericolosa appare poi l'introduzione di una fattispecie penale prevista per il debitore insolvente non imprenditore. Le condotte di sottrazione, alienazione simulata, occultamento o comunque di disposizione dei beni in frode ai creditori, finalizzate a sottrarsi al pagamento dei debiti, assumono rilevanza penale. L'interpretazione giurisprudenziale si troverà quindi spalancata una larghissima porta per la reintroduzione nel nostro ordinamento della prigione per debiti, che dalla fine del medioevo credevano ormai cancellata. La vendita simulata, oggi spesso utilizzata per la difesa del patrimonio dall'aggressione dei creditori ed attaccabile finora solo in sede civile, potrà essere punita con la reclusione da 1 a 5 anni.

 

 













 

 

 


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