Nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza.
Relazione e decreto legislativo 8 luglio 1999, n.270


Relazione al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270
"Nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, a norma dell'articolo 1 della legge 30 luglio 1998, n. 274" (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 185 del 9 agosto 1999)

1. Premessa
1.1. Le ragioni della Riforma
1.2. Gli obiettivi e le linee-guida
2. Disposizioni generali
3. Dichiarazione dello stato di insolvenza
3.1. Procedimento
3.2. Organi
3.3. Effetti e provvedimenti immediati
3.4. Società con soci illimitatamente responsabili.
4. Amministrazione straordinaria.
4.1. Apertura della procedura
4.2. Organi
4.3. Effetti
4.4. Accertamento del passivo
4.5. Definizione ed esecuzione del programma
4.6. Ripartizione dell'attivo
4.7. Cessazione della procedura.
4.7.1. Conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento
4.7.2. Chiusura della procedura
4.7.3. Concordato
5. Gruppo di imprese.
5.1. Estensione dell'amministrazione straordinaria alle imprese del Gruppo
5.2. Responsabilità ed azioni revocatorie
6. Disposizioni comuni di procedura
7. Disposizioni penali
8. Disposizioni di coordinamento, transitorie e finali

1. Premessa.
1.1. Le ragioni della riforma

Dando attuazione alla delega legislativa conferita al Governo dall'articolo 1 della legge 30 luglio 1998, n. 274 — delega la cui originaria scadenza, fissata nel centottantesimo giorno successivo all'entrata in vigore della legge di delegazione, è stata posticipata al 30 settembre 1999 dall'articolo 52, comma 3, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 — il presente decreto legislativo ridisegna ab imis, ed in termini marcatamente innovativi, l'istituto dell'"amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi" (nel frangente più propriamente ridefinito, in assonanza alla legge di delegazione, come "amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza"), con effetto pressoché integralmente caducatorio del decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile 1979, n. 95, mercé il quale l'istituto stesso era stato introdotto nel nostro ordinamento.
La premessa strategica che alita alla radice dell'intervento — e che corrisponde ad un convincimento ormai largamente penetrato, dopo le iniziali resistenze, fra gli studiosi e gli operatori pratici — è quella in virtù della quale il moderno sistema delle procedure concorsuali non può prescindere dalla presenza, a fianco dei tradizionali modelli proposti dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 ("legge fallimentare") — fallimento, concordato preventivo, amministrazione controllata e liquidazione coatta amministrativa — di una procedura che, sganciandosi dalla ferrea logica "darwiniana" dell'eliminazione dal mercato dei "soggetti deboli" (cui erano sostanzialmente ispirate le soluzioni del legislatore del 1942), tenda a salvaguardare, di fronte a dissesti particolarmente allarmanti sul piano delle ricadute socio-economiche, il "bene-impresa" quale entità oggettiva distinta dall'imprenditore, nella sua duplice valenza di fonte unitaria di produzione e di fattore di mantenimento dell'occupazione.
Se, in tale ottica, l'amministrazione straordinaria — in quanto funzionale al conseguimento dell'indicato obiettivo — meritava un posto stabile nel sistema, a superamento della previsione di "transitorietà indefinita" di cui all'articolo 6-ter del decreto-legge n. 26 del 1979 (in forza del quale le disposizioni del decreto stesso erano destinate a trovare applicazione "sino all'entrata in vigore di una nuova legge di riforma del regime delle società"), appariva pur tuttavia necessaria ed improcrastinabile una profonda revisione della regolamentazione della procedura, intesa ad innalzare tanto il suo tasso di funzionalità che il livello di tutela dei soggetti coinvolti. La validità dell'intuizione sottesa al decreto-legge n. 26 del 1979 non trovava, difatti, adeguato riscontro nella disciplina positiva in esso racchiusa, che, già ob origine non esente da tensioni interne, è stata resa vieppiù frammentaria e disarmonica dal susseguirsi di modifiche ed integrazioni normative suggerite da esigenze contingenti e di corto respiro, come tali mal coordinate tra loro e con lo spirito dell'istituto.
L'incongruenza più grave consisteva, senza dubbio, nel rigido automatismo che caratterizzava l'accesso alla procedura: alla stregua della normativa in discorso, difatti, il possesso di determinati requisiti "dimensionali" (in punto di livello occupazionale e di esposizione debitoria "qualificata") spalancava di per sé solo all'impresa insolvente (e a quelle del medesimo gruppo) la via dell'amministrazione straordinaria, sottraendole indeclinabilmente al fallimento (articoli 1, 1-bis e 3 del decreto-legge n. 26 del 1979). A fronte di siffatta meccanica, peraltro, potevano essere (e, in fatto, sono state) assoggettate alla procedura anche imprese rispetto alle quali esulava, sin dall'inizio, ogni ragionevole prospettiva di "salvataggio": con la conseguenza che, se pure, nel ventennio di applicazione, i risultati conseguiti dall'amministrazione straordinaria sono stati in media apprezzabili, tanto in termini di conservazione dell'unità operativa dei complessi aziendali e dei posti di lavoro, quanto in termini di soddisfacimento dei creditori, in più d'un caso, però, la ricordata dinamica d'accesso si è rivelata penalizzante per questi ultimi, in ragione dell'accumulo di nuove passività prededucibili correlate ai negativi esiti della prosecuzione dell'esercizio dell'impresa.
La procedura ha formato altresì oggetto, a più riprese, di censura da parte degli organi comunitari — dapprima della Commissione europea e, di recente, anche della Corte di giustizia delle Comunità europee (sentenza 1° ottobre 1998, Ecostrade s.r.l. c. Altiforni e Ferriere di Servola S.p.A.; sentenza 17 giugno 1999, Industrie Aeronautiche e Meccaniche Rinaldo Piaggio S.p.A. c. International Factors Italia S.p.A. e altri) — i quali hanno ritenuto la sua concreta configurazione di problematica compatibilità con le disposizioni e gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato. Per tal rispetto, l'indice è stato puntato — oltre che sulle disposizioni specifiche che prevedevano forme dirette di sostegno pubblico (quale, segnatamente, la garanzia del Tesoro dello Stato di cui all'articolo 2-bis del decreto-legge n. 26 del 1979: infra, § 4.5) o considerate comunque idonee a realizzare trattamenti "di favore" per le imprese in amministrazione straordinaria sul piano fiscale e dell'assolvimento degli obblighi contributivi (articolo 5-bis del decreto-legge n. 26 del 1979; articolo 4, comma 2, del decreto-legge 21 luglio 1981, n. 414, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 ottobre 1981, n. 544; articolo 3, comma 2, del decreto-legge 9 dicembre 1986, n. 835, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1987, n. 19) — anche sul complessivo assetto dell'istituto, il quale, non contemplando forme incisive di controllo da parte del giudice, avrebbe lasciato, in assunto, spazi eccessivamente ampi alla discrezionalità dell'autorità amministrativa di vigilanza, anche in rapporto alle "decisioni-chiave" (prima fra tutte, quella relativa alla continuazione dell'esercizio dell'impresa, ex articolo 2, primo comma, del decreto-legge n. 26 del 1979): donde l'ipotizzata attitudine dell'istituto stesso a produrre effetti distorsivi del libero giuoco della concorrenza, consentendo l'artificiosa permanenza sul mercato di imprese altrimenti destinate ad esserne bandite.
Di qui l'apertura, ad opera della Commissione, di una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia a norma dell'articolo 93, paragrafo 2, del trattato CE (nuovo articolo 88 sulla base delle tabelle di corrispondenza allegate al trattato di Amsterdam): iniziativa, questa, che ha fornito, in fatto, il decisivo pungolo alla presente riforma e che ne rende urgente il varo.

1.2. Gli obiettivi e le linee-guida

Nel panorama testé tratteggiato, il presente decreto legislativo attua, conformemente alle direttive della legge delega, due fondamentali correzioni di rotta.
In primo luogo, introduce il principio della selezione "qualitativa" delle imprese "meritevoli" di amministrazione straordinaria: nel nuovo sistema, cioè, il superamento delle soglie "dimensionali", che fungono da indici della "rilevanza sociale" del dissesto, costituisce condizione necessaria, bensì, ma non più sufficiente per accedere alla procedura, occorrendo, a tal fine, che l'impresa presenti anche "concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali" (id est, potenzialità effettive di ripristino di un rapporto non deficitario tra costi e ricavi). Non solo: ma tale risultato deve potersi realizzare in due modi predefiniti, anche sul piano temporale, cui corrispondono altrettanti "indirizzi" alternativi della procedura; vale a dire, o attraverso la cessione a terzi dei complessi aziendali, sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un anno che garantisca, per quanto possibile, il mantenimento dei livelli occupazionali e l'unità operativa dei complessi da trasferire; ovvero mediante la ristrutturazione economico-finanziaria dell'impresa, sulla base di un programma di durata non superiore a due anni volto al suo risanamento. Tale dicotomia corrisponde, sotto il profilo sostanziale, alle due diverse "gradazioni" con le quali le potenzialità di recupero sono suscettive di manifestarsi. Nel primo caso, è possibile ripristinare de futuro l'equilibrio tra costi e ricavi, senza tuttavia che ciò consenta anche di sanare per integrum le passività precedentemente accumulate: la conservazione del patrimonio produttivo si attua, perciò, tramite un mutamento della titolarità dell'impresa, della quale viene evitata, nelle more, la dissoluzione. Nel secondo caso, invece, l'amministrazione straordinaria prelude al recupero, da parte dell'impresa, della capacità di soddisfare regolarmente anche le obbligazioni pregresse e, dunque, al suo ritorno in bonis.
È implicito che, in simile prospettiva, l'amministrazione straordinaria cessa di rappresentare, per le imprese di "fascia alta", una procedura che esclude l'alternativa fallimentare: l'impresa che ricade nel campo di operatività della nuova disciplina potrà essere difatti ammessa all'amministrazione straordinaria o dichiarata fallita a seconda delle connotazioni del suo dissesto.
L'altra direttrice-cardine della riforma consiste nel contemperamento dei poteri discrezionali dell'autorità amministrativa con il riconoscimento di un più significativo ruolo dell'autorità giudiziaria, cui vengono riservate le decisioni fondamentali in tema di accesso, utile proseguibilità e cessazione dell'amministrazione straordinaria. A tale fine — conformemente alla statuizione dell'articolo 1, comma 2, lettera d), della legge delega — la procedura viene strutturata in due fasi distinte. La prima fase prende l'avvio dall'accertamento dello stato di insolvenza e ha come obiettivo la verifica dell'esistenza delle prospettive di riequilibrio cui è condizionata l'ammissione all'amministrazione straordinaria. Essa è governata dall'autorità giudiziaria: è il tribunale, infatti, che — dopo aver dichiarato lo stato di insolvenza dell'impresa avente i prescritti requisiti dimensionali — dispone altresì con decreto, sentito il Ministro dell'industria, l'apertura dell'amministrazione straordinaria ovvero il fallimento dell'impresa insolvente, a seconda che ricorra o meno il presupposto della "recuperabilità".
La seconda fase — quella che segue al decreto di apertura dell'amministrazione straordinaria — continua per converso a svolgersi sotto la vigilanza del Ministero dell'industria, il quale in particolare provvede, oltre che alla nomina dei relativi organi (gestorio e consultivo: commissario straordinario e comitato di sorveglianza), anche all'approvazione del programma di cessione dei complessi aziendali o di ristrutturazione, che segnerà le linee operative concrete della procedura. Nondimeno, anche in tale seconda fase viene prefigurata una incisiva "presenza" dell'autorità giudiziaria. Parallelamente, infatti, ai poteri decisori in tema di ammissione alla procedura, al tribunale è attribuito anche il compito di accertare se la medesima abbia raggiunto o possa raggiungere i propri obiettivi, e di disporre, in caso negativo, la conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento. Siffatta evenienza potrà verificarsi non soltanto alla scadenza temporale del programma, allorché si traccia il relativo bilancio, ma anche ante diem — quante volte, cioè, già prima di detta scadenza, i risultati inizialmente pronosticati si palesassero irrealizzabili.
Siffatta impostazione — cui si coniuga la soppressione delle norme censurate dagli organi comunitari (salvo quanto si dirà a proposito dell'articolo 2-bis del decreto-legge n. 26 del 1979) e la previsione dello specifico obbligo di uniformare il programma, quante volte esso preveda il ricorso ad agevolazioni pubbliche non autorizzate dalla Commissione europea, alle disposizioni e agli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà (v. amplius infra, § 4.5) — consente altresì di assicurare, anche sul piano formale, la compatibilità dell'istituto con la normativa comunitaria a salvaguardia della concorrenza.
Si è ritenuto, peraltro, cogliendo lo spirito della legge delega, di poter adeguatamente valorizzare lo spazio lasciato aperto alla discrezionalità del legislatore delegato nella concreta regolamentazione della procedura (l'articolo 1, comma 2, lettera o, della legge n. 274 del 1998, nel prevedere che la disciplina dell'amministrazione straordinaria debba avere come termine di riferimento quella della liquidazione coatta amministrativa, accorda infatti al Governo la potestà di apportare le modifiche e le integrazioni occorrenti onde allinearla agli altri principi di delega) al fine di sviluppare ulteriormente il nuovo approccio, prefigurando una sorta di "sistema binario": un sistema, cioè, che, conformemente alle rispettive "vocazioni" istituzionali, vede demandate all'autorità amministrativa (ed agli organi da essa designati) le scelte propriamente "gestionali", riservando invece all'autorità giudiziaria le operazioni che si risolvono, in via diretta, in una forma di tutela dei diritti.
Discostandosi sul punto dalla disciplina della liquidazione coatta amministrativa — rivelatasi sovente disfunzionale e penalizzante per gli interessati — si è in particolare stabilito che, nell'ambito dell'amministrazione straordinaria, la verifica dello stato passivo (che implica l'accertamento dei diritti di credito) e la ripartizione dell'attivo (che implica la determinazione del quantum del loro concreto soddisfacimento, nel rispetto della par condicio creditorum) si svolgano con le stesse modalità (e, dunque, con la stessa pienezza di garanzie) proprie della procedura fallimentare; e si è affermata, inoltre, la giurisdizione del giudice ordinario in tema di impugnazione degli atti e dei provvedimenti relativi alla liquidazione del patrimonio dell'impresa insolvente che risultino lesivi di posizioni giuridiche protette dall'ordinamento nella forma piena del diritto soggettivo.
Da ultimo, e sul piano squisitamente tecnico, si è profuso ogni sforzo nel tentativo di dirimere normativamente i molteplici dubbi interpretativi originati dalla disciplina pregressa, in conseguenza di formulazioni poco puntuali o lacunose. Si è cercato, in pari tempo, di fare un uso quanto più possibile "ragionato" della tecnica del rinvio alle disposizioni della legge fallimentare (tecnica peraltro irrinunciabile, sia per ragioni di coerenza sistematica che di contenimento del testo normativo in dimensioni accettabili), evitando segnatamente di ricorrervi quante volte le disposizioni da richiamare presentassero un elevato grado di obsolescenza, a seguito del mutato quadro socio-economico o per effetto di interventi della Corte costituzionale.
A quest'ultima opzione è stato di conforto anche il convincimento che la riforma attuata con il presente decreto legislativo — determinando ineluttabilmente la creazione di uno "scalino normativo" tra l'amministrazione straordinaria e le altre procedure concorsuali — possa preludere all'avvio di un più ampio processo di revisione dell'intero sistema delle procedure stesse, nel segno della "modernizzazione" e della reductio ad unitatem.

2. Disposizioni generali

Scendendo, con ciò, ad una più analitica disamina dell'articolato, esso si apre con il titolo dedicato alle disposizioni generali. Si tratta di due soli articoli finalizzati a scolpire, in limine, natura, obiettivi e campo d'operatività della procedura, fungendo, così, da chiave di lettura dell'intero corpus normativo.
L'articolo 1 esordisce puntualizzando, in accordo con la direttiva di cui all'articolo 1, comma 2, lettera a), della legge delega, la natura e la finalità dell'amministrazione straordinaria. Fugando le perplessità e i dubbi indotti dalla ibrida regolamentazione anteriore, si statuisce — quanto alla natura — che l'istituto si configura come procedura concorsuale della grande impresa commerciale insolvente, e — quanto alle finalità — che esso mira a conservarne il patrimonio produttivo, mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione delle attività imprenditoriali.
Per quel che riguarda il primo profilo, è appena il caso di segnalare che il riferimento all'"impresa commerciale" abbraccia — così come nella legge fallimentare — l'intero ventaglio delle attività elencate nell'articolo 2195 del codice civile; laddove invece la formula "grande impresa" assume un valore prettamente convenzionale, trovando concreta specificazione nei requisiti elencati nell'articolo 2 del decreto, di cui subito appresso. Quanto al fine conservativo, esso — come già accennato e come meglio si vedrà in prosieguo — ha come termine di riferimento necessario l'impresa, e non l'imprenditore, potendo attuarsi anche attraverso soluzioni che implichino un "passaggio di mano" nella titolarità dell'impresa stessa.
L'articolo 2 individua le imprese soggette all'amministrazione straordinaria. La formula al riguardo usata — "possono essere ammesse" (e non "sono ammesse") "all'amministrazione straordinaria, alle condizioni e nelle forme previste dal presente decreto" — mira a rendere immediatamente palese come, nel nuovo sistema, il possesso degli elencati requisiti non garantisca, di per sé solo, alle imprese insolventi l'accesso alla procedura.
Ciò posto, deve trattarsi, anzitutto, "di imprese, anche individuali, soggette alle disposizioni sul fallimento". L'esplicito riferimento alla natura "anche individuale" dell'impresa — che potrebbe considerarsi in sé superfluo — è giustificato, per un verso, dalla esigenza di bandire le pregresse incertezze interpretative circa l'assoggettabilità ad amministrazione straordinaria delle imprese in questione; e, per l'altro, dall'intento di chiarire, a contrario sensu, che i termini "impresa" e "imprenditore", ove utilizzati nel decreto legislativo senz'altra specificazione, debbono intendersi comprensivi anche dell'impresa e dell'imprenditore costituiti in forma societaria (amplius, metaindividuale).
La condizione che si tratti di imprese "soggette alle disposizioni sul fallimento" vale a sua volta ad escludere dalla sfera di applicazione dell'istituto — oltre, ovviamente, alle imprese sottratte tout court alle procedure concorsuali — anche le imprese soggette, in caso di dissesto, a liquidazione coatta amministrativa con esclusione del fallimento. Una diversa soluzione, difatti, avrebbe rischiato di creare inopportune sovrapposizioni dell'amministrazione straordinaria con ordinamenti settoriali, che contemplano forme particolari e diversamente calibrate di risoluzione delle crisi in vista della tutela di particolari interessi (si pensi, per tutti, all'ordinamento bancario).
Al di là di ciò, si richiede, poi, come dato qualificante, il superamento congiunto di due "soglie", che assolvono alla funzione di indici rivelatori della "rilevanza sociale" del dissesto: l'una occupazionale, l'altra patrimoniale. L'impresa deve, cioè, da un lato, impiegare lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, in numero non inferiore a duecento da almeno un anno; dall'altro, trovarsi gravata da debiti per un ammontare complessivo non inferiore ai due terzi tanto del totale dell'attivo dello stato patrimoniale (formula, questa, che traduce in termini maggiormente tecnici il riferimento all'"attivo lordo" contenuto nella legge delega) che dei ricavi provenienti dalle vendite e dalle prestazioni dell'ultimo esercizio.
Da più parti si è paventata, in verità, la insufficiente selettività di siffatti requisiti, i quali — "tradendo" la stessa enunciazione d'esordio che vuole l'amministrazione straordinaria tuttora riservata alla "grande impresa" — preluderebbero ad una inflazione della platea delle imprese legittimate ad accedere alla procedura (includendovi anche una significativa tranche della media impresa): inflazione che se, per un verso, rischierebbe di pregiudicare l'efficienza dell'attività di vigilanza, mettendo a dura prova le capacità di risposta delle strutture ministeriali a ciò preposte; per l'altro relegherebbe l'autorità giudiziaria al ruolo di gestore delle insolvenze di minor conto.
È ben vero, in effetti, che i requisiti in questione risultano, di per sé, assai meno stringenti di quelli contemplati dalla vecchia disciplina. Mentre, infatti, la soglia occupazionale — peraltro riferita ai "lavoratori subordinati", anziché all'atecnica (e perciò equivoca) figura degli "addetti" (di cui era menzione nell'articolo 1, primo comma, del decreto-legge n. 26 del 1979) — registra una significativa flessione (da trecento a duecento); il limite concernente l'indebitamento cessa di avere come parametro una cifra assoluta, soggetta a periodico aggiornamento — e per giunta riferita ai soli debiti verso particolari categorie di soggetti (banche, istituti di previdenza ed assistenza, ecc.: cosiddetta esposizione debitoria qualificata) — esprimendosi, per converso, in un rapporto proporzionale (due terzi) fra il complesso dei debiti (scaduti e a scadere) da cui l'impresa è gravata e determinate voci dello stato patrimoniale e del conto economico (si tratta, in pratica, delle stesse voci cui fanno riferimento i numeri 1 e 2 del primo comma dell'articolo 2435-bis del codice civile ai fini della facoltà di redazione del bilancio in forma abbreviata).
Al riguardo, è tuttavia assorbente, in confronto ad ogni considerazione di merito, l'esigenza del rispetto dei criteri dettati dalla legge delega, la quale reca, sul punto, statuizioni specifiche (articolo 1, comma 2, lettera b) che non potevano non essere recepite nel decreto delegato. Va segnalato, in particolare, che l'indicazione della legge delega afferente al requisito occupazionale (attesa la quale l'individuazione delle imprese soggette alla procedura deve avere "come parametro un numero di dipendenti non inferiore a duecento da almeno un anno") non potrebbe esser letta come atta a legittimare la fissazione, da parte del legislatore delegato, di un qualsiasi numero minimo di dipendenti, purché non inferiore a duecento: i lavori parlamentari smentiscono, infatti, tale interpretazione, rendendo palese come le Camere, mediante l'indicazione ora riprodotta, abbiano inteso stabilire imperativamente la soglia occupazionale minima, e non già semplicemente fissare il limite inferiore alla discrezionalità del Governo nello stabilirla.
Non è peraltro superfluo soggiungere e sottolineare che il sensibile abbassamento delle soglie dimensionali di ammissione trova "compensazione" nella circostanza che, come già rimarcato, nel nuovo sistema la selezione delle imprese da assoggettare concretamente ad amministrazione straordinaria non è più basata sui soli requisiti in questione, ma anche sulla concorrente condizione della risanabilità (lato sensu); e che, d'altro canto, la procedura cessa di essere una "via senza ritorno", potendo trasformarsi, nel caso di insuccesso, in una semplice "parentesi", più o meno breve, che prelude comunque all'avvio dell'ordinario corso fallimentare. Considerazioni, queste, che valgono a smussare significativamente le preoccupazioni innanzi evidenziate.
Su un piano puramente esegetico, va segnalato come i debiti rilevanti, ai fini del superamento del limite dell'indebitamento proporzionale, siano quelli dell'"impresa", e non genericamente dell'"imprenditore": il che implica, in concreto, che quando si sia al cospetto di una impresa individuale, non entreranno in linea di conto le passività extraaziendali del suo titolare. L'espressione adottata ("tanto … che …") non lascia d'altro canto margine a ragionevoli dubbi su ciò, che il superamento del rapporto dei due terzi debba aversi, contemporaneamente e distintamente, rispetto ad ambedue i parametri di riferimento (totale dell'attivo dello stato patrimoniale e ricavi provenienti dalle vendite e dalle prestazioni dell'ultimo esercizio).
Si è evitato, in ogni caso, di richiedere (come invece accadeva nella vecchia normativa) che gli indicati elementi, o alcuno di essi, risultino dal bilancio (che potrebbe non essere stato redatto) o, peggio, dal "bilancio approvato" (che non esiste, istituzionalmente, per l'imprenditore individuale).

3. Dichiarazione dello stato di insolvenza
3.1. Procedimento

Il titolo II del decreto è dedicato alla disciplina della prima delle due fasi nelle quali la procedura si articola: quella, cioè, che sulla base del preliminare accertamento dello stato di insolvenza, prelude alla scelta del "metodo" più acconcio — amministrazione straordinaria o fallimento — onde far fronte all'insolvenza stessa.
Nell'ambito del capo I, attinente alla regolamentazione dei profili procedimentali della dichiarazione dell'insolvenza, l'articolo 3 stabilisce, al comma 1, che ove un'impresa avente i prescritti requisiti dimensionali versi in tale stato, il tribunale del luogo in cui essa ha la sede principale debba dichiararlo con sentenza in camera di consiglio. L'iniziativa del procedimento è strutturata in termini affatto omologhi a quella della dichiarazione di fallimento (articolo 6 della legge fallimentare): il tribunale provvede, cioè, su ricorso dell'imprenditore, di uno o più creditori, del pubblico ministero, ovvero d'ufficio. Merita di essere sottolineata, per altro verso, la circostanza che non vengano più previsti equipollenti all'accertamento dell'insolvenza, quale premessa per l'accesso all'amministrazione straordinaria: cade, in particolare, la previsione, contenuta nell'articolo 1, quinto comma, del decreto-legge n. 26 del 1979 — invero assai equivoca e di dubbia razionalità (potendosi dubitare se si fosse al cospetto di un presupposto autonomo ovvero di una presunzione iuris et de iure di decozione) — relativa all'omesso pagamento di almeno tre mensilità di retribuzione.
Di particolare rilievo è la statuizione del comma 2 dello stesso articolo 3, in forza della quale il tribunale provvede nello stesso modo — dichiara, cioè, con sentenza l'insolvenza — anche quando, in base alle disposizioni della legge fallimentare, si dovrebbe far luogo alla dichiarazione di fallimento di un'impresa ammessa alla procedura di concordato preventivo o di amministrazione controllata: statuizione la cui premessa logico-giuridica è, evidentemente, che l'assoggettabilità (potenziale) ad amministrazione straordinaria non precluda all'impresa l'accesso alle procedure concorsuali minori.
Il problema dei rapporti tra amministrazione straordinaria e procedure concorsuali minori — assai dibattuto nella cornice del decreto-legge n. 26 del 1979 e sul quale, peraltro, la legge delega non prende posizione — ha formato per vero oggetto di approfondita riflessione. Si sarebbe potuta in effetti ipotizzare l'affermazione della "prevalenza" delle finalità conservative proprie dell'amministrazione straordinaria rispetto al ricorso a forme di composizione "privata" del dissesto, suscettive, segnatamente in caso di insuccesso, di pregiudicarne i prioritari obiettivi.
Tale soluzione è stata tuttavia scartata sulla scorta di un complesso di considerazioni. Anzitutto, si è tenuto conto del fatto che mentre le procedure concorsuali minori producono, ex parte debitoris, effetti di "spossessamento attenuato" nella prospettiva di un successivo ritorno in bonis; l'amministrazione straordinaria implica, di contro, la perdita della capacità patrimoniale e processuale del debitore, mentre il suo ritorno in bonis — anche in un fisiologico svolgimento degli eventi — si presenta come puramente eventuale, risultando legato a fil doppio alla scelta circa l'indirizzo da imprimere alla procedura (scilicet, all'adozione di un programma di ristrutturazione, anziché di cessione dei complessi aziendali). Per tal rispetto, la negazione dell'accesso alle procedure concorsuali minori, pure laddove ne esistano le condizioni, rischierebbe di tradursi in una disparità di trattamento in peius per le imprese di maggiori dimensioni, non sorretta in buona parte dei casi da adeguata giustificazione.
L'assunto appare di immediata intellegibilità per quanto attiene all'amministrazione controllata, che ha finalità conservative e risanatorie similari (e addirittura coincidenti, nell'ipotesi di adozione dell'indirizzo della ristrutturazione) a quelle dell'amministrazione straordinaria, peraltro attuabili senza interventi esterni: onde non vi sarebbe ragione per privilegiare l'iniziativa pubblica a scapito di quella privata, che implica, in via di principio, minori costi per la collettività. Né, d'altro canto, guardando il fenomeno da angolazione inversa, sarebbe giustificato sancire un divieto di accesso all'amministrazione straordinaria per le imprese che abbiano preventivamente imboccato, con esito negativo, la via dell'amministrazione controllata: divieto che dovrebbe servire, in tesi, ad evitare duplicazioni di interventi dallo stesso "taglio" e conseguenti dilatazioni dei tempi per approdare alla declaratoria fallimentare. Occorre considerare, infatti, da un lato, che la cessazione traumatica dell'amministrazione controllata può aversi anche per ragioni che non incidono sul giudizio prognostico di risanabilità dell'impresa (ad esempio, a seguito del compimento da parte del debitore di atti di frode, a mente del combinato disposto degli articoli 188, terzo comma, e 173 della legge fallimentare); dall'altro, che l'insuccesso del tentativo di risanamento nell'ambito dell'amministrazione controllata non implica indeclinabilmente una valutazione negativa circa i possibili esiti dell'esperimento di conservazione del patrimonio produttivo nella cornice dell'amministrazione straordinaria, la quale dispone, all'uopo, di strumenti diversi e più ampi, tra cui, in primis, il ricorso al programma alternativo di cessione a terzi dei complessi aziendali (tutto ciò fermo restando che a fronte di un precedente insuccesso dell'amministrazione controllata, la valutazione del tribunale prodromica all'ammissione dell'impresa all'amministrazione straordinaria dovrà essere di necessità improntata a maggiore cautela).
Discorso non dissimile può farsi, peraltro, anche per quanto attiene al concordato preventivo con garanzia, cui parimenti non è estranea, nella configurazione istituzionale, la finalità di conservazione e risanamento dell'impresa: finalità che parimenti si attua tramite un mezzo "privatistico" — id est, la soddisfazione in percentuale dei crediti, a seguito di accordo sui generis tra debitore e creditori — suscettivo di risultare, in linea di massima, esso pure meno "costoso" per la collettività rispetto all'alternativa "pubblicistica" offerta dell'amministrazione straordinaria.
Perplessità maggiori può destare, di contro, la previsione della possibilità di accedere al concordato preventivo con cessione dei beni, trattandosi di procedura di taglio liquidatorio, suscettiva di condurre alla dissoluzione dell'impresa. Per questo verso, è apparsa tuttavia decisiva, a sostegno della soluzione accolta, la difficoltà di prefigurare un razionale innesto dell'ipotetica preclusione di tale forma di concordato nella nuova strutturazione della procedura, tenuto conto della circostanza che il requisito dimensionale non è garanzia di accesso all'amministrazione straordinaria, e che, d'altro canto — nel caso in cui la valutazione circa la "recuperabilità" dell'impresa si palesi ex post ottimistica — tale procedura può convertirsi, anche a breve distanza di tempo, in fallimento. In simili frangenti, l'aver precluso all'imprenditore l'accesso al concordato preventivo con cessione dei beni potrebbe tradursi in una illogica penalizzazione; mentre il correttivo rappresentato dall'inserimento della facoltà di proposizione della relativa domanda nelle fasi "nevralgiche" della procedura porrebbe problemi di compatibilità con le scansioni temporali e le enunciazioni precettive dettate dalla legge delega.
Conclusivamente sul punto, si è quindi ritenuto che il complessivo riassetto dei rapporti tra l'amministrazione straordinaria e le altre procedure concorsuali debba essere effettuato nel contesto di una rivisitazione a più ampio raggio del relativo sistema, la quale investa, in modo particolare, la strutturazione della fase preliminare di accesso alle procedure stesse: rivisitazione alla quale, peraltro — come accennato — la presente riforma potrebbe risultare prodromica.
L'articolo 4 detta una disposizione specifica relativa alla dichiarazione dello stato di insolvenza di una impresa individuale, chiarendo che la stessa resta soggetta alle regole stabilite dagli articoli 10 e 11 della legge fallimentare, in particolare per quanto attiene ai termini entro i quali la dichiarazione può intervenire nei casi di cessazione dell'esercizio dell'impresa o di morte dell'imprenditore. Vengono altresì richiamate le disposizioni dell'articolo 12 della legge fallimentare in ordine alla prosecuzione della procedura allorché la morte dell'imprenditore sopravvenga alla dichiarazione dell'insolvenza. Anche nel frangente, l'obiettivo è di dirimere i dubbi ermeneutici alimentati su tali punti dalla normativa pregressa.
Gli articoli 5 e 6 recano previsioni particolari afferenti al contenuto dei ricorsi per dichiarazione dello stato di insolvenza presentati, rispettivamente, dallo stesso imprenditore (individuale o collettivo) e dai creditori. Nel primo caso — sul presupposto che l'ammissione all'amministrazione straordinaria risponderà normalmente anche all'interesse dell'imprenditore, quale alternativa maggiormente appetibile rispetto al fallimento — si prevedono oneri informativi e di ostensione documentale ampliati rispetto a quelli stabiliti dall'articolo 14 della legge fallimentare a carico dell'imprenditore che chiede il proprio fallimento: e ciò nell'intento di agevolare l'opera di verifica del tribunale. L'istante ha infatti l'onere di indicare le cause che hanno determinato il proprio stato di insolvenza e di segnalare ogni elemento utile ai fini della valutazione non solo del possesso dei requisiti dimensionali previsti dall'articolo 2, ma anche della possibilità di ripristino dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali nei termini indicati dall'articolo 27. Egli deve inoltre depositare presso la cancelleria del tribunale, in aggiunta ai documenti elencati nel citato articolo 14 della legge fallimentare (scritture contabili, ultimi due bilanci, elenco nominativo dei creditori e dei titolari di diritti reali mobiliari su cose in suo possesso), una situazione patrimoniale aggiornata a non più di trenta giorni anteriori alla data di presentazione del ricorso.
L'onere gravante sul creditore che chiede la dichiarazione dell'insolvenza ha, per converso, natura schiettamente processuale, e consiste nella elezione di domicilio nella circoscrizione del tribunale adito: elezione la cui mancanza, insufficienza o inidoneità importa che le notificazioni e le comunicazioni che debbono effettuarsi al creditore istante nel corso del procedimento saranno eseguite presso la cancelleria del tribunale.
L'articolo 7 regola il procedimento di dichiarazione dell'insolvenza. Al riguardo, si prevede che il tribunale, prima di provvedere, debba convocare l'imprenditore, il ricorrente e il Ministro dell'industria; quest'ultimo può peraltro designare un delegato per la comparizione ovvero far pervenire un parere scritto. Posto che, al lume della generale previsione dell'articolo 92 del decreto, la sentenza dichiarativa dell'insolvenza è pronunciata dal tribunale in composizione collegiale, si consente, tuttavia — dando riconoscimento normativo ad una prassi largamente diffusa nei tribunali fallimentari e che ne agevola l'operatività — di delegare l'audizione delle parti ad uno dei componenti del collegio.
Il comma 2 dello stesso articolo 7 stabilisce che tra la data della comunicazione dell'avviso di convocazione e quella dell'udienza debba intercorrere, di norma, un termine non inferiore a quindici giorni. La previsione risponde ad una duplice ratio: assicurare, cioè, all'imprenditore un congruo lasso temporale per la preparazione della difesa e permettere al Ministro dell'industria l'indicazione dei commissari giudiziali (uno o tre, secondo quanto stabilito dal tribunale) che dovranno essere nominati nel caso di dichiarazione dell'insolvenza: ciò conformemente alla statuizione dell'articolo 1, comma 2, lettera h), della legge delega, in forza della quale i commissari giudiziali sono nominati dal tribunale, su indicazione vincolante del Ministro (su tale direttiva, v. pure infra, § 4.1). Allo scopo, l'avviso di convocazione diretto al Ministro contiene lo specifico invito a designare i (potenziali) commissari entro la data fissata per l'udienza. La designazione (e la conseguente nomina) dovranno cadere su persone in possesso dei requisiti di professionalità ed onorabilità stabiliti con apposito regolamento del Ministro dell'industria, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia (articolo 39.), da emanare entro centoventi giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, salva — nelle more — l'applicabilità dei requisiti per la nomina dei curatori fallimentari (articolo 104).
L'esigenza di evitare che il ritardo, anche di pochi giorni, nella dichiarazione dello stato di insolvenza determini conseguenze negative irreparabili — precludendo la dichiarazione stessa a seguito dello spirare dei termini previsti dagli articoli 10 e 11 della legge fallimentare, ovvero la proposizione di azioni revocatorie a seguito del superamento del limite del "periodo sospetto" stabilito dagli articoli 64 e seguenti della legge fallimentare — ha reso peraltro necessario accordare al tribunale la facoltà di abbreviare, con decreto motivato, il termine dilatorio di comparizione. A fronte della multiforme varietà delle contingenze concrete, è sembrato d'altro canto non opportuno stabilire un termine minimo comunque invalicabile: sarà invero compito della giurisprudenza identificare lo spatium temporis irrinunciabile in rapporto alle singole fattispecie concrete, nel doveroso bilanciamento tra l'interesse dell'imprenditore alla difesa e quello, contrapposto, a prevenire gli effetti pregiudizievoli innanzi accennati.
L'articolo 8. definisce i contenuti precettivi della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, modificando ed integrando opportunamente l'elencazione contenuta del secondo comma dell'articolo 16 della legge fallimentare.
La sentenza reca anzitutto la nomina degli altri organi (oltre al tribunale) della prima fase della procedura: vale a dire il giudice delegato ed il commissario (o i commissari) giudiziali. A quest'ultimo proposito — sempre in ottemperanza ai dettami della legge delega — si prevede che l'obbligo di allineare la nomina all'indicazione del Ministro dell'industria venga meno qualora l'indicazione stessa non sia pervenuta nel termine prefissato; e si precisa, altresì (anche nell'ottica del contenimento degli oneri per i compensi), che la nomina di tre commissari, in luogo di uno solo, resta limitata ai casi di eccezionale rilevanza e complessità della procedura.
Al pari della sentenza dichiarativa di fallimento, quella dichiarativa dell'insolvenza impartisce poi all'imprenditore l'ordine (presidiato da sanzione penale: v. articolo 95., comma 2, in riferimento all'articolo 220 della legge fallimentare) di depositare in cancelleria le scritture contabili ed i bilanci, laddove non vi si sia già provveduto in occasione della presentazione del ricorso da parte dell'imprenditore stesso a norma dell'articolo 5. Trattandosi di imprese di rilevanti dimensioni, il termine di deposito è stato portato da ventiquattro ore a due giorni.
La sentenza detta, ancora, le disposizioni relative all'accertamento del passivo, stabilendo il termine di presentazione delle domande da parte dei creditori e dei titolari di diritti reali mobiliari e la data dell'adunanza per il loro esame davanti al giudice delegato. Il termine di presentazione delle domande risulta notevolmente più ampio di quello previsto in ambito fallimentare, dovendo essere compreso fra il novantesimo ed il centoventesimo giorno successivo alla data di affissione della sentenza (l'articolo 16, secondo comma, della legge fallimentare prevede, per converso, un termine non maggiore di trenta giorni). La ragione dell'ampliamento risiede non solo e non tanto nelle dimensioni dell'impresa e del suo passivo, ma anche e soprattutto nell'intento di far sì che — pur mettendo a frutto il tempo intermedio per l'avvio del relativo procedimento, a garanzia di maggior celerità (v., al riguardo, anche l'articolo 22, su cui infra, § 3.3) — l'esame dello stato passivo abbia luogo solo dopo lo scioglimento dell'alternativa tra l'ammissione dell'impresa insolvente all'amministrazione straordinaria o la sua dichiarazione di fallimento, e con l'intervento del relativo organo (commissario straordinario o curatore fallimentare).
Da ultimo, la sentenza stabilisce se la gestione dell'impresa, sino a quando non venga sciolta detta alternativa, debba essere lasciata all'imprenditore insolvente ovvero affidata al commissario giudiziale. La statuizione si connette alla disciplina degli effetti della dichiarazione dello stato di insolvenza, onde la sua valenza sarà lumeggiata in sede di illustrazione delle disposizioni concernenti tale tematica (infra, § 3.3).
Riguardo alla comunicazione e alla pubblicazione della sentenza, vengono richiamate le disposizioni dettate dal primo e dal secondo comma dell'articolo 17 della legge fallimentare riguardo alla sentenza dichiarativa di fallimento, con l'aggiunta dell'obbligo di comunicazione entro tre giorni al Ministro dell'industria. Il richiamo non si estende, per converso, al terzo comma dello stesso articolo 17, che prevede la pubblicazione per estratto nel foglio degli annunzi legali della provincia. L'esclusione, nella disciplina "a regime", di tale forma di pubblicità si giustifica nella cornice della preconizzata sostituzione degli attuali mezzi pubblicitari "cartacei" — obsoleti e disfunzionali — con un più moderno ed efficace sistema di pubblicità informatica: intento che trova espressione nella previsione generale relativa alla "affissione con mezzi informatici" di cui all'articolo 94, la quale, come meglio si illustrerà a suo luogo (infra, § 6), è destinata a surrogare, in tutti i casi in cui l'affissione di atti, provvedimenti o loro estratti è prevista dal presente decreto (e, dunque, anche in rapporto alla sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, per il rinvio al secondo comma dell'articolo 17 della legge fallimentare), l'apposizione materiale presso la porta esterna del tribunale, "assorbendo", altresì, l'inserzione nel foglio degli annunzi legali. Questi ultimi due adempimenti (affissione materiale e inserzione nel foglio degli annunzi legali) dovranno peraltro continuare ad essere transitoriamente effettuati, a norma dell'articolo 105, fino a quando non sarà emanato l'apposito regolamento sulla pubblicità con mezzi informatici, nonché nei casi di indisponibilità presso gli uffici giudiziari delle necessarie dotazioni (infra, § 8).
Si è ritenuta per diverso rispetto superflua, a fronte dell'attuale regime di esecutività delle sentenze (articolo 282 del codice di procedura civile), l'espressa indicazione della provvisoria esecutività della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza. Essa è peraltro presupposta dalla disposizione del comma 3 dell'articolo 9, che nega effetto sospensivo all'opposizione.
Il capo I del titolo II si chiude con le disposizioni concernenti le impugnazioni dei provvedimenti (positivi o negativi) in tema di dichiarazione dell'insolvenza.
L'articolo 9 si occupa dell'opposizione alla sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, rimodellando opportunamente — anche al lume dei noti interventi della Corte costituzionale — il meccanismo delineato dall'articolo 18 della legge fallimentare. Si prevede, in particolare, che l'opposizione possa essere proposta da qualunque interessato, davanti al medesimo tribunale che ha dichiarato l'insolvenza, nel termine di trenta giorni, decorrente, per l'imprenditore, dalla data della comunicazione e, per ogni altro interessato, dalla data dell'affissione (la regola della decorrenza del termine dalla comunicazione non è stata estesa a chi ha chiesto la dichiarazione dell'insolvenza, per l'ovvia ragione che il provvedimento è di accoglimento della sua istanza).
Quanto alle forme, l'opposizione va proposta con atto di citazione notificato al commissario giudiziale e a chi ha chiesto la dichiarazione dell'insolvenza, nonché all'imprenditore dichiarato insolvente, se l'opponente è soggetto diverso da quest'ultimo. Potrebbe peraltro verificarsi — segnatamente nel caso di ritardo nella comunicazione o nell'affissione della sentenza — che il termine per l'opposizione sia ancora in corso dopo l'ammissione dell'impresa all'amministrazione straordinaria o la sua dichiarazione di fallimento e che, dunque, l'opposizione stessa non possa più essere notificata al commissario giudiziale, ormai cessato dalle proprie funzioni: tale caso è regolato dall'articolo 34 (infra, § 4.1).
A norma dell'articolo 10, la sentenza che, a seguito dell'opposizione, revoca la dichiarazione dello stato di insolvenza, deve essere comunicata ed affissa negli stessi modi stabiliti per la sentenza revocata. Al pari che nel caso di revoca della dichiarazione di fallimento (articolo 21, primo comma, della legge fallimentare), restano salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi della procedura.
Una ipotesi particolare, apparsa meritevole di specifica disciplina, è quella in cui — fermo il riconoscimento della qualifica di imprenditore commerciale del debitore e del suo stato di insolvenza — l'opposizione venga accolta per il solo motivo dell'accertata insussistenza dei requisiti dimensionali di accesso all'amministrazione straordinaria. In tale contingenza, sarebbe per vero del tutto illogico che debba revocarsi la dichiarazione dello stato di insolvenza, per poi dichiarare fallito ex novo l'imprenditore nei modi ordinari. Se così fosse, infatti — pur a fronte della sostanziale correttezza dell'accertamento dei presupposti della declaratoria fallimentare già racchiuso nella prima sentenza — si rischierebbe di andare incontro ad una serie di conseguenze pregiudizievoli: di veder sfumare, ad esempio, la possibilità di esperire revocatorie fallimentari, o di rendere efficaci tutti gli atti di disposizione patrimoniale compiuti dal debitore dopo la dichiarazione dell'insolvenza. In considerazione di ciò — e tenuto conto altresì del fatto che, nel nuovo sistema, amministrazione straordinaria e fallimento non rappresentano più "mondi separati", ma procedure "intercomunicanti" che corrispondono a diverse strategie di risoluzione dei problemi dell'insolvenza — l'articolo 11 prevede che l'accertamento del mancato possesso dei requisiti indicati dall'articolo 2 non comporta la revoca della dichiarazione dello stato di insolvenza: quando la sentenza che accoglie l'opposizione per tal motivo sia passata in giudicato, il tribunale che ha dichiarato l'insolvenza si limiterà a disporre, con decreto, la conversione della procedura in fallimento (sempre che, s'intende, questo non sia stato già dichiarato a seguito della verifica dell'inesistenza delle prospettive di riequilibrio delle attività imprenditoriali o dell'insuccesso del tentativo di salvataggio), laddove nel concetto di conversione è implicita la regola della piena continuità degli effetti.
Il caso specularmente inverso a quello ora considerato — vale a dire quello in cui l'opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, pronunciata in base alle disposizioni della legge fallimentare, sia accolta per il solo motivo del possesso, da parte dell'impresa fallita, dei requisiti dimensionali di accesso all'amministrazione straordinaria — viene regolato, per ragioni sistematiche e di maggior chiarezza dell'enunciato normativo, nell'articolo 35, e sarà dunque oggetto di esame più oltre (infra, § 4.1).
Da ultimo, l'articolo 12 prevede che contro il provvedimento del tribunale che rigetta il ricorso per dichiarazione dello stato di insolvenza (provvedimento che assume la forma del decreto motivato) possa proporsi reclamo alla corte di appello secondo cadenze che ricalcano, mutatis mutandis, quelle prefigurate dall'articolo 22 della legge fallimentare.

3.2. Organi

Il capo II del titolo II detta disposizioni relative agli organi della prima fase della procedura: id est, tribunale che ha dichiarato l'insolvenza, giudice delegato e commissario giudiziale.
L'articolo 13 adatta alla procedura la disposizione dell'articolo 24 della legge fallimentare, stabilendo — a fini di opportuna concentrazione — che il tribunale che ha dichiarato l'insolvenza sia competente a conoscere di tutte le cause che ne derivano (s'intende, anche a seguito della susseguente apertura dell'amministrazione straordinaria), fatta eccezione per le azioni reali immobiliari, per le quali restano ferme le ordinarie regole di competenza.
L'articolo 14, in parallelo al secondo comma dell'articolo 25 della legge fallimentare, identifica nel decreto la forma dei provvedimenti del giudice delegato, prevedendo, altresì, che i medesimi siano soggetti ad impugnazione nei modi consentiti per i decreti dell'omologo organo della procedura fallimentare. Si è evitato, di vero, a tal proposito, il richiamo all'articolo 26 della legge fallimentare in tema di reclamo — disposizione bersagliata da plurime declaratorie di incostituzionalità — surrogandolo con una formula generica che permette di travasare nell'ambito dell'amministrazione straordinaria il frastagliato assetto dell'istituto, quale risultante (anche alla luce della mediazione interpretativa giurisprudenziale) in conseguenza del complesso degli interventi della Corte costituzionale.
L'articolo 15 si occupa del commissario giudiziale, riconoscendo al medesimo, nell'esercizio delle funzioni, la qualità di pubblico ufficiale e stabilendo — in linea con quanto previsto dall'articolo 198, secondo comma, della legge fallimentare riguardo ai commissari liquidatori della liquidazione coatta amministrativa — che nel caso di nomina di tre commissari gli stessi deliberano a maggioranza, mentre la rappresentanza è esercitata da almeno due di essi (il riferimento alla rappresentanza tiene conto, in particolare, dell'ipotesi dell'affidamento della gestione dell'impresa). Vengono altresì estese al commissario giudiziale le disposizioni in materia di revoca, responsabilità e liquidazione del compenso del curatore fallimentare: salve, per quanto attiene all'ammontare ed ai criteri di liquidazione del compenso, le disposizioni particolari dettate da apposito regolamento del Ministro di grazia e giustizia, di concerto con i Ministri dell'industria, del bilancio e della programmazione economica (articolo 47 del decreto).
Riguardo all'ipotesi in cui occorra procedere, per qualunque motivo (morte, revoca, dimissioni), alla sostituzione del commissario giudiziale, l'articolo 16 detta disposizioni che replicano il procedimento originario di nomina, prevedendo che il tribunale debba invitare il Ministro dell'industria ad indicare il nuovo commissario entro un termine prefissato, salvo a procedere alla designazione in via autonoma qualora l'indicazione non pervenga nel termine.
Da ultimo, facendo eco all'articolo 36 della legge fallimentare, l'articolo 17 del decreto stabilisce che contro gli atti di amministrazione del commissario giudiziale chiunque vi abbia interesse possa proporre reclamo al giudice delegato, la cui decisione sarà a sua volta impugnabile davanti al tribunale con le modalità stabilite dall'articolo 14 .

3.3. Effetti e provvedimenti immediati

Il capo III del titolo II disciplina gli effetti della dichiarazione dello stato di insolvenza ed i provvedimenti immediati ad essa conseguenti.
Giova premettere, a tal proposito, che l'articolo 1, comma 2, lettera g), della legge delega dà mandato al legislatore delegato di determinare gli anzidetti effetti "sulla base di quelli stabiliti dal capo II del titolo III" della legge fallimentare. Le disposizioni richiamate, nel regolare gli effetti dell'ammissione alla procedura di concordato preventivo, prevedono a carico del debitore uno "spossessamento attenuato" rispetto a quello che consegue alla dichiarazione di fallimento: in base ad esse il debitore conserva, cioè, l'amministrazione dei suoi beni e la gestione dell'impresa, sotto la vigilanza del commissario giudiziale e la direzione del giudice delegato, salva la necessità dell'autorizzazione del giudice al fine del compimento degli atti di maggiore importanza (articolo 167 della legge fallimentare).
La legge delega soggiunge, tuttavia, che a tale disciplina debbano essere apportati "gli adattamenti opportuni alla particolarità del procedimento", prevedendo, altresì, in ogni caso, il "potere del tribunale di affidare al commissario giudiziale la gestione dell'impresa".
Nel dettare le riprodotte direttive, il legislatore delegante ha in sostanza ritenuto che, nelle more del procedimento (dalle compresse scansioni temporali) inteso a stabilire se l'impresa insolvente debba venir ammessa all'amministrazione straordinaria o dichiarata fallita, non solo non debba farsi luogo alla interruzione "traumatica" dell'esercizio dell'impresa (che rischierebbe di pregiudicare l'eventuale procedura di salvataggio), ma che la relativa gestione possa essere interinalmente lasciata allo stesso imprenditore insolvente. È evidente, nondimeno, come la situazione si presenti, sotto tale aspetto, sensibilmente differenziata rispetto al concordato preventivo: quest'ultima procedura, infatti, diversamente dall'amministrazione straordinaria, presuppone l'iniziativa dell'imprenditore; inoltre, anche a non voler considerare i casi limite dell'imprenditore individuale defunto o della società i cui amministratori si siano resi irreperibili, resta il fatto che, a seguito della dichiarazione dello stato di insolvenza pronunciata a norma del presente decreto, l'imprenditore è comunque destinato — o nell'ambito di una procedura conservativa (l'amministrazione straordinaria) o nel contesto di una procedura liquidatoria (il fallimento) — a subire uno "spossessamento" pieno. Particolare, questo, che può rendere, in fatto, il debitore meno "motivato" e, dunque, meno "affidabile", quale gestore provvisorio dell'impresa in vista del suo "traghettamento" verso la destinazione finale, che non nel concordato preventivo (si consideri, inoltre, che nel caso di compimento di atti non autorizzati a norma dell'articolo 167 della legge fallimentare o comunque diretti a frodare le ragioni dei creditori, non vi sarebbe la possibilità di reagire con l'immediata dichiarazione di fallimento ex articolo 173 della legge fallimentare, dovendo preventivamente esaurirsi la fase di verifica delle condizioni di accesso all'amministrazione straordinaria).
In tale prospettiva, l'articolo 8, comma 1, lettera f), del decreto — come già segnalato — impone al tribunale di stabilire, sin dal momento della dichiarazione dello stato di insolvenza, se, alla luce delle contingenze concrete, la gestione dell'impresa possa essere temporaneamente lasciata all'imprenditore insolvente, o debba essere viceversa affidata al commissario giudiziale. La scelta incide anche sugli effetti della dichiarazione dell'insolvenza.
Avendo di mira la prima ipotesi (quella, cioè, della conservazione della gestione da parte del debitore), l'articolo 18 prevede, infatti, che la dichiarazione produca gli effetti tipici del concordato preventivo, vale a dire quelli delineati dagli articoli 167, 168 e 169 della legge fallimentare. L'immediato avvio del procedimento di accertamento del passivo ha reso peraltro necessario richiamare anche l'articolo 52 (in tema di esclusività del procedimento stesso); mentre l'esigenza di evitare lesioni della par condicio creditorum ha imposto di anticipare gli effetti previsti dagli articoli 44 e 45 della stessa legge, sancendo l'inefficacia, rispetto ai creditori, dei pagamenti di debiti anteriori eseguiti dall'imprenditore, nonché delle formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi compiute dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza, salvo che vi sia l'autorizzazione del giudice delegato. Viene altresì fatto rinvio alla disciplina limitativa dell'estensione del diritto di prelazione agli interessi di cui all'articolo 54, terzo comma, della legge fallimentare, con formula ("nei medesimi limiti che nel fallimento") che permette di recepire automaticamente le eccezioni alla disciplina stessa conseguite, in ambito fallimentare (relativamente ai crediti da lavoro e assimilati), a declaratorie di incostituzionalità del Giudice delle leggi.
Nel caso di affidamento della gestione dell'impresa al commissario giudiziale — affidamento che può essere disposto anche con decreto successivo alla sentenza dichiarativa dell'insolvenza — si produrrà, per converso, già ab origine, uno "spossessamento" completo. L'articolo 19 richiama ulteriormente, a tal fine, gli articoli 42, 43, 44, 46 e 47 della legge fallimentare, stabilendo altresì che si applichino al commissario giudiziale le disposizioni in ordine ai poteri del curatore dettate dagli articoli 31, 32, 34 e 35 della stessa legge, salva la facoltà del tribunale di stabilire limitazioni aggiuntive. La circostanza che il provvedimento di affidamento della gestione al commissario giudiziale si limiti, alla resa dei conti, ad "anticipare" effetti destinati comunque a prodursi, a carico dell'imprenditore, a breve distanza temporale, ha indotto a non prevedere specifici mezzi di impugnazione del provvedimento stesso.
Al termine del proprio ufficio, il commissario giudiziale cui sia affidata la gestione dell'impresa dovrà rendere il conto a norma dell'articolo 116 della legge fallimentare (articolo 19, comma 4, del decreto). A questo proposito, si è peraltro reso necessario sostituire la comunicazione ai singoli creditori prevista dal terzo comma dello articolo 116 con l'affissione di apposito avviso, in quanto — in un fisiologico svolgimento della vicenda procedimentale — alla scadenza del mandato del commissario giudiziale l'accertamento dello stato passivo non solo non risulta esaurito, ma addirittura neppure iniziato (donde l'impossibilità di una compiuta e sicura identificazione dei creditori aventi diritto alla comunicazione).
L'articolo 20 stabilisce che i crediti sorti per la continuazione dell'esercizio dell'impresa e la gestione del patrimonio del debitore dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza vadano soddisfatti in prededuzione a norma dell'articolo 111, primo comma, numero 1), della legge fallimentare (e ciò indipendentemente dal fatto che la gestione dell'impresa sia rimasta al debitore o affidata al commissario giudiziale). La soluzione è apparsa per vero obbligata, sia per ragioni di uniformità rispetto a quella adottata (in ossequio alla legge delega) riguardo ai crediti sorti successivamente all'apertura della procedura di amministrazione straordinaria (infra, § 4.3); sia perché una diversa regolamentazione avrebbe reso di fatto inattuabile la prosecuzione delle attività imprenditoriali.
L'articolo 21 accorda al tribunale il potere di adottare, con la sentenza dichiarativa dell'insolvenza o con successivo decreto, i provvedimenti conservativi opportuni nell'interesse della procedura.
A chiusura del capo III, l'articolo 22 pone a carico del commissario giudiziale un obbligo omologo a quello sancito dall'articolo 92 della legge fallimentare nei confronti del curatore, imponendogli di comunicare ai creditori ed ai titolari di diritti reali mobiliari su beni in possesso dell'insolvente il termine per la presentazione delle rispettive domande e le altre disposizioni della sentenza relative all'accertamento del passivo. La comunicazione potrà aver luogo, oltre che con il tradizionale strumento della lettera raccomandata, anche con mezzi telematici che diano certezza della ricezione.

3.4. Società con soci illimitatamente responsabili

Un apposito capo (il capo IV) del titolo II è volto a regolare l'ipotesi in cui la dichiarazione dello stato di insolvenza concerna una società con soci illimitatamente responsabili.
In rapporto alla pregressa disciplina dell'amministrazione straordinaria, la sorte dei soci illimitatamente responsabili, nel caso di ammissione alla procedura della società di appartenenza, ha formato per vero oggetto di ampio dibattito, nel contrasto tra la posizione interpretativa secondo cui anche i soci avrebbero dovuto essere assoggettati alla procedura in applicazione analogica dell'articolo 147 della legge fallimentare, e quella di segno contrario, basata sul rilievo che le disposizioni relative alla liquidazione coatta amministrativa (cui l'articolo 1 del decreto-legge n. 26 del 1979 faceva rinvio) non contenevano alcun richiamo a detta norma.
Il nuovo assetto dei rapporti tra amministrazione straordinaria e fallimento ha fatto propendere, in un'ottica di coerenza del sistema, per la soluzione del coinvolgimento dei soci illimitatamente responsabili nella procedura relativa alla società: diversamente, si sarebbe avuta una disparità di trattamento di dubbia razionalità dei soci stessi, a seconda del metodo scelto per far fronte all'insolvenza.
L'articolo 23 stabilisce, dunque, al comma 1, che gli effetti della dichiarazione dello stato di insolvenza di una società con soci illimitatamente responsabili — con le relative varianti, a seconda che si proceda o meno all'affidamento della gestione dell'impresa al commissario giudiziale — si estendono a detti soci. Si è ritenuto preferibile parlare di estensione degli effetti, piuttosto che di estensione della dichiarazione dell'insolvenza, in quanto l'automatismo dell'estensione — che ripete quello dell'articolo 147 della legge fallimentare — esclude la necessità dell'accertamento di un autonomo stato di decozione del socio.
Il comma 2 dello stesso articolo 23 — recependo l'orientamento espresso da una recente pronuncia della Corte costituzionale riguardo al citato articolo 147, che fa perno sull'esigenza di evitare un trattamento del socio illimitatamente responsabile deteriore rispetto a quello riservato all'imprenditore individuale (sentenza 12 marzo 1999, n. 66) — stabilisce che nei confronti del socio receduto, deceduto o escluso l'estensione ha luogo solo se la dichiarazione dello stato di insolvenza interviene entro l'anno successivo, rispettivamente, alla data in cui il recesso o l'esclusione sono divenuti opponibili ai terzi e a quella della morte, e sempre che l'insolvenza della società attenga, in tutto o in parte, a debiti contratti anteriormente a tale data.
Al socio coinvolto nella dichiarazione dell'insolvenza vengono altresì estese le garanzie procedimentali accordate all'imprenditore: egli deve essere, infatti, preventivamente sentito dal tribunale e può proporre opposizione avverso la sentenza nel termine di trenta giorni dalla comunicazione (articolo 23, commi 3 e 4).
L'articolo 24. si occupa della situazione regolata, in ambito fallimentare, dal secondo comma dell'articolo 147 della legge fallimentare: quella, cioè, in cui l'esistenza di un socio illimitatamente responsabile venga accertata in un momento successivo alla dichiarazione dell'insolvenza della società. È espressamente presa in considerazione, peraltro, e disciplinata allo stesso modo, l'ipotesi — cui il citato secondo comma dell'articolo 147 è generalmente ritenuto estensibile in via analogica — nella quale l'esistenza di un socio illimitatamente responsabile emerga dopo la dichiarazione dell'insolvenza di una impresa individuale (rectius, erroneamente ritenuta tale, trattandosi, in realtà, di impresa collettiva con soci occulti). In siffatte contingenze, l'estensione al socio degli effetti della dichiarazione dell'insolvenza ha luogo con distinta sentenza, soggetta alle medesime forme di pubblicità della prima. Anche l'iniziativa è regolata in modo analogo, salva l'aggiunta all'elenco dei soggetti legittimati a richiedere l'estensione, degli altri soci, del commissario giudiziale e (nel caso di avvenuta ammissione della società o dell'impresa individuale all'amministrazione straordinaria) del commissario straordinario.
Con disposizione a carattere generale, espressiva dell'accolto principio per cui i soci illimitatamente responsabili seguono la sorte della società, l'articolo 25 stabilisce che i provvedimenti di apertura dell'amministrazione straordinaria, di dichiarazione di fallimento e di conversione dell'una procedura nell'altra si estendono automaticamente ai soci cui sono estesi gli effetti della dichiarazione dell'insolvenza (o che, nel caso di conversione del fallimento in amministrazione straordinaria, sono stati dichiarati falliti ex articolo 147 della legge fallimentare).
In parallelo al disposto del quarto comma dell'articolo 147 della legge fallimentare, l'articolo 26 esclude l'applicabilità delle disposizioni del capo IV del titolo II ai soci illimitatamente responsabili delle società cooperative.

4. Amministrazione straordinaria
4.1. Apertura della procedura

Il titolo III regola la seconda fase della procedura, conseguente all'apertura dell'amministrazione straordinaria.
Quest'ultima trova in particolare disciplina nel capo I, nel seno del quale l'articolo 27. esordisce individuando la condizione per l'ammissione all'amministrazione straordinaria delle imprese già dichiarate insolventi nella esistenza di concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali: risultato, questo, che — conformemente alle direttive di cui all'articolo 1, comma 2, lettere c) ed m), della legge delega — deve potersi realizzare o attraverso la cessione dei complessi aziendali, sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un anno; ovvero tramite la ristrutturazione economica e finanziaria dell'impresa stessa, sulla base di un programma di risanamento di durata non superiore a due anni.
Sulla valenza dei due indirizzi alternativi della procedura ci si è già intrattenuti (retro, § 1.2): al presente mette conto soltanto sottolineare come il recupero non debba necessariamente involvere la globalità dei complessi aziendali e delle attività dell'impresa. Come può desumersi, infatti, dalle successive disposizioni concernenti i contenuti del programma (articolo 56, su cui infra, § 4.5), nel caso in cui al medesimo soggetto faccia capo una pluralità di aziende, è sufficiente — affinché si dia ingresso all'amministrazione straordinaria — che possa profittevolmente conservarsi l'unità operativa dei complessi aziendali "caratterizzanti" l'impresa, dismettendo le attività imprenditoriali collaterali non recuperabili: la recisione degli eventuali "rami secchi" risponde, difatti, alla più intima logica dell'istituto.
Ciò puntualizzato, la verifica che il tribunale deve al riguardo compiere si giova delle risultanze dell'apposita relazione che, a mente dell'articolo 28 (in riferimento ai dettami dell'articolo 1, comma 2, lettera h, della legge delega), il commissario giudiziale è chiamato a depositare in cancelleria entro trenta giorni dalla dichiarazione dello stato di insolvenza, e che reca — oltre alla descrizione particolareggiata delle cause del dissesto — una valutazione motivata circa l'esistenza delle condizioni di cui al precedente articolo 27. La relazione è corredata dallo stato analitico ed estimativo delle attività e dall'elenco nominativo dei creditori con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione.
A differenza delle procedure concorsuali minori (concordato preventivo e amministrazione controllata), l'ammissione all'amministrazione straordinaria, per i suoi caratteri strutturali, non presuppone l'assenso dei creditori, né forme specifiche di "interpello" dei medesimi. Pur tuttavia, il procedimento prodromico alla deliberazione del tribunale è stato organizzato in modo da consentire l'instaurazione di un ampio contraddittorio sulle condizioni di accesso alla procedura. Copia della relazione deve essere infatti trasmessa dal commissario giudiziale al Ministero dell'industria, mentre un avviso dell'avvenuto deposito della relazione stessa deve essere affisso (con mezzi informatici, a garanzia della effettiva conoscibilità) a cura del cancelliere, entro ventiquattro ore.
A norma dell'articolo 29., il Ministero dell'industria, nei dieci giorni successivi alla ricezione della relazione, deposita in cancelleria il proprio parere in ordine all'ammissione dell'impresa all'amministrazione straordinaria (il mancato deposito del parere nel termine non impedisce peraltro al tribunale di provvedere). L'imprenditore insolvente, i creditori ed ogni altro interessato — i quali hanno facoltà di esaminare la relazione depositata e di estrarne copia (articolo 28, comma 5) — possono, a lor volta, presentare in cancelleria osservazioni scritte nel termine di dieci giorni dall'affissione dell'avviso di deposito della relazione.
Entro trenta giorni dal deposito della relazione, il tribunale dichiara con decreto motivato l'apertura dell'amministrazione straordinaria o il fallimento dell'impresa, a seconda che sussistano o meno le condizioni prescritte (articolo 30). Il decreto è soggetto a forme di pubblicità analoghe a quelle previste per la sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza; inoltre — in ossequio alla direttiva di cui all'articolo 1, comma 3, della legge delega — di esso dovrà darsi comunicazione, a cura del cancelliere, alla regione ed al comune in cui l'impresa ha la sede principale.
Nel formulare il proprio giudizio, il tribunale terrà conto — oltre che della relazione del commissario giudiziale — del parere del Ministro dell'industria e delle osservazioni pervenute, nonché degli ulteriori accertamenti eventualmente disposti. A quest'ultimo riguardo, merita far cenno alla circostanza che da più parti siano state espresse preoccupazioni, sul piano di un possibile vulnus dei principi di autonomia ed indipendenza del giudice, riguardo al meccanismo di nomina del commissario giudiziale, peraltro specificamente previsto dalla legge delega (articolo 1, comma 2, lettera f): meccanismo che, pur riservando formalmente al tribunale il provvedimento di nomina, gli impone di adeguarsi alla designazione operata dall'autorità amministrativa. In tale soluzione si è ritenuto di poter scorgere, infatti, una indiretta forma di condizionamento del decisum dell'autorità giudiziaria circa l'apertura dell'amministrazione straordinaria, stante il peso al riguardo assunto dalle valutazioni contenute nella relazione del commissario.
Sul punto va peraltro osservato che mentre, da un lato, la previsione di una indicazione vincolante del Ministro dell'industria in ordine alla scelta del commissario giudiziale trova giustificazione, sul piano sistematico, nei compiti anche "manageriali" svolti da tale organo, specie nel caso di affidamento della gestione dell'impresa (laddove è evidente l'"anticipazione" della situazione che si verificherà dopo l'eventuale apertura dell'amministrazione straordinaria); dall'altro, la relazione del commissario, pur rappresentando indubbiamente una fonte primaria di convincimento, non pone però vincoli di alcun genere alla decisione del tribunale. L'espressa previsione del potere del tribunale di disporre accertamenti ulteriori (ad esempio, a mezzo della polizia giudiziaria o di esperti in specifiche discipline) — le cui risultanze potranno eventualmente indurre a disattendere la valutazione finale contenuta nella relazione — mira proprio a sottolineare siffatta autonomia decisionale.
L'articolo 31. stabilisce i contenuti dispositivi del decreto che dichiara il fallimento, prevedendo che con esso debba provvedersi alla nomina del giudice delegato e del curatore (le altre statuizioni previste dall'articolo 16 della legge fallimentare risultano già contenute nella sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza). A seguito di tale decreto, cessano le funzioni degli organi nominati con tale sentenza, mentre l'accertamento del passivo prosegue sulla base delle disposizioni da essa dettate.
Riguardo all'ipotesi opposta dell'apertura dell'amministrazione straordinaria, tenuto conto dello iato temporale che normalmente intercorre tra quest'ultima e la nomina del commissario straordinario (articolo 38) e della conseguente esigenza di evitare "vuoti" di ordine gestorio, l'articolo 32 prevede che, con il decreto di apertura, il tribunale adotti o confermi i provvedimenti opportuni ai fini della prosecuzione dell'esercizio dell'impresa, sotto la gestione del commissario giudiziale, sino alla nomina del nuovo organo. Ciò implica, in sostanza, da un lato, una prorogatio delle funzioni del commissario giudiziale fino a tale evento, e, dall'altro, l'obbligo di affidamento della gestione dell'impresa allo stesso commissario giudiziale, ove non già in precedenza disposto.
L'articolo 33 regola le impugnazioni avverso il decreto di apertura dell'amministrazione straordinaria o che dichiara il fallimento. Nel costruire la relativa disciplina si è tenuto conto del fatto che la scelta fra l'una e l'altra procedura si traduce in un provvedimento lato sensu "ordinatorio" circa il metodo di reazione all'insolvenza, basato su un giudizio di tipo prognostico: donde l'opportunità di prefigurare un meccanismo di impugnazione agile, del tutto svincolato dal giudizio di opposizione alla sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza (nel quale trovano invece soluzione, con le cadenze del rito ordinario, le contestazioni afferenti ai presupposti di instaurazione della procedura concorsuale), che consenta di pervenire in tempi brevi alla decisione del giudice superiore, evitando che questa sopravvenga quando lo sviluppo della procedura concorsuale originariamente prescelta ha ormai radicalmente modificato la situazione di fatto.
Si prevede, in tal senso, che contro i decreti in questione chiunque vi abbia interesse possa proporre reclamo alla corte di appello nel termine di quindici giorni, decorrente, per il Ministro dell'industria, per l'imprenditore insolvente e per il creditore che ha chiesto la dichiarazione dell'insolvenza, dalla data della comunicazione, e, per ogni altro interessato, dalla data dell'affissione. Con il reclamo — che non ha effetto sospensivo — non possono dedursi motivi che avrebbero potuto o che possono farsi valere con l'opposizione alla sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza (vale a dire, motivi attinenti alla qualifica di imprenditore commerciale del debitore, ai requisiti dimensionali di cui all'articolo 2, alla insussistenza dello stato di insolvenza o a vizi procedurali relativi alla prima fase). Si esclude, d'altro canto, che la pendenza del giudizio di opposizione possa dar luogo alla sospensione del procedimento di reclamo sotto il profilo della pregiudizialità, ex articolo 295 del codice di procedura civile.
La decisione viene assunta con le forme dei procedimenti in camera di consiglio, sentiti gli interessati. Nel caso di accoglimento del reclamo, la corte di appello rimette gli atti al tribunale affinché adotti i provvedimenti conseguenziali alla decisione assunta, salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti nelle more dagli organi della procedura.
Per diverso rispetto, la circostanza che il commissario giudiziale — pur investito, segnatamente nel caso di affidamento della gestione dell'impresa, della rappresentanza processuale dell'imprenditore — sia destinato istituzionalmente ad esercitare le proprie funzioni per un periodo temporalmente circoscritto, ha indotto a dettare disposizioni specifiche intese ad evitare l'altrimenti ineluttabile (ed "antieconomica") interruzione (ex articoli 299 e 300 del codice di procedura civile) dei giudizi promossi da e contro il commissario stesso (tra cui, in primis, quello di opposizione alla sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza). A tal fine, l'articolo 34 prevede che ove nel corso di tali giudizi sopravvenga l'apertura dell'amministrazione straordinaria o la dichiarazione di fallimento a norma dell'articolo 30, il commissario straordinario o il curatore intervengano nei giudizi stessi in sostituzione del commissario giudiziale; in mancanza di tale intervento, il giudizio prosegue nei confronti di quest'ultimo, salva la facoltà delle parti di chiamare nel processo i nuovi organi della procedura.
Altra ipotesi oggetto di specifica regolamentazione, nell'intento di evitare possibili dubbi interpretativi, è quella in cui alla data del decreto di apertura dell'amministrazione straordinaria o di fallimento non sia ancora scaduto il termine per la proposizione dell'opposizione alla dichiarazione dello stato di insolvenza (ipotesi che potrebbe configurarsi segnatamente nel caso di ritardo nella relativa comunicazione od affissione). Al riguardo, l'articolo 34, comma 3, prevede che, in siffatta evenienza, l'atto di opposizione debba notificarsi, anziché al commissario giudiziale (come stabilito dall'articolo 9, comma 2), al commissario straordinario (ove già nominato), ovvero al curatore fallimentare.
L'articolo 35 contempla un caso "anomalo" di apertura della procedura di amministrazione straordinaria: quello, cioè, in cui l'ammissione alla procedura consegua all'accoglimento dell'opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento. L'ipotesi, specularmente inversa a quella regolata dall'articolo 11 (retro, § 3.1), è che una impresa avente i requisiti dimensionali previsti dall'articolo 2 — e che, come tale, avrebbe dovuto essere dichiarata insolvente ai sensi dell'articolo 3 — sia stata di contro dichiarata fallita in base alle ordinarie disposizioni della legge fallimentare. Per le medesime ragioni già illustrate a proposito del citato articolo 11, si è escluso che l'accoglimento, per questo solo motivo, dell'opposizione proposta a norma dell'articolo 18 della legge fallimentare comporti la revoca della dichiarazione di fallimento, e si è stabilito, piuttosto, che allorquando la sentenza di accoglimento dell'opposizione sia passata in giudicato, il tribunale debba avviare, nel seno della stessa procedura fallimentare, un subprocedimento inteso alla verifica delle condizioni per l'apertura dell'amministrazione straordinaria. Ognuno intende, infatti, come sarebbe scarsamente ragionevole e comunque "antieconomico" prevedere l'applicazione delle disposizioni degli articoli 18 e seguenti del presente decreto (le quali segnerebbero un "regresso" sul piano degli effetti della procedura), in una situazione nella quale non è affatto escluso che, a cagione della carenza delle condizioni di "recuperabilità", l'impresa debba restare in ogni caso soggetta alla procedura fallimentare.
Ai sensi dell'articolo 35, il tribunale inviterà dunque con decreto il curatore a depositare in cancelleria ed a trasmettere al Ministero dell'industria, entro trenta giorni, una relazione avente i medesimi contenuti di quella che, a mente dell'articolo 28, avrebbe dovuto (in un fisiologico svolgimento della vicenda) redigere il commissario giudiziale (salva la mancanza delle indicazioni relative alle cause dell'insolvenza, già racchiuse nella relazione ex articolo 33 della legge fallimentare). Nei trenta giorni successivi a siffatto deposito, esauritosi l'eventuale contraddittorio fra gli interessati secondo scansioni omologhe a quelle previste per il caso ordinario, il tribunale valuterà se sussistano o meno le prospettive di recupero, disponendo, in caso positivo, la conversione del fallimento in amministrazione straordinaria. L'avvio del subprocedimento diretto alla eventuale conversione viene peraltro escluso allorché, nell'ambito della procedura fallimentare, sia già esaurita la liquidazione dell'attivo: in tale contingenza, difatti, la ricorrenza delle condizioni di accesso all'amministrazione straordinaria di cui all'articolo 27 risulta a priori esclusa.
La disciplina racchiusa nell'articolo 35 poggia evidentemente sulla premessa che — a differenza di quanto avveniva sotto l'impero della vecchia regolamentazione, alla stregua di una interpretazione estensiva dell'articolo 4 del decreto-legge n. 26 del 1979 — la conversione del fallimento in amministrazione straordinaria, come conseguenza dell'accertamento del possesso, da parte dell'impresa fallita, dei prescritti requisiti dimensionali, è possibile solo ove tale doglianza venga fatta tempestivamente valere come motivo di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento.
A chiusura del capo I, l'articolo 36 stabilisce — in attuazione della già ricordata direttiva di cui all'articolo 1, comma 2, lettera o), della legge delega — che, per quanto non previsto dal presente decreto, la procedura di amministrazione straordinaria resti regolata, nei limiti della compatibilità, dalle disposizioni sulla liquidazione coatta amministrativa, sostituito al commissario liquidatore il commissario straordinario. Con riferimento alla pregressa disciplina dell'istituto, la parimenti prevista applicabilità delle disposizioni sulla liquidazione coatta amministrativa non era, in verità, andata esente da critiche, sotto il profilo della scarsa aderenza di tali disposizioni — calibrate su una procedura di taglio puramente liquidatorio — alle finalità di risanamento, o comunque conservative, proprie dell'amministrazione straordinaria. Facendo tesoro di siffatti rilievi, e sfruttando la facoltà in tali sensi specificamente accordata dalla stessa lettera o) dell'articolo 1, comma 2, della legge delega, si è provveduto, in occasione della riforma, a regolare con norme ad hoc — spesso significativamente differenziate rispetto a quelle dettate dal titolo V della legge fallimentare — i profili salienti della procedura, onde il richiamo alle disposizioni in parola, senza implicare sostanziali elementi di contraddizione, assume il valore di semplice "norma di chiusura" del sistema.

4.2. Organi

Il capo II del titolo III detta disposizioni relative agli organi dell'amministrazione straordinaria. Essi si identificano nel Ministero dell'industria (che esercita la vigilanza sulla procedura), nel commissario straordinario (che è investito dei compiti più propriamente gestionali) e nel comitato di sorveglianza (con funzioni essenzialmente consultive). Nondimeno — in linea con l'indirizzo strategico lumeggiato in principio (retro, § 1.2), inteso a costruire l'amministrazione straordinaria come una procedura caratterizzata dalla profittevole compresenza, secondo i rispettivi ruoli istituzionali, dell'autorità amministrativa (per gli aspetti lato sensu gestionali) e dell'autorità giudiziaria (per i profili attinenti alla tutela dei diritti) — conservano la veste di organi della procedura, anche nella fase in rassegna, il tribunale che ha dichiarato lo stato di insolvenza ed il giudice delegato. Ad essi sono in particolare riservate — oltre alla valutazione degli esiti del programma ed alle conseguenti risoluzioni in tema di conversione della procedura in fallimento — le decisioni relative all'accertamento del passivo, al riparto dell'attivo e all'impugnazione degli atti e provvedimenti di liquidazione lesivi di diritti soggettivi.
Ciò premesso, nel demandare al Ministero dell'industria, conformemente alla statuizione dell'articolo 1, comma 2, lettera l), della legge delega, la vigilanza sull'amministrazione straordinaria (articolo 37, comma 1), si è provveduto a ripartire i relativi compiti tra l'organo politico di vertice (il Ministro) e la struttura dirigenziale (il Ministero), riservando al primo, in linea con il generale enunciato dell'articolo 3 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, la competenza in ordine alla nomina degli altri organi della procedura ed agli atti che comportino l'esercizio di funzioni di indirizzo politico e amministrativo, e affidando invece alla seconda i provvedimenti di ordine tipicamente gestionale.
Per altro verso, il prevedibile incremento del numero delle procedure di amministrazione straordinaria connesso ai nuovi parametri dimensionali di accesso (retro, § 2), ha reso necessario dettare norme organizzative intese ad assicurare adeguati livelli di efficienza ed effettività dell'attività di vigilanza. In tale prospettiva, l'articolo 37 consente segnatamente al Ministero di avvalersi, per l'esercizio delle proprie funzioni, dell'opera di esperti o di società specializzate, con l'osservanza — anche per quanto attiene alla copertura della relativa spesa — delle disposizioni dell'articolo 3 della legge 11 maggio 1999, n. 140 (le cui risorse sono considerate come un tetto di spesa); nonché di far ricorso al personale della Guardia di finanza, un cui contingente potrà essere eventualmente distaccato presso l'autorità di vigilanza (articolo 103).
Quanto al commissario straordinario, l'articolo 38 dispone, in attuazione della citata lettera l) dell'articolo 1, comma 2, della legge delega, che la relativa nomina debba essere effettuata dal Ministro dell'industria entro cinque giorni dalla comunicazione del decreto che dichiara aperta la procedura. Come per il commissario giudiziale, la nomina di una pluralità di commissari straordinari (tre in luogo di uno) è limitata ai casi di eccezionale rilevanza e complessità della procedura; analoghe sono altresì le regole concernenti le deliberazioni (da prendere a maggioranza) e la rappresentanza (esercitata da almeno due commissari). Sono previste, altresì, particolari forme di pubblicità del decreto di nomina: esso è comunicato al tribunale che ha dichiarato l'insolvenza, all'ufficio del registro delle imprese, nonché (sempre in ossequio all'articolo 1, comma 3, della legge delega) alla regione ed al comune in cui l'impresa ha la sede principale; ne è data inoltre pubblica notizia con mezzi informatici, secondo le modalità stabilite con apposito regolamento (articolo 94). Tale pubblicità informatica — congiuntamente a quella cui è soggetto il decreto del tribunale di apertura dell'amministrazione straordinaria (articolo 30, comma 2, in riferimento all'articolo 8, comma 3) — sostituisce la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, già prevista dalla vecchia normativa e che dovrà essere peraltro transitoriamente effettuata sino all'entrata in vigore dell'anzidetto regolamento (articolo 105, comma 4).
La nomina del commissario straordinario implica la cessazione delle funzioni del commissario giudiziale (articolo 38, comma 4).
L'articolo 39 demanda ad un apposito regolamento del Ministro dell'industria, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia — da emanare entro centoventi giorni dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo, salva la transitoria operatività, nelle more, dei requisiti per la nomina dei curatori fallimentari (articolo 104) — la determinazione dei requisiti di professionalità ed onorabilità dei commissari straordinari. In ossequio alla specifica direttiva pure racchiusa nell'articolo 1, comma 2, lettera l), della legge delega, si prevede altresì che il Ministro dell'industria stabilisca preventivamente, con proprio decreto, i criteri per la scelta degli esperti la cui opera è richiesta dalla procedura.
Riguardo ai poteri del commissario straordinario, la direttiva impartita dal Parlamento al legislatore delegato è quella di strutturare tali poteri e la connessa disciplina delle autorizzazioni al compimento di atti "secondo criteri che privilegino la rapidità e l'efficacia dell'azione commissariale, limitando il controllo preventivo agli atti di maggiore rilevanza" (articolo 1, comma 2, lettera p, della legge n. 274 del 1998).
In attuazione di tale direttiva, l'articolo 40 del decreto stabilisce che il commissario straordinario — il quale, nell'esercizio delle sue funzioni, assume la veste di pubblico ufficiale — ha la gestione dell'impresa e l'amministrazione dei beni dell'imprenditore insolvente, nonché dei soci illimitatamente responsabili eventualmente assoggettati alla procedura ex articolo 25. (fermo rimanendo l'obbligo di tener distinto il patrimonio di questi ultimi da quello sociale).
Nell'ottica di assicurare il pronto ed efficace espletamento delle incombenze, l'articolo 41 tempera il generale principio di intrasmissibilità delle attribuzioni del commissario straordinario con la previsione della facoltà di delegare ad altri, sotto la propria responsabilità, le funzioni inerenti alla gestione corrente dell'impresa. Negli altri casi, la delega può essere conferita soltanto per singole operazioni e con l'autorizzazione del Ministero dell'industria. Sempre con tale autorizzazione, il commissario può inoltre farsi coadiuvare da esperti.
Quanto al controllo preventivo, l'articolo 42 enuclea due categorie di atti del commissario straordinario soggetti ad autorizzazione del Ministero dell'industria, sentito il comitato di sorveglianza. La prima categoria, per la quale l'esigenza di autorizzazione prescinde dal valore dell'operazione, assumendo dunque carattere assoluto, è costituita dagli atti che incidono in modo diretto o che addirittura realizzano gli obiettivi dell'amministrazione straordinaria, ossia gli atti di alienazione e di affitto di aziende e di rami di azienda. La seconda categoria — rispetto alla quale l'autorizzazione è di contro richiesta solo quando il valore della singola operazione superi una determinata soglia, fissata in quattrocento milioni di lire — è rappresentata dagli atti di alienazione e di locazione di beni immobili e di costituzione di diritti reali sui medesimi, di alienazione di beni mobili in blocco e di costituzione di pegno, nonché dalle transazioni.
A mente dell'articolo 43, il Ministro dell'industria può in ogni tempo, su proposta del comitato di sorveglianza o d'ufficio, revocare il commissario straordinario, previa comunicazione dei motivi di revoca o contestazione degli eventuali addebiti e dopo aver invitato il commissario stesso ad esporre le proprie deduzioni. La formula normativa rende palese come la revoca non postuli necessariamente la violazione, da parte del commissario, del dovere di adempiere con diligenza i doveri del proprio ufficio (articolo 199, terzo comma, in riferimento all'articolo 38, primo comma, della legge fallimentare), ma possa dipendere anche da altre ragioni: l'esigenza, ad esempio, di giovarsi di diverse professionalità in rapporto alle occorrenze della procedura.
La residua disciplina degli obblighi, dei poteri e delle responsabilità del commissario straordinario andrà tratta, in base alla ricordata norma "di chiusura" di cui all'articolo 36, dalle disposizioni della legge fallimentare relative al commissario liquidatore della liquidazione coatta amministrativa: così, in particolare, per quanto attiene alla presa in consegna dei beni e alla formazione dell'inventario (articolo 204, secondo e terzo comma, della legge fallimentare); alla redazione della relazione diretta al procuratore della Repubblica (articolo 203, terzo comma, della legge fallimentare); alla legittimazione all'esercizio delle azioni di revoca (articolo 203, secondo comma, della legge fallimentare), delle azioni di responsabilità contro gli amministratori e i sindaci dell'impresa insolvente (articolo 206, primo comma, della legge fallimentare) e dell'azione di responsabilità contro il commissario straordinario revocato (articolo 199, secondo comma, della legge fallimentare).
Anche la nomina del comitato di sorveglianza è di competenza del Ministro dell'industria (così l'articolo 1, comma 2, lettera l, della legge delega), il quale vi provvede con decreto nei quindici giorni successivi alla nomina del commissario straordinario (articolo 45 del decreto). Il comitato dovrà essere composto da tre o cinque membri, uno o due dei quali (a seconda del numero totale) tratti dalla compagine dei creditori chirografari ed i rimanenti scelti fra persone particolarmente esperte nel ramo di attività esercitata dall'impresa o nella materia concorsuale. Questi ultimi avranno diritto a compenso, mentre per i primi — la cui partecipazione al comitato risponde a criteri di rappresentatività degli interessi del ceto creditorio — è previsto, così come per i membri del comitato dei creditori nel fallimento (articolo 41, quinto comma, della legge fallimentare), il solo rimborso delle spese.
Le funzioni del comitato di sorveglianza sono di ordine essenzialmente consultivo, salve limitate facoltà propositive (così, in particolare, in tema di revoca del commissario straordinario). Ai sensi dell'articolo 46, il comitato esprime il parere sugli atti del commissario nei casi previsti dal decreto, nonché in ogni altro caso in cui il Ministero dell'industria lo ritenga opportuno. Il parere è formulato entro dieci giorni dalla richiesta, salvo che, per ragioni di urgenza, il comitato non sia invitato a pronunciarsi in un termine più ristretto, peraltro non inferiore a tre giorni. Le deliberazioni sono prese a maggioranza dei componenti.
In assonanza a quanto stabilito dall'articolo 41, quarto comma, della legge fallimentare riguardo al comitato dei creditori nel fallimento, al comitato di sorveglianza e ad ogni suo membro è riconosciuta, in qualunque momento, la facoltà di ispezionare le scritture contabili e i documenti della procedura e di chiedere chiarimenti al commissario straordinario e all'imprenditore insolvente.
La determinazione dell'ammontare del compenso spettante al commissario straordinario ed ai membri del comitato di sorveglianza è demandata ad un regolamento del Ministro di grazia e giustizia, di concerto con i Ministri dell'industria e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica (articolo 47).

4.3. Effetti

Il capo III del titolo III reca disposizioni particolari in tema di effetti dell'apertura della procedura di amministrazione straordinaria: disposizioni che, in ottemperanza all'articolo 1, comma 2, lettera o), della legge delega, modificano o integrano — segnatamente per quanto attiene agli effetti per i creditori, sugli atti pregiudizievoli ai creditori medesimi e sui rapporti giuridici preesistenti — quelle dettate dagli articoli 200, 201 e 203 della legge fallimentare.
In particolare, mentre in rapporto agli effetti per l'impresa l'operatività dell'articolo 200 della legge fallimentare è integrale, in ordine agli effetti per i creditori la disposizione dell'articolo 51 della stessa legge (richiamata dall'articolo 201, primo comma) è surrogata dalla previsione ad hoc contenuta nell'articolo 48 del decreto, che esclude ogni possibile eccezione al divieto di inizio o di prosecuzione di azioni esecutive individuali sui beni dei soggetti ammessi all'amministrazione straordinaria.
Venuta meno in via generale, per effetto del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 26, la deroga al divieto di azioni esecutive ex articolo 51 della legge fallimentare concernente l'esecuzione fiscale, il problema ha motivo di porsi essenzialmente per ciò che riguarda l'azione esecutiva per crediti fondiari, che l'articolo 41 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (recante il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) tuttora consente anche dopo la dichiarazione di fallimento del debitore (e, dunque — secondo la corrente interpretazione giurisprudenziale — anche dopo la sottoposizione del medesimo a liquidazione coatta amministrativa).
Posto, però, che l'inizio e la prosecuzione dell'azione esecutiva per crediti fondiari risultano già preclusi nella prima fase della procedura (quella conseguente alla dichiarazione dello stato di insolvenza) a fronte dell'applicabilità (ex articolo 18 del decreto) della disposizione del primo comma dell'articolo 168 della legge fallimentare, che parimenti enuncia il divieto de quo in termini assoluti, si comprende come sarebbe apertamente contrastante con gli obiettivi dell'amministrazione straordinaria — tanto nella prospettiva della cessione dei complessi aziendali funzionanti che in quella della ristrutturazione — che l'azione esecutiva in parola potesse riprendere libero corso, disgregando l'unità operativa dell'azienda, una volta avviata la seconda fase.
Giova segnalare, per altro verso, come si sia ritenuto superfluo riprodurre il concorrente divieto di autorizzazione di sequestri conservativi nel corso dell'amministrazione straordinaria, già sancito dall'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 4 settembre 1987, n. 366, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 novembre 1987, n. 452 (disposizione che viene abrogata dall'articolo 109, comma 1, lettera g, del presente decreto legislativo). Una espressa enunciazione normativa in tali sensi, a suo tempo suggerita da esigenze legate a particolari vicende concrete, risulta in effetti inutile (ed anzi inopportuna, potendo dar esca a pregiudizievoli argomentazioni a contrario) a fronte della lettura dell'articolo 51 della legge fallimentare generalmente offerta da giurisprudenza e dottrina, a fronte della quale il sequestro conservativo — concretando una misura istituzionalmente prodromica all'esecuzione singolare — ricade anch'esso pleno iure nell'orbita del divieto sancito dalla citata disposizione.
Per quel che attiene agli effetti sugli atti pregiudizievoli ai creditori, l'articolo 49 chiarisce entro quali limiti le azioni per la declaratoria di inefficacia e la revoca di tali atti, previste dagli articoli 64 e seguenti della legge fallimentare, possano essere proposte nell'ambito della procedura di amministrazione straordinaria. È noto, invero, come tale tematica fosse vivacemente dibattuta in rapporto alla pregressa regolamentazione dell'istituto: alla tesi maggioritaria che, facendo leva sul dato normativo, riteneva le revocatorie incondizionatamente esperibili, si contrapponeva, infatti, l'indirizzo — non privo di eco nella giurisprudenza di legittimità — che, rimarcando l'ontologica coerenza della revocatoria fallimentare (in quanto avente come presupposto la lesione della par condicio creditorum) esclusivamente con una procedura concorsuale di stampo liquidatorio, reputava proponibili le suddette azioni, nell'amministrazione straordinaria, soltanto dopo la cessazione dell'esercizio dell'impresa ed il conseguente inizio della fase liquidativa.
Pur riconoscendo la validità della premessa maggiore del secondo indirizzo, deve però ribadirsi lo iato concettuale intercorrente tra conservazione del patrimonio produttivo e salvataggio dell'imprenditore, già in precedenza sottolineato: la prima, infatti, non implica necessariamente il secondo, potendo attuarsi anche attraverso modalità — nella specie, la cessione a terzi dei complessi aziendali funzionanti — che si risolvono, a dispetto della prosecuzione dell'esercizio dell'impresa, in forme sui generis di liquidazione del patrimonio del debitore e che non preludono punto al suo ritorno in bonis (donde l'esigenza, già ab origine, di ripristinare la par condicio eventualmente lesa da pregressi atti di disposizione patrimoniale).
La proponibilità delle azioni revocatorie appare dunque legata, nella cornice del nuovo sistema, all'indirizzo — di cessione o risanatorio — concretamente impresso alla procedura: sì che, in tale prospettiva, l'articolo 49 la prevede solo quando sia stata autorizzata, a norma del successivo 57, l'esecuzione di un programma di cessione (nelle more della definizione del programma, stante l'incertezza circa la sua caratterizzazione, le revocatorie restano temporaneamente "quiescenti").
Sotto diverso profilo, onde evitare l'insorgenza di problemi interpretativi omologhi a quelli sollevati dall'ipotesi della consecuzione del fallimento a una o più procedure concorsuali minori, si è stabilito expressis verbis che il dies a quo per il computo "a ritroso" del cosiddetto "periodo sospetto" (entro il quale l'atto deve collocarsi per poter essere dichiarato inefficace o revocato) è costituito, non dalla data del decreto di apertura dell'amministrazione straordinaria, ma dalla data della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza; regola, questa, che viene estesa a tutti i casi in cui a tale sentenza faccia seguito (passando o meno attraverso l'amministrazione straordinaria) la dichiarazione di fallimento.
Una regolamentazione particolare è stata adottata per quanto attiene agli effetti dell'amministrazione straordinaria sui contratti in corso. Con riferimento alla antecedente disciplina dell'istituto, era stata, per vero, da più parti lamentata la sostanziale inadeguatezza delle disposizioni di cui agli articoli 72 e seguenti della legge fallimentare (estese dall'articolo 201, primo comma, della stessa legge alla liquidazione coatta amministrativa) — in quanto costruite nella prospettiva di una procedura di tipo liquidatorio "puro", nel seno della quale la prosecuzione dell'esercizio dell'impresa costituisce un evento extra ordinem — nel confronto con le ben diverse esigenze proprie di una procedura con finalità conservative dell'impresa, cui è viceversa coessenziale la continuazione delle attività imprenditoriali. Rispetto a tali finalità, appaiono difatti scarsamente funzionali norme che prevedano, ad esempio, come l'articolo 78 della legge fallimentare, l'immediato ed automatico scioglimento di rapporti (nella specie, i contratti di conto corrente, mandato o commissione) che pure potrebbero risultare necessari od utili per la prosecuzione dell'esercizio dell'impresa; o che impongano all'organo operativo della procedura, come gli articoli 72, secondo e terzo comma, 74 e 81 della legge fallimentare, di manifestare entro brevissimo termine (otto giorni dalla data di interpello, venti giorni dall'apertura della procedura) la volontà di subentrare in determinati contratti (nella specie, i contratti di vendita, somministrazione ed appalto), i quali altrimenti si intendono sciolti.
In tale ottica, l'articolo 50 del decreto — esclusa ogni ipotesi di scioglimento automatico — riconosce, in via generale, al commissario straordinario (con le limitate eccezioni di cui subito appresso si dirà) il potere di sciogliersi dai contratti, anche ad esecuzione continuata o periodica, ancora ineseguiti o non interamente eseguiti da entrambe le parti alla data di apertura dell'amministrazione straordinaria. Fino a quando la facoltà di scioglimento non sia stata esercitata il contratto continua ad avere esecuzione. È riconosciuta, peraltro, al contraente in bonis — dopo che sia stata autorizzata l'esecuzione del programma di cessione dei complessi aziendali o di ristrutturazione a norma del successivo articolo 57 (infra, § 4.5) — la possibilità di mettere in mora il commissario, intimandogli di manifestare le proprie determinazioni in ordine allo scioglimento o al subentro nel contratto entro il termine di trenta giorni, decorso il quale il contratto stesso si intende sciolto. Si attua, in tal modo, una ragionevole mediazione tra l'interesse della procedura a che il commissario straordinario disponga di un termine congruo al fine della ricognizione dei contratti in corso e della verifica della loro utilità ai fini della prosecuzione dell'esercizio dell'impresa, in accordo con le direttive di programma (e ciò tenuto conto anche dei tempi previsti dagli articoli 54, 57 e 58 ai fini della redazione del programma stesso e della sua autorizzazione), ed il contrapposto interesse del contraente in bonis a non rimanere sine die, o comunque per un tempo eccessivamente lungo, in una situazione di incertezza circa la sorte definitiva del rapporto.
A siffatta disciplina vengono sottratti, per intuitive ragioni, i contratti di lavoro subordinato, in relazione ai quali restano ferme le disposizioni ordinarie; nonché — quando sia sottoposto ad amministrazione straordinaria il locatore — i contratti di locazione di immobili, rispetto ai quali viene riaffermata la regola stabilita dall'articolo 80, primo comma, della legge fallimentare, ossia quella del subentro del commissario straordinario, salvo patto contrario.
Le disposizioni degli articoli 72 e seguenti della legge fallimentare restano per converso applicabili all'amministrazione straordinaria ai fini di determinare i diritti dell'altro contraente nei casi di scioglimento o di subentro (scilicet, definitivo, a seguito di espressa dichiarazione o dell'inutile spirare del termine per l'esercizio della facoltà di scioglimento) del commissario straordinario nei contratti in corso (così l'articolo 51 del decreto).
Risolvendo normativamente una questione più volte presentatasi all'esame della giurisprudenza sotto l'impero della vecchia disciplina, il comma 2 dello stesso articolo 51 detta peraltro una regola particolare per l'ipotesi del subentro del commissario straordinario (in veste di somministrato) nel contratto di somministrazione allorché il somministrante operi in condizione di monopolio, escludendo che, in tal caso, il commissario stesso sia tenuto a soddisfare integralmente (anziché in moneta concorsuale) anche il prezzo delle consegne già avvenute, come altrimenti stabilito dal secondo comma dell'articolo 74 della legge fallimentare. È evidente, infatti, che quando la somministrazione ha ad oggetto beni e servizi essenziali per l'esercizio dell'impresa — quali, ad esempio, energia elettrica, acqua o gas — la cui fornitura avviene in regime di monopolio, il commissario straordinario risulta in concreto privato di ogni ragionevole alternativa al subentro nel contratto in corso, non potendo né farlo cessare tout court, né concluderlo ex novo con altro fornitore: sicché la citata disposizione del secondo comma dell'articolo 74 della legge fallimentare verrebbe di fatto a sancire un ingiustificato privilegio a favore del monopolista, sottraendolo in ogni caso, solo per tale sua qualità, alla legge del concorso anche in rapporto ai crediti maturati anteriormente alla dichiarazione dello stato di insolvenza.
Adeguandosi all'istruzione impartita dall'articolo 1, comma 2, lettera q), seconda parte, della legge delega — peraltro rispondente ai principi generali del sistema delle procedure concorsuali — l'articolo 52 del decreto prevede che i crediti sorti per la continuazione dell'esercizio dell'impresa e la gestione del patrimonio del debitore nel corso della procedura di amministrazione straordinaria vadano soddisfatti in prededuzione, ex articolo 111, primo comma, n. 1), della legge fallimentare, anche nell'eventuale fallimento successivo.

4.4. Accertamento del passivo

Di novità particolarmente significative è foriera la disciplina del procedimento di accertamento del passivo, di cui si occupa il capo IV del titolo III. In luogo, infatti, del richiamo alle disposizioni dettate per la liquidazione coatta amministrativa dagli articoli 207, 208 e 209 della legge fallimentare — in forza delle quali la formazione dello stato passivo avviene in sede amministrativa ad opera del commissario, salvo l'intervento successivo dell'autorità giudiziaria nella fase delle opposizioni — l'articolo 53, comma 1, del decreto sancisce l'integrale applicabilità del procedimento previsto, in ambito fallimentare, dagli articoli 93 e seguenti della legge fallimentare, sostituito al curatore il commissario straordinario: procedimento che vede anche la fase iniziale di formazione e verifica del passivo affidata all'autorità giudiziaria (in specie, al giudice delegato).
Le ragioni di tale scelta — espressiva della linea guida del potenziamento del ruolo dell'autorità giudiziaria nell'ambito della procedura, segnatamente allorché si verta in tema di tutela dei diritti — sono già state accennate in apertura della presente relazione (retro, § 1.2). Invero, l'affidamento al solo commissario straordinario della prima fase dell'accertamento del passivo, implicando la temporanea preclusione del ricorso al giudice ai fini dell'accertamento dei crediti e della rivendicazione, restituzione e separazione di beni mobili, si risolve in un fattore di diminuita garanzia per gli interessati (particolarmente apprezzabile nei casi di prolungamento ingiustificato nel compimento delle operazioni di verifica), che non trova adeguata giustificazione nella cornice del nuovo assetto dell'istituto. Si aggiunga, per altro verso, che la previsione di due diverse modalità di accertamento del passivo, a seconda che l'impresa venga ammessa all'amministrazione straordinaria o dichiarata fallita, sarebbe inevitabilmente fonte di disfunzioni e di ritardi, specie nel caso in cui, a seguito dell'insuccesso del tentativo di recupero, dovesse procedersi alla conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento.
Sempre nella medesima ottica, il comma 2 dell'articolo 53 estende all'amministrazione straordinaria, per l'ipotesi in cui sia ammessa alla procedura una società con soci illimitatamente responsabili, le disposizioni dettate dall'articolo 148, terzo, quarto e quinto comma, della legge fallimentare in ordine all'accertamento dello stato passivo dei singoli soci.

4.5. Definizione ed esecuzione del programma

Anche la regolamentazione della fase di "gestione" della procedura risulta incisivamente modificata.
Nel sistema del decreto-legge n. 26 del 1979, l'apertura dell'amministrazione straordinaria non comportava, per vero, l'automatica continuazione dell'esercizio dell'impresa insolvente: questa poteva essere, di contro, discrezionalmente disposta, "tenendo anche conto dell'interesse dei creditori", dall'autorità di vigilanza, per un periodo che — a fronte del regime delle proroghe e dell'eventuale ulteriore prolungamento correlato all'ammissione alla procedura delle imprese del gruppo — era suscettivo di attingere sino ai cinque anni (così l'articolo 2 del citato decreto-legge, quale risultante dai successivi interventi novellistici). La prosecuzione delle attività imprenditoriali era destinata ad attuarsi sulla base di un programma redatto dal commissario straordinario, il quale doveva prevedere, "in quanto possibile", "un piano di risanamento … con indicazione specifica degli impianti da riattivare e di quelli da completare, nonché degli impianti o complessi aziendali da trasferire e degli eventuali nuovi assetti imprenditoriali". I contenuti essenziali del programma si compendiavano, dunque, in sostanza, nelle previsioni economico-finanziarie connesse alla continuazione dell'esercizio dell'impresa e nella definizione degli investimenti necessari al recupero della sua competitività, non essendo per converso richieste specifiche indicazioni né in ordine allo sbocco finale della procedura, né in ordine al grado ed alle modalità di soddisfacimento dei creditori.
Sulla base di tale dato normativo, i programmi commissariali si sono generalmente fondati, soprattutto nella prima fase di applicazione del decreto-legge, su un forte indebitamento finanziario (reso possibile dalla copertura della garanzia del Tesoro, di cui all'articolo 2-bis del decreto stesso), a fronte del quale l'obiettivo, spesso raggiunto, del recupero dell'efficienza economico-produttiva delle aziende è stato raramente accompagnato da un processo di ristrutturazione anche finanziaria delle imprese, mentre la valorizzazione ottenuta attraverso la vendita dei complessi industriali non sempre è risultata tale da consentire un adeguato ristoro del ceto creditorio.
Siffatta impostazione viene, peraltro, radicalmente mutata dal presente decreto, in linea con i precetti della legge delega, a lor volta suggeriti, oltre che dall'esperienza maturata, anche dalle sollecitazioni provenienti dall'ambito comunitario. Nella cornice della nuova disciplina, infatti, mentre la continuazione dell'esercizio dell'impresa cessa di dipendere da un provvedimento dell'autorità di vigilanza, conseguendo de iure alla decisione del tribunale di apertura dell'amministrazione straordinaria, il contenuto del programma, che segna le linee operative concrete della procedura, viene tipizzato in due fattispecie alternative, correlate al differente metodo di superamento della crisi: cessione dei complessi aziendali, ovvero ristrutturazione economico-finanziaria dell'impresa (articolo 1, comma 2, lettera m, della legge n. 274 del 1998). Vengono delineati, in tal modo, dissipando le ambiguità del sistema pregresso, due scenari nitidamente differenziati: nell'uno, il generale obiettivo della conservazione del patrimonio produttivo è perseguito tramite strumenti di natura sostanzialmente liquidatoria; nell'altro, invece, la procedura assume un taglio conservativo "puro", puntando al ritorno in bonis dell'imprenditore. Diversa è anche la durata (massima) del programma nei due casi: rispettivamente, un anno e due anni.
La più minuta disciplina attuativa delle direttive parlamentari trova per tal rispetto collocazione nelle disposizioni del capo V del titolo III, e, in particolare, negli articoli da 54 a 61.
L'articolo 54 fissa, anzitutto, i tempi di predisposizione del programma, stabilendo che il commissario straordinario debba presentare il documento al Ministero dell'industria nei sessanta giorni successivi alla apertura della procedura: termine, questo, prorogabile dall'autorità di vigilanza una sola volta e per non più di sessanta giorni, nei casi di particolare complessità. Al fine di assicurare il rispetto del principio di "certezza dei tempi", preconizzato dalla legge delega, evitando dilatazioni della fase preliminare di redazione del programma che si riflettono sulla durata totale della procedura, la mancata osservanza del termine (originario o prorogato) di predisposizione del programma viene configurata come causa di revoca del commissario straordinario dall'ufficio.
In relazione ai compiti di verifica attribuiti all'autorità giudiziaria, è stabilito altresì che l'avvenuta presentazione del programma ed il provvedimento di proroga del relativo termine formino oggetto di informativa al tribunale che ha dichiarato lo stato di insolvenza, a cura del commissario straordinario.
L'articolo 55 definisce, quindi, unitariamente per i due indirizzi, i criteri generali che devono presiedere alla redazione del programma, identificandoli nelle tre fondamentali direttrici della conformazione agli indirizzi di politica industriale dettati dal Ministero dell'industria, della salvaguardia dell'unità operativa dei complessi aziendali e del contemperamento delle finalità conservative della procedura con la tutela degli interessi dei creditori.
Riguardo ai contenuti specifici, merita di essere preliminarmente posto in luce come, alla stregua del sistema delineato, il decreto del tribunale che dichiara aperta la procedura di amministrazione straordinaria — pur potendo contenere indicazioni sul punto nella parte motiva, quale premessa per l'affermazione dell'esistenza delle prospettive di riequilibrio economico delle attività imprenditoriali — non ponga, però, alcun vincolo specifico in ordine alla scelta fra l'uno e l'altro indirizzo (di cessione o di ristrutturazione): tale scelta sarà invero compiuta, a livello propositivo, dal commissario in sede di redazione del programma (articolo 54, comma 1), e, a livello deliberativo, dall'autorità di vigilanza in sede di autorizzazione della sua esecuzione (mentre è prevista, come presto si dirà, anche la possibilità di un mutamento di indirizzo in corso di procedura).
Su tale premessa, l'articolo 56 delinea un contenuto "di base", comune ai due indirizzi programmatici, e un contenuto particolare, pertinente allo specifico indirizzo prescelto.
Quanto alla parte comune, il programma dovrà in ogni caso contenere l'indicazione delle attività imprenditoriali destinate alla prosecuzione e quelle da dismettere, l'eventuale piano di smobilizzo dei beni non più funzionali all'esercizio dell'impresa, le previsioni economiche e finanziarie connesse a tale esercizio ed il relativo piano di copertura finanziaria.
Quanto, invece, ai contenuti specifici ai singoli indirizzi, il programma di cessione dei complessi aziendali dovrà essere completato con l'indicazione delle modalità della cessione stessa e le previsioni circa il soddisfacimento dei creditori; mentre il programma di ristrutturazione, oltre a specificare i tempi e le modalità di detto soddisfacimento, dovrà individuare gli strumenti attraverso i quali il risanamento dell'impresa potrà essere realizzato. A tale ultimo riguardo, la disposizione in rassegna fa espresso riferimento al possibile "mutamento degli assetti imprenditoriali" e alle connesse "misure di ricapitalizzazione dell'impresa", nonché all'eventuale ricorso a mezzi di regolazione dell'insolvenza negoziati con i creditori, quali i piani di modifica convenzionale delle scadenze dei debiti ed i concordati (anche stragiudiziali). Per quel che attiene al concordato giudiziale, la previsione normativa si raccorda con l'innovativo disposto del successivo articolo 78, che riconosce non più soltanto all'imprenditore insolvente, ma anche ai terzi, la facoltà di presentare proposte concordatarie (infra, § 4.7.3). In tal modo, il concordato di cui all'articolo 214 della legge fallimentare — che ha rappresentato fino ad oggi una soluzione esclusivamente "esogena" alla procedura — potrà essere incluso nell'ambito delle previsioni di programma, assurgendo, così, a rimedio "strutturale" per il conseguimento dei suoi obiettivi.
L'iter procedurale del programma è definito dagli articoli 57, 59, 60 e 66, riguardanti rispettivamente l'autorizzazione alla sua esecuzione, le forme di pubblicità, la modifica o sostituzione del programma autorizzato e la proroga del programma di cessione.
Stabilito il principio per cui l'esecuzione del programma deve essere autorizzata dall'autorità di vigilanza, l'articolo 57 detta disposizioni in ordine ai tempi di intervento dell'autorizzazione — comprensivi anche di un meccanismo di silenzio-assenso — il cui obiettivo è, anche nel frangente, di evitare la creazione di "spazi franchi" di dilatazione temporale della procedura: e ciò in correlazione all'enunciato conclusivo per cui i termini (annuale o biennale) di durata del programma decorrono dalla data dell'autorizzazione stessa.
Per quanto attiene alle forme di pubblicità, l'articolo 59 prevede la comunicazione del programma autorizzato al tribunale, al fine del suo deposito in cancelleria, ove qualunque interessato può prenderne visione ed estrarne copia. In contemplazione dell'eventualità che il programma contenga notizie riservate (ad esempio, in ordine ai processi produttivi, alle trattative già avviate o alle strategie future di intervento), la cui intempestiva diffusione potrebbe pregiudicare l'attuazione del programma stesso, si è peraltro previsto che il giudice delegato — su segnalazione specifica del commissario straordinario — possa disporre il deposito di una copia del programma depurata di dette notizie (la cui mancanza dovrà essere comunque opportunamente evidenziata).
L'articolo 60 consente la modifica del programma autorizzato o la sua sostituzione con un programma che adotti l'indirizzo alternativo rispetto a quello originariamente prescelto. La previsione è motivata dall'opportunità di evitare una eccessiva rigidezza del sistema, permettendo di far fronte, con adeguate correzioni di rotta, a mutamenti della situazione di fatto non preventivati in sede di impostazione del programma: ben potrebbero verificarsi, infatti, sia l'ipotesi di una positiva evoluzione del mercato che consenta il passaggio dalla prospettiva della cessione a quella del risanamento; sia l'ipotesi inversa di un insuccesso del tentativo di risanamento che lasci però integre le possibilità di vendita dei complessi aziendali funzionanti. La norma è peraltro congegnata in modo da evitare in ogni caso che la modifica o la sostituzione del programma possano essere surrettiziamente utilizzate allo scopo di dilatare i tempi massimi della procedura. Si prevede, altresì, con specifico riferimento all'ipotesi di sostituzione di un programma di cessione con un programma di ristrutturazione, che le azioni revocatorie eventualmente promosse dal commissario straordinario in base alla disposizione dell'articolo 49, comma 1 (retro, § 4.3), restino sospese sino a quando è in corso l'esecuzione del programma sostitutivo. Si intende che la prosecuzione di tali azioni, ai fini di una pronuncia "di merito", potrà aversi solo nel caso di insuccesso del programma (ergo, nel fallimento conseguente alla conversione dell'amministrazione straordinaria): diversamente — non essendovi più luogo alla revoca degli atti impugnati, a fronte del sopravvenuto superamento dell'insolvenza — la prosecuzione potrà essere finalizzata esclusivamente alla pronuncia sulle spese di giudizio, sulla base di un criterio di "soccombenza virtuale".
Da ultimo, l'articolo 66 prevede che ove alla scadenza del programma di cessione dei complessi aziendali quest'ultima non sia ancora avvenuta per intero (laddove, peraltro, il requisito dell'interezza va riferito alle previsioni del programma e non alla totalità dei complessi aziendali di cui l'impresa era titolare all'origine, ben potendo essere prevista la dismissione dei rami secondari di attività: retro, § 4.1), ma risultino in corso trattative di imminente definizione, il commissario possa chiedere, con l'autorizzazione del Ministero dell'industria, sentito il comitato di sorveglianza, la proroga del termine di scadenza. Competente alla concessione della proroga è il tribunale, che può peraltro assentirla una sola volta e per un periodo non superiore a tre mesi. La disposizione si riconnette al criterio di delega di cui all'articolo 1, comma 2, lettera t), numero 1), della legge n. 274 del 1998, in forza del quale, nel caso di autorizzazione di un programma di cessione dei complessi aziendali, deve farsi luogo alla conversione della procedura di amministrazione straordinaria in fallimento, non già quando alla scadenza i complessi aziendali non siano stati ancora ceduti, ma quando, alla stessa data, "non siano ancora maturate le condizioni" per tale cessione. L'istruzione del legislatore delegante è stata seguita — senza vulnerare il più volte ricordato principio di "certezza dei tempi" — accordando al tribunale una facoltà di proroga temporalmente circoscritta allorché si evidenzi una seria possibilità di buon esito delle iniziative di cessione nel periodo immediatamente successivo alla scadenza "fisiologica".
A prescindere dall'evenienza ora ricordata, la verifica sull'esecuzione del programma e sull'andamento dell'esercizio dell'impresa avviene sulla scorta di relazioni trimestrali presentate dal commissario straordinario al Ministero dell'industria e successivamente trasmesse, con il parere del comitato di sorveglianza, al tribunale che ha dichiarato l'insolvenza ai fini del deposito in cancelleria, a disposizione di ogni interessato. Alla scadenza del programma deve essere inoltre depositata una relazione finale che illustra gli esiti complessivi della sua esecuzione, specificando se gli obiettivi prefissati siano stati o meno conseguiti (articolo 61).
Meritevole di distinta analisi — a fronte della stessa scaturigine "storica" della presente riforma — è l'attuazione del principio direttivo di cui all'articolo 1, comma 2, lettera n), della legge delega, che impone la conformazione della disciplina della prosecuzione dell'esercizio dell'impresa, in entrambe le alternative di programma, alle disposizioni ed agli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà.
Alla stregua degli orientamenti comunitari attualmente in vigore (pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee C 368 del 23 dicembre 1994 e prorogati, da ultimo, fino al 31 dicembre 1999 giusta comunicazione della Commissione pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee C 67 del 10 marzo 1999), tutti gli aiuti di Stato diretti al salvataggio ed alla ristrutturazione di grandi imprese, in quanto ricadenti nell'area di operatività del divieto di cui all'articolo 92, paragrafo 1, del trattato CE (nuovo articolo 87, in base alle tabelle di corrispondenza allegate al trattato di Amsterdam), debbono essere notificati individualmente alla Commissione europea, la quale, nel termine di due mesi, si pronuncia in ordine all'applicabilità delle deroghe previste dai paragrafi 2 e 3 del medesimo articolo (punto 4.2 degli orientamenti). A tale fine, l'indicato testo comunitario, dopo aver delineato le connotazioni distintive delle due forme di aiuto (al salvataggio e alla ristrutturazione), stabilisce specifiche condizioni in ordine alla natura ed alle modalità degli aiuti concedibili nell'una e nell'altra prospettiva.
Esclusa, peraltro, la possibilità di un diretto recepimento di siffatti dettami nel decreto delegato, per l'intuitiva ragione della loro mutevolezza nel tempo, la direttiva parlamentare è stata attuata enunciando in termini generali l'obbligo di adeguamento del programma agli orientamenti in parola, quante volte ricorrano i relativi presupposti di applicazione, ed innestando correlativamente nel procedimento di autorizzazione del programma da parte dell'autorità di vigilanza l'eventuale momento endoprocedimentale di autorizzazione comunitaria.
Più in particolare, l'articolo 55, comma 2, nell'enunciare i criteri generali di definizione del programma, ne impone l'adeguamento alla disciplina di che trattasi in tutti i casi in cui esso contempli il ricorso ad agevolazioni pubbliche non rientranti nel novero delle misure autorizzate (in via generale) dalla Commissione europea, tra cui, in primis, quella specificamente prevista per le imprese in amministrazione straordinaria dal già più volte citato articolo 2-bis del decreto-legge n. 26 del 1979 (id est, la garanzia del Tesoro dello Stato per i debiti bancari finalizzati al finanziamento della gestione corrente, alla riattivazione ed al completamento di impianti, immobili ed attrezzature industriali).
A sua volta, l'articolo 56, nel definire i contenuti del programma, stabilisce, alla lettera d) del comma 1, che esso debba specificamente indicare i finanziamenti e le altre agevolazioni pubbliche di cui è prevista l'utilizzazione, in modo da corrispondere, non soltanto ad evidenti esigenze di coordinamento, ma anche alla necessità di una valutazione preventiva e complessiva delle risorse pubbliche mobilitate per il "salvataggio" o la "ristrutturazione" dell'impresa: condizione, questa, indispensabile ai fini dell'eventuale nulla osta comunitario all'esecuzione del programma.
Per quanto attiene poi a quest'ultimo, l'articolo 58 stabilisce che nel caso in cui il programma preveda l'attivazione di finanziamenti o agevolazioni pubbliche soggette a preventiva autorizzazione comunitaria, il termine per l'emanazione dell'autorizzazione ministeriale all'esecuzione del programma decorra dalla data della decisione della Commissione europea. Nell'impossibilità, peraltro, di assoggettare la pronuncia comunitaria ad un termine (e, tanto meno, di prevedere in rapporto alla stessa meccanismi di silenzio-assenso), l'esigenza di evitare ampliamenti temporali non preventivabili della fase prodromica all'avvio del programma viene soddisfatta prevedendo che, nel caso di diniego espresso o di mancata pronuncia della Commissione entro centoventi giorni dalla presentazione del programma stesso, il commissario sia tenuto comunque a predisporre un nuovo programma che non contempli il ricorso ai finanziamenti ed alle agevolazioni in discorso.
Gli articoli 62, 63, 64 e 65 disciplinano la liquidazione dei beni delle imprese in amministrazione straordinaria: liquidazione che rappresenta un momento "istituzionale" del programma di cessione dei complessi aziendali, ma che può aver luogo — entro i limiti definiti a norma dell'articolo 56., comma 1, lettera b) — anche nella cornice di un programma inteso al risanamento dell'impresa.
La ricordata semplificazione del regime autorizzatorio degli atti del commissario straordinario (ivi compresi quelli di esecuzione del programma) (retro, § 4.2) si coniuga, per tal rispetto, ad un insieme di previsioni normative volte ad assicurare l'omogeneità, la trasparenza e l'imparzialità delle procedure di vendita.
L'articolo 62, nel sancire la libertà delle forme delle vendite dei beni di imprese in amministrazione straordinaria, fissa in tale prospettiva tre ordini di vincoli, imponendo ai commissari il rispetto dei criteri procedurali generali stabiliti dal Ministero dell'industria, la preventiva valutazione dei beni ad opera di esperti e l'adozione di idonee forme di pubblicità per la vendita di beni immobili, aziende e rami d'azienda il cui valore superi i cento milioni di lire.
Sempre con riferimento alla vendita di aziende e di rami di azienda, si è già segnalato come per esse venga richiesto in ogni caso il parere del comitato di sorveglianza e l'autorizzazione dell'autorità di vigilanza (articolo 42), trattandosi di atti suscettivi di segnare il momento centrale di attuazione del programma autorizzato.
Disposizioni particolari sono poi dettate dall'articolo 63 con riguardo la vendita di aziende o di rami di azienda in esercizio, nell'ottica di garantire il raggiungimento delle finalità di salvaguardia sul piano produttivo e occupazionale, proprie e caratteristiche dell'amministrazione straordinaria.
Il comma 1 del citato articolo, riproducendo sostanzialmente il disposto dell'articolo 2, primo comma, del decreto-legge 9 aprile 1984, n. 62, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 giugno 1984, n. 212, stabilisce, anzitutto, che ai fini della valutazione dei cespiti in discorso debba tenersi conto della redditività, anche se negativa, all'epoca della stima e nel biennio successivo: con ciò imponendo di quantificare, non già il valore patrimoniale "astratto" dei beni aziendali, bensì l'effettivo valore di mercato dell'azienda in funzionamento. Tale soluzione appare, per vero, tanto più ineludibile nella cornice del nuovo sistema, a fronte dell'esigenza di pervenire — nel caso di adozione del primo dei due alternativi indirizzi della procedura — alla cessione dei complessi aziendali in esercizio entro i termini di scadenza (originari o prorogati) del programma, onde evitare la conversione della procedura stessa in fallimento (conversione che risulterebbe invero illogica, ove conseguente all'obbligo di esitare le aziende per un prezzo iniziale del tutto "fuori mercato").
Il fulcro della disciplina è peraltro rappresentato dai commi 2 e 3 dello stesso articolo 63, ove si prevedono, rispettivamente, speciali condizioni della vendita, che incidono sui contenuti essenziali delle offerte di acquisto, e peculiari criteri di scelta dell'acquirente, che affiancano il parametro "ordinario", rappresentato dal mero ammontare del corrispettivo offerto.
Condicio sine qua non per poter accedere all'acquisto è, infatti, che l'acquirente si obblighi contrattualmente a proseguire per almeno un biennio le attività imprenditoriali, mantenendo per il medesimo periodo determinati livelli occupazionali. A differenza che nella disciplina previgente (v. l'articolo 2, secondo comma, del decreto-legge n. 62 del 1984), tale condizione è svincolata dalla circostanza che si tratti di vendita effettuata sulla base di una valutazione fondata sulla redditività negativa, a ribadire che la continuità produttiva rappresenta in ogni caso un obiettivo coessenziale alla procedura.
Su un piano di logica conseguenzialità, si prevede poi che la scelta dell'acquirente debba essere effettuata tenendo conto — oltre che dell'entità delle singole offerte — anche delle condizioni soggettive degli offerenti, valutandone l'affidabilità nella prospettiva della prosecuzione delle attività imprenditoriali; nonché dei contenuti del piano di prosecuzione da essi concretamente presentato, tanto sotto l'aspetto produttivo che sotto quello della garanzia di mantenimento dei livelli occupazionali.
I commi 4 e 5 dell'articolo 63 regolano, infine, la sorte dei rapporti di lavoro e dei debiti relativi all'azienda ceduta, in sintonia con la direttiva comunitaria 97/50/CE del Consiglio del 29 giugno 1998, che ha significativamente innovato il panorama normativo anteriore.
L'articolo 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428, recependo la direttiva 77/187/CEE del Consiglio del 14 febbraio 1977, ha stabilito, infatti, come è noto, l'automatica continuazione con l'acquirente dei rapporti di lavoro nel caso di trasferimento dell'azienda e la solidarietà dell'acquirente e dell'alienante in ordine ai crediti maturati dai lavoratori al tempo del trasferimento (articolo 2112, primo e secondo comma, del codice civile, come novellato). Eccezioni a tale rigoroso regime erano previste in limitatissimi casi, tra i quali figurava bensì, per quanto qui interessa, quello della sottoposizione dell'alienante alla procedura di amministrazione straordinaria, ma solo allorché non fosse stata disposta o fosse cessata la continuazione dell'esercizio dell'impresa (articolo 47, comma 5, della legge n. 428 del 1990).
La nuova direttiva 97/50/CE, modificando la 77/187/CEE, contempla, di contro — opportunamente — un nuovo e più articolato ventaglio di deroghe al principio della continuità del rapporto di lavoro nel caso di trasferimento d'azienda. In particolare, essa prevede che, nei casi in cui il cedente risulti sottoposto a "procedure di insolvenza", ancorché non aventi finalità liquidatorie, gli Stati membri possano riconoscere alle parti interessate (cedente, cessionario e rappresentanza dei lavoratori) la facoltà di concordare "modifiche delle condizioni di lavoro … intese a salvaguardare le opportunità occupazionali garantendo la sopravvivenza dell'impresa, dello stabilimento o di parte di imprese o di stabilimenti" (articolo 4-bis, paragrafo 2, lettera b, della direttiva 77/187/CEE, come modificata).
In accordo con tale enunciato, l'articolo 63, comma 4, stabilisce, quindi, che nell'ambito delle consultazioni previste dall'articolo 47 della legge n. 428 del 1990, il commissario straordinario, l'acquirente dell'azienda ed i rappresentati dei lavoratori possano convenire il trasferimento solo parziale dei lavoratori alle dipendenze dell'acquirente ed ulteriori modifiche delle condizioni di lavoro (s'intende, nei limiti consentiti dalle norme vigenti in materia). L'indicazione di un obiettivo di sopravvivenza solo parziale delle aziende o degli stabilimenti, contenuta nella citata norma comunitaria, dimostra infatti che il riferimento, ivi parimenti racchiuso, alle "modifiche delle condizioni di lavoro" abbraccia anche l'ipotesi di una continuazione numericamente ridotta dei rapporti di lavoro in essere con l'imprenditore cedente.
La direttiva 97/50/CE sancisce, in pari tempo, la derogabilità della regola della solidarietà del cessionario con il cedente in ordine ai pregressi crediti dei lavoratori, a condizione che la legislazione dello Stato membro accordi a tali crediti una tutela non inferiore a quella contemplata dalla direttiva 80/987/CEE del Consiglio del 20 ottobre 1980, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro.
Posto che nel nostro ordinamento detta tutela è accordata, riguardo ai crediti dei lavoratori di imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria, dall'articolo 2 della legge 29 maggio 1982, n. 297 e dagli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 80, di recepimento della direttiva da ultimo indicata, tramite la previsione dell'intervento dell'apposito Fondo di garanzia (intervento al cui raccordo con la nuova disciplina della procedura provvede l'articolo 102 del presente decreto), l'articolo 63, comma 5, del presente decreto esclude in via generale, salva diversa convenzione, la responsabilità dell'acquirente per i debiti — ergo, anche verso i lavoratori — relativi all'esercizio dell'azienda ceduta anteriore al trasferimento.
Il successivo articolo 64 — sulla scia di quanto già previsto dall'articolo 6, terzo comma, del decreto-legge n. 26 del 1979 — stabilisce che la cancellazione delle iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli gravanti sui beni trasferiti (che nell'ambito della ordinaria procedura di espropriazione, e dunque anche nel fallimento, è ordinata dal giudice) sia invece disposta, quando il trasferimento avvenga nell'ambito dell'amministrazione straordinaria, dal Ministero dell'industria.
La disciplina della liquidazione è completata dall'articolo 65, che attribuisce al tribunale che ha dichiarato lo stato di insolvenza la competenza a conoscere delle impugnazioni avverso i provvedimenti e gli atti di liquidazione dei beni di imprese in amministrazione straordinaria che risultino lesivi di diritti soggettivi. Tale soluzione — speculare rispetto a quella adottata dall'articolo 1 della legge 23 agosto 1988, n. 391, che affidava per converso indistintamente la cognizione di dette impugnative (limitatamente peraltro alle vendite) ai tribunali amministrativi regionali — nell'uniformarsi ai principi generali dell'ordinamento in materia di riparto della giurisdizione, risponde, come già rimarcato, a criteri di coerenza con la complessiva struttura della nuova disciplina (retro, § 1.2). L'esigenza — particolarmente avvertita — di pervenire in tempi brevi alla definizione delle controversie incidentali alla procedura, ha suggerito per altro verso di prevedere che le impugnazioni in questione vengano decise nelle forme snelle del procedimento in camera di consiglio (così come del resto avviene per le omologhe impugnative in ambito fallimentare), anziché in quelle dell'ordinario giudizio di cognizione.

4.6. Ripartizione dell'attivo

Il capo VI del titolo III reca disposizioni relative alla ripartizione dell'attivo.
Vale al riguardo premettere che una vera e propria fase di ripartizione dell'attivo si innesta nell'ambito dell'amministrazione straordinaria solo quando venga adottato l'indirizzo della cessione dei complessi aziendali: ciò in quanto l'indirizzo alternativo della ristrutturazione economico-finanziaria prelude, in caso di raggiungimento degli obiettivi, al ritorno in bonis dell'imprenditore e, in caso contrario, alla conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento (al riguardo, v. amplius infra, § 4.7.2).
Sul presupposto, dunque, dell'avvenuta adozione di un programma di cessione, l'articolo 67 regola i profili procedimentali del riparto, introducendo — come dato innovativo saliente — quello dell'integrale estensione all'amministrazione straordinaria delle disposizioni che presiedono alla ripartizione dell'attivo in ambito fallimentare (sulle ragioni di tale soluzione, v. retro, § 1.2). Si prevede, in particolare, che ogni quattro mesi a partire dalla data di scadenza del programma, ovvero dalla data di deposito del decreto che dichiara esecutivo lo stato passivo a norma dell'articolo 97 della legge fallimentare, se successiva, il commissario straordinario presenti al giudice delegato un prospetto delle somme disponibili ed un progetto di ripartizione delle medesime, corredato dal parere del comitato di sorveglianza. La ripartizione ha quindi luogo secondo il medesimo iter proprio della procedura fallimentare. La ripartizione finale è preceduta dalla presentazione del conto della gestione e dalla liquidazione del compenso al commissario straordinario a norma dell'articolo 75.
Se la ripartizione dell'attivo in senso proprio è collegata al programma di cessione, la distribuzione di acconti ai creditori — regolata dall'articolo 68 con disposizioni che surrogano quelle dell'articolo 212, secondo comma, della legge fallimentare — è invece possibile indipendentemente dal tipo di programma adottato.
La facoltà di distribuire acconti ai creditori, o ad alcune categorie di essi, riconosciuta al commissario straordinario previo parere del comitato di sorveglianza, è peraltro soggetta ad un triplice ordine di condizioni. Anzitutto, e sotto il profilo finalistico, la distribuzione deve tenere conto delle esigenze connesse all'esercizio dell'impresa: deve tradursi, cioè, in una operazione che non solo non contrasti (in primis, sul piano di una eccessiva perdita di liquidità), ma anzi agevoli (ad esempio, favorendo l'ottenimento di nuove forniture di beni o servizi) l'esercizio stesso. Ed è proprio sulla base di tale criterio finalistico che — salvo il concomitante criterio di preferenza dettato dal comma 2 dello stesso articolo 68 — il commissario straordinario dovrà operare l'eventuale selezione delle categorie di creditori beneficiarie degli acconti.
In secondo luogo, poi, e sotto il profilo sostanziale, la distribuzione non deve comportare violazioni della par condicio creditorum, costringendo a successive problematiche azioni di recupero nei confronti dei fruitori: gli acconti potranno pertanto essere elargiti nei soli limiti delle somme prevedibilmente attribuibili ai singoli creditori in via definitiva nel rispetto delle cause legittime di prelazione.
Da ultimo, e sotto il profilo procedimentale, la distribuzione dovrà essere autorizzata dal giudice delegato, come espressione della competenza riconosciuta all'autorità giudiziaria per tutto ciò che attiene al riparto dell'attivo.
Il comma 2 dell'articolo 68, nel dettare criteri di preferenza nell'attribuzione degli acconti, si connette alla istruzione impartita dall'articolo 1, comma 2, lettera q), della legge delega, laddove si fa carico all'esecutivo di assicurare, "ai sensi delle disposizioni approvate con regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, la tutela dei crediti maturati dalle imprese fornitrici antecedentemente alla dichiarazione dello stato di insolvenza". A siffatta statuizione, per vero di non univoca valenza precettiva, si è ritenuto di poter dare attuazione stabilendo che, nel riparto degli acconti, debba essere data preferenza — sempre nel rispetto delle condizioni stabilite nel comma 1 — oltre che ai crediti dei lavoratori subordinati (come già previsto dall'articolo 2, settimo comma, del decreto-legge n. 26 del 1979), ai crediti degli imprenditori per le vendite e somministrazioni di beni e per le prestazioni di servizi effettuate a favore dell'impresa insolvente nei sei mesi precedenti la dichiarazione dello stato di insolvenza.

4.7. Cessazione della procedura
4.7.1. Conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento

Il capo VII del titolo III reca la disciplina della cessazione della procedura. Quest'ultimo è un concetto "di genere" che abbraccia due ipotesi distinte: la conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento (cui è dedicata la sezione I), che rappresenta una cessazione "traumatica" conseguente all'insuccesso (sperimentato o preventivabile) dell'esperimento conservativo; e la chiusura della procedura (regolata dalla sezione II), che costituisce, per converso, la cessazione "fisiologica" nel caso di conseguimento degli obiettivi sperati.
Comun denominatore delle varie fattispecie di cessazione è l'attribuzione al tribunale della competenza ad accertare la ricorrenza dei relativi presupposti: ciò che — come già ampiamente rimarcato — contribuisce a fornire la chiave di lettura della nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria, la quale, da procedura alternativa al fallimento sottratta alla competenza del giudice, diviene momento di un articolato procedimento di gestione dell'insolvenza il cui "governo" è ricondotto, nei passaggi-cardine, all'autorità giudiziaria.
Conformemente a quanto stabilito dalla legge delega (articolo 1, comma 2, lettere s e t), la conversione in fallimento può avvenire sia nel corso della procedura che al termine del periodo di esecuzione del programma.
Il primo caso, disciplinato dall'articolo 69 e che riproduce, nella sostanza, l'ipotesi di cessazione anticipata della procedura di amministrazione controllata di cui all'articolo 192, terzo comma, della legge fallimentare, ricorre allorché, in qualunque momento nel corso della procedura, risulta che la stessa "non può essere utilmente proseguita". Il provvedimento di conversione è adottato dal tribunale su richiesta del commissario straordinario (il quale deve preventivamente riferire della propria iniziativa al Ministro dell'industria), ovvero d'ufficio (elementi per l'iniziativa officiosa potranno essere evidentemente tratti dalle relazioni periodiche del commissario stesso circa l'andamento della procedura).
A tale ultimo riguardo, si è invero ritenuto che la statuizione dell'articolo 1, comma 2, lettera s), della legge delega — che si limita a prevedere l'obbligo del commissario straordinario di riferire all'autorità di vigilanza ed al tribunale circa l'impossibilità di utile continuazione — non dovesse intendersi come preclusiva di una attivazione ex officio del procedimento di conversione: e ciò anche in correlazione alla previsione della successiva lettera t, che, con riguardo alla parallela ipotesi della conversione al termine della procedura, pone in primo piano l'intervento del tribunale, senza far menzione dell'iniziativa del commissario. Del resto, una diversa soluzione normativa — una soluzione, cioè, che condizionasse in via monopolistica alla richiesta del commissario straordinario la conversione in corso della procedura — risulterebbe fortemente sospetta di illegittimità costituzionale, in quanto subordinerebbe all'insindacabile apprezzamento dell'organo gestorio designato dall'autorità amministrativa l'adozione di un provvedimento giurisdizionale necessario ai fini di evitare l'aggravamento del dissesto e, dunque, finalizzato a tutelare il coacervo di interessi da esso coinvolti (tra cui, anzitutto, quelli dei creditori).
Non è apparso opportuno, per converso, prevedere una concorrente legittimazione a richiedere la conversione in capo all'imprenditore insolvente, ai creditori o ad altri possibili interessati, ciò che avrebbe potuto dar esca, in concreto, a manovre "di disturbo" suggerite da fini non commendevoli. La carenza di una legittimazione formale, non esclude, peraltro, ovviamente, che gli interessati possano indirizzare al tribunale segnalazioni motivate intese ad eccitare l'esercizio del potere di conversione officiosa.
L'articolo 70 regola la conversione della procedura al termine del periodo di esecuzione del programma. Il presupposto è l'avvenuto accertamento — che si gioverà, di norma, soprattutto delle risultanze della relazione finale del commissario straordinario, chiamato ad esprimere un giudizio specifico sul punto (articolo 61, comma 3) — del mancato conseguimento degli obiettivi "tipici" dell'amministrazione straordinaria in rapporto all'"indirizzo" concretamente adottato: id est, nel caso di programma di cessione aziendale, la mancata realizzazione, in tutto o in parte, della cessione stessa (sulla valenza del riferimento alla mancata cessione parziale, v. peraltro retro, § 4.1); e, nel caso di programma di ristrutturazione, il mancato recupero da parte dell'imprenditore della capacità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.
L'articolo 71 detta le regole procedurali della conversione (che è disposta con decreto motivato), assicurando il preventivo contraddittorio fra le parti e la facoltà di proporre reclamo avverso il provvedimento positivo o negativo del tribunale alla corte di appello.

4.7.2. Chiusura della procedura

La sezione II del capo VII del titolo III si occupa della cessazione della procedura nel caso di positivo esito del programma ("chiusura").
La disciplina della chiusura si presenta, per vero, significativamente diversificata a seconda del tipo di programma concretamente prescelto, in linea logica con la relativa caratterizzazione.
Nel caso, infatti, di adozione dell'indirizzo della cessione dei complessi aziendali, ove il programma sia attuato nei tempi prefissati (originari o prorogati ex articolo 66), la liquidazione dei beni residui ed il riparto dell'attivo hanno luogo nell'ambito della stessa amministrazione straordinaria: il conseguimento degli obiettivi di programma non comporta, pertanto, l'immediata chiusura della procedura, ma soltanto la cessazione dell'esercizio dell'impresa, che è dichiarata dal tribunale con apposito decreto (articolo 73), a seguito del quale la procedura stessa — che prosegue ai fini dell'esaurimento di dette attività — è considerata, ad ogni effetto, come liquidatoria (precisazione, quest'ultima, che vale ad assicurare il raccordo con le disposizioni delle leggi speciali che fanno riferimento alle procedure concorsuali aventi tale connotazione). Nel caso di fruttuosa realizzazione di un programma di ristrutturazione economico-finanziaria, per converso, alla chiusura si provvede omisso medio.
Quanto, poi, alle singole fattispecie di chiusura, mentre ove sia adottato un programma di ristrutturazione la chiusura si verifica (oltre che per l'assenza di domande di ammissione al passivo) nella duplice ipotesi del recupero della solvibilità dell'impresa e del passaggio in giudicato della sentenza che approva il concordato; nel caso del programma di cessione alle predette fattispecie si aggiunge — rappresentando, anzi, l'ipotesi "normale" — quella della ripartizione finale dell'attivo tra i creditori (articolo 74).
Competente a dichiarare la chiusura, come già rimarcato, è il tribunale, che provvede con decreto motivato su istanza del commissario straordinario o dell'imprenditore insolvente, ovvero d'ufficio. A differenza di quanto avviene per la chiusura del fallimento a mente dell'articolo 119 della legge fallimentare — che è stato, per tal rispetto, oggetto di censura — si prevede, tramite il richiamo alle corrispondenti disposizioni in tema di impugnazione dei provvedimenti relativi alla conversione, la possibilità di proporre reclamo alla corte di appello anche avverso il decreto di rigetto dell'istanza (articolo 76).
Da ultimo, colmando una lacuna della pregressa disciplina, l'articolo 77 prevede espressamente, in analogia con l'articolo 121 della legge fallimentare, la possibilità della riapertura della procedura nel caso in cui la stessa sia stata chiusa per avvenuto compimento della ripartizione finale dell'attivo. La riapertura è condizionata alla sopravvenienza nel patrimonio dell'imprenditore di attività tali da rendere utile il provvedimento o all'offerta, da parte dell'imprenditore medesimo, della garanzia di pagare almeno il dieci per cento ai creditori vecchi e nuovi. La particolarità consiste in ciò, che — stante il carattere esclusivamente liquidatorio e satisfattivo che l'ulteriore segmento di procedura assume — alla riapertura si accompagna comunque la conversione della procedura in fallimento, in vista della sua gestione nell'alveo più "naturale".

4.7.3. Concordato

La sezione III del capo VII del titolo III è dedicata alla speciale forma di chiusura della procedura rappresentata dal concordato.
Come già anticipato (reatro, § 4.5), la rilevante novità apportata rispetto alla disciplina di cui all'articolo 214 della legge fallimentare, in tema di liquidazione coatta amministrativa, consiste nel riconoscimento della legittimazione a proporre la domanda di concordato, oltre che all'imprenditore insolvente, anche al terzo, ferma restando la necessità dell'autorizzazione ministeriale. Riempiendo, altresì, il pregresso "vuoto dei fini", vengono specificati anche i parametri generali in base ai quali tale autorizzazione deve essere concessa o negata: vale a dire, la convenienza del concordato e la sua compatibilità con il fine conservativo della procedura.
Per il resto, l'articolo 78 si limita ad adattare l'accennata disciplina di cui all'articolo 214 della legge fallimentare alle particolarità della procedura stessa; mentre il successivo articolo 79 ripropone, in rapporto all'amministrazione straordinaria, la disposizione dettata, in materia fallimentare, dall'articolo 154 della legge fallimentare riguardo al concordato particolare del socio nel caso di ammissione alla procedura di società con soci illimitatamente responsabili.

5. Gruppo di imprese
5.1. Estensione dell'amministrazione straordinaria alle imprese del gruppo

È noto come, prendendo commendevolmente atto della nuova e prorompente realtà economica che vede privilegiate in modo sempre più massiccio forme di organizzazione "molecolare" dell'attività imprenditoriale, in luogo di quella "atomistica" avuta tradizionalmente di mira dall'ordinamento, il legislatore del decreto-legge n. 26 del 1979 avesse riconosciuto — in termini all'epoca fortemente innovativi — rilevanza unitaria al fenomeno dei gruppi nell'ambito della gestione dell'insolvenza, prevedendo l'assoggettamento ad amministrazione straordinaria delle imprese facenti parte di un gruppo anche quando talune di esse risultassero prive dei prescritti requisiti dimensionali, e dettando, altresì, disposizioni tese a combattere la nota prassi di svuotamento patrimoniale attuata con la tecnica delle cosiddette "scatole cinesi".
Su tale versante, la legge delega si limita ad impartire al legislatore delegato la direttiva dell'estensione della procedura alle imprese insolventi del gruppo, senza dettare ulteriori principi e criteri in ordine alla disciplina di attuazione, fatta eccezione per quello della introduzione di un principio di selettività fondato sulla preventiva valutazione della capacità dell'impresa di recuperare l'equilibrio economico delle attività imprenditoriali o della opportunità della gestione unitaria nell'ambito del gruppo (articolo 1, comma 2, lettera i).
L'enunciato parlamentare trova riscontro nel titolo IV del decreto, le cui disposizioni risultano ripartite in due capi, in corrispondenza ai due accennati obiettivi fondamentali della disciplina: gestione unitaria dell'insolvenza nell'ambito del gruppo (capo I) e misure di contrasto delle pratiche di svuotamento patrimoniale (capo II).
Sull'uno e sull'altro versante, si è provveduto a razionalizzare la regolamentazione preesistente, adeguandola all'evoluzione normativa in tema di "gruppo" avutasi nel ventennio successivo all'entrata in vigore del decreto-legge n. 26 del 1979 ed alla differente impostazione e struttura assunta, per effetto del presente decreto, dall'istituto dell'amministrazione straordinaria.
In tale ottica, l'articolo 80 provvede anzitutto alla perimetrazione del gruppo ai fini dell'estensione della procedura, riproponendo, con opportuni adattamenti, la definizione già contenuta nel primo comma dell'articolo 3 del decreto-legge n. 26 del 1979: definizione basata su una "tecnica mista", che per un verso amplia il riferimento al concetto di controllo codificato dall'articolo 2359 del codice civile in guisa da ricomprendere anche le "società sorelle" e le ramificazioni "orizzontali" del fenomeno delle compartecipazioni, e per l'altro consente di avvalersi di ulteriori indici rivelatori esterni ai fini dell'accertamento del vincolo di gruppo. L'estensione potrà aversi, in particolare, riguardo alle imprese direttamente od indirettamente controllanti la società assoggettata ad amministrazione straordinaria; alle società direttamente od indirettamente controllate dall'impresa in amministrazione straordinaria o dall'impresa che la controlla; e, infine, alle imprese che, per la composizione degli organi amministrativi o sulla base di altri concordanti elementi, risultino sottoposte a direzione comune a quella dell'impresa assoggettata alla procedura. Quest'ultima ipotesi, con il generico riconoscimento della possibilità di desumere la direzione comune da "concordanti elementi", diversi da quelli previamente elencati, assorbe la specifica previsione, già contenuta nel citato articolo 3, primo comma, lettera d), del decreto-legge n. 26 del 1979, che elevava ad indice del rapporto di gruppo la concessione di prestiti o garanzie per un importo superiore ad un terzo del valore complessivo delle attività.
L'articolo 81 sancisce quindi il principio per cui, una volta ammessa all'amministrazione straordinaria una impresa appartenente ad un gruppo, che abbia i prescritti requisiti dimensionali e le richieste condizioni di "recuperabilità" ("procedura madre", secondo la definizione dell'articolo 80, comma 1, lettera a), le imprese del medesimo gruppo — ove insolventi e soggette alle disposizioni sul fallimento — possono accedere alla procedura ancorché non attingano alla predetta soglia dimensionale. Così come per l'impresa "madre", peraltro, la sola esistenza di siffatti presupposti non basta ancora ad assicurare il concreto assoggettamento ad amministrazione straordinaria, essendo richieste, in via alternativa, a tal fine, due ulteriori condizioni: vale a dire, o l'esistenza, anche per l'impresa del gruppo isolatamente considerata, di concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali; ovvero l'opportunità della gestione unitaria dell'insolvenza nell'ambito del gruppo, da apprezzare segnatamente in rapporto ai collegamenti di natura economica o produttiva esistenti fra le singole imprese ed avendo come parametro il raggiungimento degli obiettivi della procedura, a prescindere dall'esistenza di attività produttive autonomamente suscettibili di salvaguardia (si pensi, così, ad esempio, ai rapporti tra l'impresa che esercita l'attività produttiva risanabile e quella proprietaria degli immobili adibiti a sede dei complessi industriali).
L'accertamento dei presupposti e delle condizioni di accesso alla procedura dell'impresa del gruppo ha luogo con le stesse modalità previste per l'"impresa madre": passando, cioè, attraverso le due distinte e successive fasi della dichiarazione dello stato di insolvenza e dell'apertura dell'amministrazione straordinaria (ovvero, qualora le condizioni manchino, della dichiarazione di fallimento). La competenza resta radicata presso il tribunale del luogo in cui la singola impresa del gruppo ha la sede principale, essendosi scartata (in quanto disfunzionale, a fronte del carattere puramente eventuale dell'ammissione all'amministrazione straordinaria e dei fenomeni di conversione della stessa in fallimento) la soluzione di spostare la competenza presso il tribunale che ha dichiarato l'insolvenza dell'"impresa madre". L'iniziativa per la dichiarazione dell'insolvenza viene comunque attribuita anche al commissario straordinario di quest'ultima.
Al fine di agevolare l'accertamento dell'esistenza di legami di gruppo, l'articolo 83 prevede — in assonanza con quanto già stabilito dall'articolo 3 del decreto-legge n. 26 del 1979 — che il tribunale, il Ministero dell'industria ed il commissario straordinario possano richiedere informazioni alla Commissione nazionale per la società e la borsa (CONSOB) e ad ogni altro pubblico ufficio ed avere dalle società fiduciarie le generalità degli effettivi titolari di diritti sulle azioni intestate a loro nome.
Una particolare disciplina è dettata dall'articolo 84 per l'ipotesi in cui l'impresa del gruppo sia stata dichiarata fallita in base alle ordinarie regole della legge fallimentare prima dell'assoggettamento ad amministrazione straordinaria dell'impresa "madre", e dunque in un momento in cui ancora mancava la condizione primaria per l'operatività delle disposizioni in tema di estensione innanzi esposte (l'articolo 84 non è dunque applicabile al diverso caso in cui, dopo l'apertura della "procedura madre", l'impresa del gruppo venga erroneamente dichiarata fallita ai sensi della legge fallimentare, anziché dichiarata insolvente a norma del presente decreto, dovendo il relativo vizio esser fatto valere con lo strumento dell'opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento ex articolo 18 della legge fallimentare e con gli effetti, nel caso di accoglimento, previsti dall'articolo 35 del presente decreto). In ossequio ai dettami della legge delega (la quale prevede che l'estensione dell'amministrazione straordinaria all'impresa del gruppo possa aver luogo "anche in via di conversione del fallimento"), si prefigura, in detto frangente, un procedimento abbreviato. Il tribunale, su istanza degli interessati o d'ufficio, invita, cioè, il curatore del fallimento ed il commissario straordinario dell'impresa "madre" a presentare una relazione contenente una valutazione motivata circa l'esistenza dei presupposti necessari per la conversione. Indi, a seconda degli esiti della relativa verifica, dispone la conversione del fallimento in amministrazione straordinaria o la prosecuzione della procedura fallimentare.
Alla procedura di amministrazione straordinaria dell'impresa del gruppo sono preposti gli stessi organi nominati per la "procedura madre", salva l'integrazione del comitato di sorveglianza al fine di assicurare adeguata rappresentanza ai creditori dell'impresa stessa; le spese generali della procedura sono imputate alle diverse imprese in proporzione delle rispettive masse attive (articolo 85).
L'impostazione della procedura delle imprese del gruppo è differenziata a seconda della condizione in base alla quale ha avuto luogo l'ammissione. Ove l'impresa sia stata ammessa all'amministrazione straordinaria in quanto "recuperabile", il commissario straordinario redigerà un programma "autonomo" rispetto a quello dell'impresa "madre", secondo la disciplina dettata dagli articoli 54. e seguenti; in caso contrario (quando, cioè, l'ammissione poggi su semplici esigenze di gestione unitaria dell'insolvenza) predisporrà un programma integrativo di quello relativo all'impresa "madre" o ad altra impresa del gruppo assoggettata alla procedura, alle cui sorti resterà legata l'evoluzione della procedura "connessa" (articolo 86).
L'articolo 87 prevede, infine, che la conversione in fallimento o la chiusura della procedura di amministrazione straordinaria dell'impresa "madre" (fatta eccezione per la chiusura per avvenuta ripartizione dell'attivo nell'ambito dell'indirizzo della cessione dei complessi aziendali) determini la conversione in fallimento della procedura di amministrazione straordinaria cui l'impresa del gruppo sia stata assoggettata in ragione della opportunità della gestione unitaria (questa viene, infatti, per ciò solo meno). Viceversa, la procedura dell'impresa del gruppo in grado di elaborare un programma "autonomo" manterrà tale autonomia dalla "procedura madre" anche sul piano degli esiti finali.

5.2. Responsabilità ed azioni revocatorie

Il capo II del titolo IV reca distintamente, nell'ambito della disciplina dei gruppi, le disposizioni intese ad arginare, nel momento "emergenziale" dell'insolvenza, le condotte di indebito depauperamento delle risorse patrimoniali e di illecito travaso di ricchezze dall'una all'altra società del gruppo. Si tratta di disposizioni che fanno perno, con opportuni adattamenti, sugli strumenti della denuncia al tribunale ex articolo 2409 del codice civile, della estensione della responsabilità degli amministratori nei casi di direzione unitaria e della cosiddetta "revocatoria aggravata", già utilizzati dall'articolo 3 del decreto-legge n. 26 del 1979.
La legittimazione a riprodurre siffatte previsioni normative — considerate generalmente tra i momenti più qualificanti della disciplina dei gruppi dettata dal decreto introduttivo dell'amministrazione straordinaria — è parsa senz'altro ricavabile dal ricordato criterio di delega in materia di estensione della procedura alle imprese del gruppo, traguardato alla luce del noto canone ermeneutico, la cui bonitas è stata confermata anche dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, in forza del quale, allorché venga delegato al Governo, ex articolo 76 della Costituzione, il riordino di un intero istituto o settore normativo, i criteri di delega vanno letti nel coordinamento con la normativa anteriore, ove compatibile con la nuova fisionomia impressa dal Parlamento alla materia e sempre che non consti una volontà contraria, espressa o implicita, del medesimo.
Ciò doverosamente puntualizzato, il quid novi consiste nel collegamento dell'operatività delle disposizioni in esame alla dichiarazione dello stato di insolvenza, anziché all'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria: il che val quanto dire che le disposizioni stesse si applicheranno tanto nel caso di apertura di questa, quanto nel caso in cui — a motivo della riscontrata assenza delle relative condizioni o della conversione della procedura — alla declaratoria dell'insolvenza dovesse far seguito la dichiarazione di fallimento. Tale soluzione è apparsa in effetti ineluttabile nella cornice del nuovo sistema, imperniato sulla caduta del carattere di "esclusività" dell'amministrazione straordinaria, sia per scongiurare disparità di trattamento prive di razionale spiegazione, sia per rendere "gestibile" il passaggio dall'una all'altra procedura, evitando, in particolare, che la conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento comporti l'illogica e disfunzionale conseguenza della caducazione delle iniziative giudiziali poste in essere dal commissario straordinario nei confronti delle imprese del gruppo.
L'articolo 88, che reca le definizioni valevoli ai fini dell'applicazione delle norme in rassegna, è tagliato su questa prospettiva. Viene presa in distinta considerazione, peraltro, nella definizione della nozione di "impresa dichiarata insolvente", anche l'ipotesi contemplata dall'articolo 35: quella, cioè, dell'erronea dichiarazione di fallimento dell'impresa avente i requisiti previsti dall'articolo 2.
L'articolo 89 accorda quindi al commissario giudiziale, al commissario straordinario ed al curatore dell'impresa dichiarata insolvente (con riguardo, rispettivamente, alla fase della procedura successiva alla dichiarazione dell'insolvenza e a quelle conseguenti all'apertura dell'amministrazione straordinaria o alla dichiarazione di fallimento) la legittimazione a proporre la denuncia prevista dall'articolo 2409 del codice civile nei confronti degli amministratori e dei sindaci delle società del gruppo, prevedendo, altresì, che, nel caso di accertamento delle irregolarità denunciate, il commissario o il curatore denunciante possa essere nominato amministratore giudiziario a norma del terzo comma del medesimo articolo.
L'articolo 90 disciplina la responsabilità degli amministratori delle società del gruppo nei casi di direzione unitaria, stabilendo che essi rispondano in solido con gli amministratori della società dichiarata insolvente dei danni da questi cagionati alla società stessa. Accogliendo i suggerimenti formulati da una parte della dottrina, che aveva lamentato l'eccessiva genericità e latitudine della omologa previsione dell'articolo 3 del decreto-legge n. 26 del 1979, l'insorgenza della responsabilità è stata peraltro subordinata al concorso di due ulteriori condizioni: da un lato, cioè, ad un connotato di illegittimità del concreto esercizio del potere di direzione, sub specie dell'abuso; dall'altro, ed in pari tempo, alla concreta configurabilità di un nesso causale tra le direttive impartite ed il danno subito dalla società dichiarata insolvente.
Da ultimo, l'articolo 91 ripropone la disciplina delle cosiddette "revocatorie aggravate", prevedendo l'ampliamento dei termini del "periodo sospetto", stabiliti dall'articolo 67 della legge fallimentare, allorquando si sia di fronte ad atti compiuti fra imprese del medesimo gruppo. È parimenti ribadita — estendendola al curatore — la facoltà di richiedere informazioni alla CONSOB, ad altri pubblici uffici ed alle società fiduciarie ai fini dell'esperimento di tali azioni.

6. Disposizioni comuni di procedura

Il titolo V raggruppa disposizioni a carattere procedurale applicabili "trasversalmente" nelle diverse fasi in cui la procedura concorsuale si articola.
Surrogando la disposizione già contenuta nell'articolo 50-bis, primo comma, numero 2), del codice di procedura civile, introdotto dall'articolo 56 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 (che a propria volta riproduceva quella dettata dall'articolo 48, secondo comma, numero 5, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 88 della legge 26 novembre 1990, n. 353), l'articolo 92 del presente decreto stabilisce che il tribunale adotta tutti i provvedimenti previsti come di sua competenza dal decreto medesimo — a cominciare dalla sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza — in composizione collegiale; e che in composizione collegiale parimenti pronuncia, nell'ambito della procedura regolata dal decreto stesso, sulle cause relative all'accertamento del passivo di cui agli articoli 98 e seguenti della legge fallimentare e sulle cause di approvazione del concordato previste dall'articolo 214, terzo comma, della medesima legge.
A fronte delle connotazioni di urgenza che ontologicamente improntano i procedimenti per la dichiarazione dello stato di insolvenza e quelli, conseguenti, di apertura dell'amministrazione straordinaria o di dichiarazione di fallimento, nonché di conversione dell'una procedura nell'altra, l'articolo 93 esclude — sulla falsariga dell'articolo 6, quarto comma, del decreto-legge n. 26 del 1979 — l'applicabilità ai procedimenti stessi della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, prevista dalla legge 7 ottobre 1969, n. 742.
Di particolare significato strategico, nella complessiva economia del sistema prefigurato, è la disposizione dell'articolo 94, alla quale si è già avuta occasione più volte di far cenno. La pratica impossibilità di procedere alla comunicazione singulatim a tutti i potenziali interessati — stante il loro numero e le difficoltà di compiuta identificazione — del coacervo di atti e provvedimenti che contrappuntano lo svolgimento della procedura, rende invero ineluttabile un largo ricorso a forme di pubblicità sostitutiva, che valgano a rendere altrimenti conoscibili gli atti e provvedimenti stessi. Una forma di pubblicità caratteristica del sistema della legge fallimentare è quella dell'affissione alla porta esterna del tribunale, dalla quale vengono fatti decorrere termini, spesso di natura perentoria, per il compimento di determinate attività processuali (si pensi, ad esempio, all'opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, ex articolo 18, primo comma, della legge fallimentare, ovvero all'appello avverso la sentenza di omologazione del concordato, ex articolo 131, primo comma, della stessa legge). È di palmare evidenza, peraltro, che si tratta di un mezzo pubblicitario fortemente anacronistico, il quale, di fatto, lungi dal garantire la reale e agevole fruibilità del dato, si risolve su questo piano, specie nei grandi centri, in una mera fictio. È sembrato pertanto necessario sostituire il cennato obsoleto adempimento con un più moderno ed efficace strumento informatico, cui — per ragioni di continuità storica e di più agevole coordinamento del testo normativo — è stata riservata la denominazione di "affissione con mezzi informatici". In tutti i casi, cioè, in cui il presente decreto prevede che debba farsi luogo all'affissione di atti, provvedimenti, estratti o avvisi — ivi comprese le ipotesi in cui ciò avvenga per effetto del richiamo a disposizioni della legge fallimentare che contemplano tale formalità — essa dovrà essere eseguita mediante inserimento dell'atto, del provvedimento, dell'estratto o dell'avviso in una rete informatica accessibile al pubblico, secondo le modalità stabilite con regolamento del Ministro di grazia e giustizia, di concerto con i Ministri dell'industria e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica (il quale determinerà anche i criteri di imputazione dei costi del servizio alle imprese sottoposte alle procedure): salva, nelle more dell'entrata in vigore del regolamento stesso, l'effettuazione dell'affissione con le tradizionali modalità manuali-cartacee (articolo 105: v. amplius infra, § 8).

7. Disposizioni penali

A fronte del rinvio operato dall'ultimo comma dell'articolo 1 del decreto-legge n. 26 del 1979 alle disposizioni degli articoli 195 e seguenti e dell'articolo 237 della legge fallimentare, la disciplina penale dell'amministrazione straordinaria mutuava, nel pregresso sistema, le cadenze di quella della liquidazione coatta amministrativa. Tale assetto palesava, peraltro, evidenti limiti di funzionalità, in ragione delle manchevolezze e dei difetti di coordinamento della regolamentazione della responsabilità penale in quest'ultima procedura, quale risultante dal combinato disposto degli articoli 203, primo comma, secondo periodo, e 237 della legge fallimentare. Particolarmente allarmante appariva soprattutto il pericolo di un possibile vuoto di tutela in rapporto all'imprenditore individuale, come conseguenza del mancato richiamo, nell'ambito della disciplina della liquidazione coatta amministrativa, delle disposizioni riguardanti i relativi fatti di bancarotta (articoli 216 e 217 della legge fallimentare).
Ciò considerato, l'articolo 1, comma 2, lettera r), della legge delega ha dato quindi mandato all'esecutivo di ridefinire la disciplina penale dell'amministrazione straordinaria mediante estensione, nei limiti della compatibilità, delle disposizioni previste dai capi I, II e IV del titolo VI della legge fallimentare, equiparando, ai fini della loro applicazione, la dichiarazione dello stato di insolvenza alla dichiarazione di fallimento: in sostanza, cioè, allineando il trattamento sanzionatorio della procedura — tanto per quel che riguarda i fatti commessi dalle persone fisiche direttamente soggette a quest'ultima (imprenditore individuale e soci illimitatamente responsabili di società a base personale), quanto per quel che attiene ai fatti commessi da soggetti diversi (amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di società, institori, creditori e via dicendo), quanto, infine, per ciò che concerne le disposizioni di procedura — al regime penalistico del fallimento.
A tale istruzione parlamentare dà puntuale seguito il comma 1 dell'articolo 95. Ad evitare possibili dubbi interpretativi, anche in rapporto al principio di stretta legalità che domina la materia penale, il comma 2 dello stesso articolo si premura peraltro di surrogare il richiamo all'articolo 16, numero 3), della legge fallimentare — contenuto nell'articolo 220 della stessa legge in funzione sanzionatoria della mancata ottemperanza all'ordine di deposito dei bilanci e delle scritture contabili impartito dalla sentenza dichiarativa di fallimento — con il richiamo alla corrispondente disposizione di cui all'articolo 8, comma 1, lettera c), del decreto.
Nella medesima ottica, il successivo articolo 96 estende al commissario giudiziale ed al commissario straordinario, nonché alle persone che li coadiuvano nell'amministrazione della procedura, le disposizioni incriminatrici dettate dagli articoli 228, 229 e 230 della legge fallimentare con riferimento al curatore (ed estese dall'articolo 231 della medesima legge ai suoi coadiutori); mentre l'articolo 97 del decreto opera analoga estensione al commissario giudiziale ed al commissario straordinario della facoltà di costituzione di parte civile accordata al curatore dall'articolo 240 della legge fallimentare, relativamente ai procedimenti per i reati contemplati dal titolo VI della legge stessa.

8. Disposizioni di coordinamento, transitorie e finali

Il decreto legislativo si chiude con il titolo comprendente le disposizioni di coordinamento, transitorie e finali (titolo VII).
Quanto agli interventi di coordinamento, l'articolo 98 modifica il già citato articolo 50-bis del codice di procedura civile, espungendo dall'elenco delle cause nelle quali il tribunale giudica in composizione collegiale il riferimento al decreto-legge n. 26 del 1979: e ciò in corrispondenza all'avvenuta collocazione delle corrispondenti previsioni nell'articolo 92 del decreto (retro, § 6).
L'articolo 99 dà attuazione alla direttiva di cui all'articolo 1, comma 2, lettera r), seconda parte, della legge delega, apportando alla vigente disciplina penale della liquidazione coatta amministrativa le modifiche necessarie al fine di evitare sperequazioni di trattamento sanzionatorio rispetto al neointrodotto regime punitivo dell'amministrazione straordinaria (retro, § 7). In tale prospettiva — ponendo rimedio alle già rimarcate incongruenze che affettano il trattamento sanzionatorio della procedura (tra cui, in primis, il mancato riferimento alle ipotesi di responsabilità penale dell'imprenditore individuale e dell'institore) — si procede all'abrogazione del secondo periodo del primo comma dell'articolo 203 della legge fallimentare ed alla riformulazione dell'articolo 237 della medesima legge, estendendo in toto alla liquidazione coatta amministrativa, mutatis mutandis, la disciplina penale del fallimento, tramite equiparazione della dichiarazione dell'insolvenza pronunciata a norma degli articoli 195 e 202 della legge fallimentare alla dichiarazione di fallimento.
L'articolo 100 — con disposizione a carattere essenzialmente interpretativo — sostituisce il riferimento alle "società in amministrazione straordinaria", contenuto nell'articolo 2-bis del decreto-legge n. 26 del 1979 a fini di identificazione dei beneficiari della garanzia del Tesoro dello Stato, ivi contemplata, con quello alle "imprese in amministrazione straordinaria". Il citato decreto-legge — anche in rapporto ai mutamenti di impostazione operati in sede di conversione — faceva, invero, un uso promiscuo ed atecnico dei termini "società" ed "impresa", sì che all'utilizzazione del primo sostantivo quasi sempre non corrispondeva una precisa volontà legislativa di limitare l'applicabilità della disposizione in cui esso figurava alle imprese esercitate in forma collettiva. Circostanza, questa, che aveva portato a ritenere pacificamente concedibile la predetta garanzia del Tesoro anche alle imprese in amministrazione straordinaria non aventi veste societaria. Siffatta interpretazione rischierebbe, peraltro, di perdere validità nella nuova cornice normativa, nella quale l'uso dell'uno o dell'altro dei due vocaboli assume una valenza precettiva: di qui l'esigenza di evitare letture illogicamente limitative della disposizione novellata, adeguandola al mutato indirizzo terminologico.
Sempre con riferimento alla garanzia di cui al citato articolo 2-bis del decreto-legge n. 26 del 1979, l'articolo 101 impone l'adeguamento delle disposizioni attuative, già emanate dal Ministero del tesoro a norma del terzo comma dello stesso articolo 2-bis, alla disciplina ed agli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato, nonché alle disposizioni del presente decreto. L'adeguamento dovrà avvenire in forma regolamentare, entro i centoventi giorni successivi all'entrata in vigore del decreto stesso.
L'articolo 102 raccorda le modalità di attivazione del Fondo di garanzia, ai fini del pagamento del trattamento di fine rapporto e degli ulteriori crediti di lavoro in favore dei dipendenti delle imprese in amministrazione straordinaria, alla nuova disciplina dell'istituto, segnatamente per quanto concerne l'accertamento del passivo, a fronte della quale non risulterebbe più coerente l'estensione della disposizione dettata dall'articolo 2, quarto comma, della legge 29 maggio 1982, n. 297 (richiamato dall'articolo 2, comma 3, del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 80) a proposito della liquidazione coatta amministrativa.
L'articolo 103 stabilisce che, in relazione alla prevista utilizzazione della Guardia di finanza ai fini dello svolgimento delle funzioni connesse alla vigilanza sulle procedure di amministrazione straordinaria (articolo 37, comma 3), il Ministro dell'industria, previa intesa con il Ministero delle finanze, possa richiedere apposito distacco di un contingente di personale, nell'ambito delle vigenti strutture e dotazione organica del Corpo.
Gli articoli 104 e 105 stabiliscono i termini per l'emanazione della normativa secondaria prevista dal decreto legislativo. In particolare, l'articolo 104 fissa in centoventi giorni il termine per l'emanazione dei regolamenti ministeriali previsti dagli articoli 39 e 47, relativi, rispettivamente, alla disciplina dei requisiti di professionalità ed onorabilità dei commissari giudiziali e dei commissari straordinari e alla determinazione dell'ammontare del compenso spettante ad essi ed ai componenti del comitato di sorveglianza.
L'articolo 105 fissa, a sua volta, in centottanta giorni il termine per l'emanazione del regolamento ministeriale recante la disciplina della pubblicità con mezzi informatici degli atti e provvedimenti della procedura. Al fine di consentire la predisposizione delle opportune misure organizzative, è altresì stabilita, per tale regolamento, una vacatio di ulteriori centottanta giorni. Come già ricordato, fino all'entrata in vigore della normativa secondaria, e comunque nei casi di indisponibilità presso gli uffici giudiziari delle dotazioni necessarie ai fini dell'effettuazione della pubblicità con mezzi informatici, si continuerà a far ricorso ai consueti adempimenti pubblicitari "cartacei" (a seconda dei casi: affissione alla porta esterna del tribunale, pubblicazione nel foglio degli annunzi legali della provincia o nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica).
Gli articoli 106, 107 e 108 dettano norme transitorie relative alle procedure di amministrazione straordinaria in corso alla data di entrata in vigore della nuova disciplina.
Ai fini dell'applicazione di tali norme, la procedura deve considerarsi in corso — secondo quanto chiarisce il comma 2 dell'articolo 106. — allorché anteriormente a detta data sia stato giudizialmente accertato lo stato di insolvenza dell'impresa, ancorché non sia stato ancora emesso il conseguente decreto che dispone l'amministrazione straordinaria ai sensi dell'articolo 1, quinto comma, o (riguardo alle imprese del gruppo) dell'articolo 3, secondo comma, del decreto-legge n. 26 del 1979. Tale soluzione si è resa necessaria a fronte della divergenza tra i vecchi ed i nuovi requisiti dimensionali di accesso alla procedura: mentre, infatti, sul piano occupazionale, tutte le imprese soggette ad amministrazione straordinaria in base alla vecchia normativa lo sarebbero anche in base alla nuova, altrettanto non si può dire riguardo al requisito dell'indebitamento (è astrattamente ipotizzabile, infatti, che un'impresa superi la pregressa soglia di esposizione debitoria qualificata, senza che l'ammontare complessivo del suo indebitamento attinga al limite proporzionale previsto dall'articolo 2, comma 1. lettera b, del decreto). Si aggiunga che il contenuto della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza è fortemente differenziato nelle due cornici normative, sì che una diversa soluzione avrebbe in sostanza rischiato di vulnerare il principio di intangibilità del giudicato. A sostegno dell'impostazione adottata milita, da ultimo, anche la considerazione della natura vincolata del provvedimento ministeriale di assoggettamento ad amministrazione straordinaria previsto dalla normativa pregressa, che dottrina e giurisprudenza hanno unanimemente qualificato come "atto dovuto" a seguito della sentenza che accerta la ricorrenza dei presupposti soggettivi ed oggettivi per l'instaurazione della procedura.
Ciò premesso, lo stesso articolo 106 stabilisce, in via generale, l'ultrattività della normativa anteriore riguardo alle procedure in corso, anche per quel che attiene all'eventuale assoggettamento ad amministrazione straordinaria, in data successiva a quella di entrata in vigore del decreto, di imprese del gruppo in base al collegamento previsto dall'articolo 3 del decreto-legge n. 26 del 1979. In deroga a siffatto principio, tenendo conto di esigenze emerse nella pratica, è prevista nondimeno l'immediata operatività, anche in rapporto a tali procedure, delle nuove disposizioni relative ai termini per la pronuncia del comitato di sorveglianza, alla disciplina della riapertura della procedura ed al concordato. L'applicabilità del nuovo regime del concordato — ora proponibile anche dal terzo — potrà in particolare agevolare la chiusura delle procedure pendenti.
Nell'intento di evitare sperequazioni di trattamento economico che potrebbero essere avvertite come ingiustificatamente penalizzanti, l'articolo 107 affida al medesimo regolamento previsto ai fini della determinazione dei compensi degli organi delle nuove procedure anche l'individuazione dei criteri di liquidazione dei compensi spettanti ai commissari delle procedure anteriori, limitatamente, peraltro, alle attività espletate dopo l'entrata in vigore del presente decreto legislativo (l'estensione dei nuovi criteri alle prestazioni rese in praeteritum si tradurrebbe, infatti, in una inammissibile rivalutazione ex post di attività già espletate).
L'articolo 108, infine, dà attuazione al criterio di cui all'articolo 1, comma 2, lettera u), della legge delega, che impone, nella definizione della disciplina transitoria relativa alle procedure in corso, di introdurre norme di salvaguardia dei lavoratori dipendenti attraverso l'utilizzo della cassa integrazione guadagni straordinaria, all'uopo autorizzando la spesa di lire dieci miliardi per ciascuno degli anni 1998 e 1999 (articolo 5, comma 1, della legge delega). Si prevede conseguentemente, entro gli accennati limiti di disponibilità, la proroga per un periodo massimo di dodici mesi oltre i termini di scadenza già normativamente previsti dei trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria concessi ai dipendenti delle imprese in amministrazione straordinaria dopo la cessazione dell'esercizio di impresa ai sensi dell'articolo 3 della legge 23 luglio 1991 n. 223. Mentre, infatti, durante tutto il periodo di prosecuzione dell'esercizio d'impresa il trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria è assicurato senza limiti temporali dall'articolo 7, comma 10-ter, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 116, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236; dopo la cessazione dell'esercizio, la cassa integrazioni guadagni straordinaria può essere concessa, a mente del citato articolo 3 della legge n. 223 del 1991, per un periodo massimo di diciotto mesi, decorso il quale i dipendenti devono essere posti in mobilità. La disposizione introdotta con il decreto legislativo consente, dunque, in sostanza, di salvaguardare i lavoratori dipendenti per ulteriori dodici mesi.
L'articolo 109 reca le abrogazioni, che investono ovviamente, in primis, la normativa generale dettata dal decreto-legge n. 26 del 1979, e successive modificazioni ed integrazioni, fatta eccezione per il solo articolo 2-bis (e ciò nel rispetto della puntuale statuizione dell'articolo 1, comma 1, della legge delega). Formano inoltre oggetto di abrogazione espressa altre disposizioni di leggi speciali, le cui previsioni risultano riprodotte o assorbite da corrispondenti disposizioni del presente decreto (quali, ad esempio, l'articolo 2 del decreto-legge 9 aprile 1984, n. 62, convertito, con modificazioni, nella legge 28 aprile 1982, n. 185, in tema di determinazione del prezzo di cessione, nel caso di trasferimenti aziendali; l'articolo 4 del decreto-legge 31 luglio 1981, n. 414, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 ottobre 1981, n. 544, in tema di divieto di azioni esecutive individuali; l'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 4 settembre 1987, n. 366, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 novembre 1987, n. 452, in tema di divieto di sequestri conservativi); o che — tutt'al contrario — risultano non più compatibili, o comunque non ribadite, nel nuovo regime (così, ad esempio, la disposizione di cui all'articolo 8, terzo comma, della legge 28 novembre 1980, n. 784, in tema di esonero delle imprese in amministrazione straordinaria dall'obbligo di prestare cauzioni in materia di diritti doganali, imposta di fabbricazione, imposta erariale di consumo e di diritti erariali; o le disposizioni che riconoscevano natura prededucibile anche a crediti maturati anteriormente alla procedura, di cui al decreto-legge 28 aprile 1982, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1982, n. 381, o all'articolo 19 del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30; o le disposizioni, di cui alla legge 23 agosto 1988, n. 391, che sancivano la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine all'impugnazione delle vendite di beni di imprese in amministrazione straordinaria).
Da ultimo, l'articolo 110 reca una norma generale di coordinamento, stabilendo che i riferimenti contenuti in norme vigenti, non abrogate espressamente o implicitamente dal presente decreto, alle disposizioni del decreto-legge n. 26 del 1979 debbano intendersi effettuati alle corrispondenti disposizioni del presente decreto.

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INDICE del D.Lgs. n. 270/99:

TITOLO I - Disposizioni Generali

Art. 1. - Natura e finalità dell' amministrazione straordinaria

Art. 2. - Imprese soggette all'amministrazione straordinaria

TITOLO II - Dichiarazione dello stato di insolvenza

CAPO I - Procedimento

Art. 3. - Accertamento dello stato di insolvenza

Art. 4. - Dichiarazione dello stato di insolvenza di una impresa individuale

Art. 5. - Obblighi dell 'imprenditore che chiede la dichiarazione del proprio stato di insolvenza

Art. 6. - Ricorso dei creditori

Art. 7. - Procedimento

Art. 8. - Sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza

Art. 9. - Opposizione alla dichiarazione dello stato di insolvenza

Art. 10. - Revoca della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza

Art. 11. - Accoglimento dell 'opposizione per mancanza dei requisiti per l 'ammissione all 'amministrazione straordinaria

Art. 12. - Rigetto del ricorso

CAPO II - Organi

Art. 13. - Competenza del tribunale che ha dichiarato lo stato di insolvenza

Art. 14. - Giudice delegato

Art. 15. - Commissario giudiziale

Art. 16. - Sostituzione del commissario giudiziale

Art. 17. - Reclamo contro gli atti del commissario giudiziale

CAPO III - Effetti e provvedimenti immediati

Art. 18. - Effetti della dichiarazione dello stato di insolvenza

Art. 19. - Andamento della gestione dell 'impresa al commissario giudiziale

Art. 20. - Crediti sorti per la continuazione dell 'esercizio dell 'impresa

Art. 21. - Provvedimenti conservativi

Art. 22. - Avviso ai creditori per l 'accertamento del passivo

CAPO IV - Società con soci illimitatamente responsabili

Art. 23. - Dichiarazione dello stato di insolvenza di società con soci illimitatamente responsabili

Art. 24. - Accertamento successivo dell 'esistenza di un socio illimitatamente responsabile

Art. 25. - Estensione dell 'amministrazione straordinaria e del fallimento ai soci illimitatamente responsabili

Art. 26. - Società cooperative

TITOLO III - Amministrazione straordinaria

CAPO I - Apertura della procedura

Art. 27. - Condizioni per l 'ammissione alla procedura

Art. 28.- Relazione del commissario giudiziale

Art. 29. - Parere del Ministero dell 'industria e osservazioni

Art. 30. - Apertura della procedura Dichiarazione di fallimento

Art. 31. - Dichiarazione di fallimento

Art. 32. - Provvedimenti per la prosecuzione dell 'esercizio dell 'impresa

Art. 33. - Reclamo avverso il decreto di apertura dell 'amministrazione straordinaria o di dichiarazione del fallimento

Art. 34. - Giudizi in corso nei confronti del commissario giudiziale

Art. 35. - Conversione del fallimento a seguito di accoglimento dell 'opposizione

Art. 36. - Disposizioni applicabili all'amministrazione straordinaria

CAPO II -Organi

Art. 37. - Vigilanza sulla procedura

Art. 38. - Nomina del commissario straordinario

Art. 39. - Criteri per la scelta dei commissari e degli esperti

Art. 40. - Poteri del commissario straordinario

Art. 41. - Intrasmissibilità delle attribuzioni del commissario straordinario

Art. 42.- Controllo preventivo sugli atti del commissario straordinario

Art. 43. - Revoca del commissario straordinario

Art. 44. - Rendiconto del commissario straordinario

Art. 45. - Nomina del comitato di sorveglianza

Art. 46. - Funzioni del comitato di sorveglianza

Art. 47. - Compenso dei commissari e dei membri del comitato di sorveglianza

CAPO III - Effetti

Art. 48. - Divieto di azioni esecutive individuali

Art. 49. - Azioni revocatorie

Art. 50. - Contratti in corso

Art. 51. - Diritti dell 'altro contraente

Art. 52. - Crediti sorti per la continuazione dell 'esercizio dell 'impresa

CAPO IV - Accertamento del passivo

Art. 53. - Accertamento del passivo

CAPO V -Definizione ed esecuzione del programma

Art. 54 -Predisposizione del programma

Art. 55.- Criteri di definizione del programma

Art. 56. - Contenuto del programma

Art. 57. - Autorizzazione all 'esecuzione del programma

Art. 58. - Autorizzazione all 'esecuzione del programma in casi particolari

Art. 59. - Comunicazione al tribunale del programma autorizzato

Art. 60. - Modifica o sostituzione del programma autorizzato

Art. 61. - Esecuzione del programma

Art. 62. - Alienazione dei beni

Art. 63. - Vendita di aziende in esercizio

Art. 64. - Cancellazione delle iscrizioni e trascrizioni

Art. 65. - Impugnazione degli atti di liquidazione

Art. 66. - Proroga del termine di scadenza del programma di cessione dei complessi aziendali

CAPO VI - Ripartizione dell'attivo

Art. 67. - Ripartizione dell'attivo

Art. 68. - Acconti ai creditori

CAPO VII - Cessazione della procedura

SEZIONE I - Conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento

Art. 69. - Conversione in corso di procedura

Art. 70. - Conversione al termine della procedura

Art. 71. - Decreto di conversione

Art. 72. - Applicabilità delle disposizioni relative alla chiusura

SEZIONE II - Chiusura della procedura

Art. 73. - Cessazione dell'esercizio dell'impresa

Art. 74. - Chiusura della procedura

Art. 75. - Bilancio finale della procedura e rendiconto del commissario straordinario

Art. 76. - Decreto di chiusura

Art. 77. - Riapertura della procedura

SEZIONE III - Concordato

Art. 78. - Concordato

Art. 79. - Concordato particolare del socio

TITOLO IV - Gruppo di imprese

CAPO I - Estensione dell'amministrazione straordinaria alle imprese del gruppo

Art. 80. - Definizioni

Art. 81. - Amministrazione straordinaria delle imprese del gruppo

Art. 82. - Accertamento dei presupposti per l 'ammissione alla procedura

Art. 83. - Informazioni sui rapporti di gruppo

Art. 84. - Conversione del fallimento in amministrazione straordinaria

Art. 85. - Organi della procedura e imputazione delle spese

Art. 86. - Programma delle imprese del gruppo

Art. 87. - Conversione dell 'amministrazione straordinaria in fallimento

CAPO II - Responsabilità e azioni revocatorie

Art. 88. - Definizioni

Art. 89. - Denuncia al tribunale

Art. 90. - Responsabilità nei casi di direzione unitaria

Art. 91. - Azioni revocatorie

TITOLO V - Disposizioni comuni di procedura

Art. 92. - Composizione collegiale del tribunale

Art. 93. - Sospensione dei termini processuali

Art. 94. - Affissione con mezzi informatici

TITOLO VI - Disposizioni penali

Art. 95. - Applicabilità delle disposizioni penali della legge fallimentare

Art. 96. - Reati del commissario giudiziale e del commissario straordinario

Art. 97. - Costituzione di parte civile

TITOLO VII - Disposizioni di coordinamento, transitorie e finali

Art. 98. - Modifica dell 'articolo 50-bis del codice di procedura civile

Art. 99. - Modifica della disciplina penale della liquidazione coatta amministrativa

Art. 100. - Modifica dell 'articolo 2-bis del decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26

Art. 101. - Adeguamento delle disposizioni attuative dell 'articolo 2-bis del decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26

Art. 102. - Pagamento di crediti di lavoro a carico del Fondo di garanzia

Art. 103. - Impiego della Guardia di finanza ai fini dell 'espletamento dei compiti di vigilanza

Art. 104. - Termine per l 'emanazione dei regolamenti in materia di scelta dei commissari e di compensi

Art. 105. - Termine per l 'emanazione del regolamento in materia di pubblicità con mezzi informatici

Art. 106. - Procedure di amministrazione straordinaria in corso

Art. 107. - Compenso dei commissari delle procedure di amministrazione straordinaria in corso

Art. 108. - Proroga del trattamento di cassa integrazione guadagni

Art. 109. - Abrogazioni

Art. 110. - Norma di coordinamento

NOTE


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DECRETO LEGISLATIVO 8 luglio 1999 n. 270 ( indice ) ( RELAZIONE )

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 9 agosto 1999 n. 185 )

NUOVA DISCIPLINA DELL'AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA DELLE GRANDI IMPRESE IN STATO DI INSOLVENZA, A NORMA DELL'ARTICOLO 1 DELLA LEGGE 30 LUGLIO 1998, N. 274.

Il Presidente della Repubblica

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Visto l'articolo 1 della legge 30 luglio 1998, n. 274, che delega il Governo ad emanare entro centottanta giorni dalla sua entrata in vigore, un decreto legislativo recante la nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza;

Visto l'articolo 52, comma 3, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, che ha prorogato al 30 settembre 1999 il termine per l'emanazione del decreto legislativo;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 30 giugno 1999;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato e del Ministro di grazia e giustizia;

Emana il seguente decreto legislativo:

TITOLO I

Disposizioni Generali

Art. 1.

Natura e finalità dell' amministrazione straordinaria

1. L'amministrazione straordinaria è la procedura concorsuale della grande impresa commerciale insolvente, con finalità conservative del patrimonio produttivo, mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione delle attività imprenditoriali.

Art. 2.

Imprese soggette all'amministrazione straordinaria

1. Possono essere ammesse all'amministrazione straordinaria, alle condizioni e nelle forme previste dal presente decreto, le imprese, anche individuali, soggette alle disposizioni sul fallimento che hanno congiuntamente i seguenti requisiti:

a) un numero di lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, non inferiore a duecento da almeno un anno,

b) debiti per un ammontare complessivo non inferiore ai due terzi tanto del totale dell'attivo dello stato patrimoniale che dei ricavi provenienti dalle vendite e dalle prestazioni dell'ultimo esercizio.

TITOLO II

Dichiarazione dello stato di insolvenza

CAPO I

Procedimento

Art. 3. ( nota )

Accertamento dello stato di insolvenza

1. Se un'impresa avente i requisiti previsti dall'articolo 2 si trova in stato di insolvenza, il tribunale del luogo in cui essa ha la sede principale, su ricorso dell'imprenditore, di uno o più creditori, del pubblico ministero, ovvero d'ufficio, dichiara tale stato con sentenza in camera di consiglio.

2. Il tribunale provvede a norma del comma 1 anche quando, in base alle disposizioni contenute nei titoli III e IV del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 ("legge fallimentare"), si dovrebbe far luogo alla dichiarazione di fallimento di un'impresa ammessa alla procedura di concordato preventivo o di amministrazione controllata.

Art. 4. ( nota )

Dichiarazione dello stato di insolvenza di una impresa individuale

1. La dichiarazione dello stato di insolvenza di una impresa individuale è soggetta alle disposizioni degli articoli 10 e 11 della legge fallimentare.

2. Se l'imprenditore muore dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza si applicano le disposizioni dell'articolo 12 della legge fallimentare.

Art. 5.

Obblighi dell 'imprenditore che chiede la dichiarazione del proprio stato di insolvenza

1. L'imprenditore che chiede la dichiarazione del proprio stato di insolvenza deve esporre, nel ricorso, le cause che lo hanno determinato, segnalando ogni elemento utile ai fini della valutazione dell'esistenza dei requisiti e delle condizioni indicati negli articoli 2 e 27.

2. L'imprenditore deve altresì depositare presso la cancelleria del tribunale:

a) le scritture contabili;

b) i bilanci relativi agli ultimi due esercizi, ovvero dall'inizio dell'impresa, se questa ha avuto una minore durata;

c) una situazione patrimoniale aggiornata a non più di trenta giorni anteriori alla data di presentazione del ricorso;

d) l'elenco nominativo dei creditori con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione;

e) l'elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali mobiliari su cose in suo possesso e l'indicazione delle cose stesse e del titolo da cui deriva il diritto.

Art. 6.

Ricorso dei creditori

1. Il creditore, nel ricorso per la dichiarazione dello stato di insolvenza, deve eleggere domicilio nella circoscrizione del tribunale adito.

2. Se l'elezione di domicilio manca, ovvero è insufficiente o inidonea, le notificazioni e le comunicazioni che debbono effettuarsi al creditore ricorrente nel corso del procedimento sono eseguite presso la cancelleria del tribunale.

Art. 7.

Procedimento

1. Prima di provvedere, il tribunale convoca l'imprenditore, il ricorrente e il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato ("Ministro dell'industria"), il quale può designare un delegato per la comparizione o far pervenire un parere scritto.
L'audizione può essere delegata dal tribunale ad uno dei componenti del collegio.

2. Tra la data della comunicazione dell'avviso di convocazione e quella dell'udienza deve intercorrere un termine non inferiore a quindici giorni liberi. Il termine può essere abbreviato dal tribunale, con decreto motivato, se ricorrono particolari ragioni di urgenza.

3. L'avviso di convocazione diretto al Ministro dell'industria contiene l'invito ad indicare, entro la data fissata per l'udienza, uno o tre commissari giudiziali, da nominare nel caso di dichiarazione dello stato di insolvenza. Il numero dei commissari è stabilito dal tribunale.

Art. 8. ( nota )

Sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza

1. Con la sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza il tribunale:

a) nomina il giudice delegato per la procedura;

b) nomina uno o tre commissari giudiziali, in conformità dell'indicazione del Ministro dell'industria, ovvero autonomamente, se l'indicazione non è pervenuta nel termine stabilito a norma dell'articolo 7, comma 3;

c) ordina all'imprenditore di depositare entro due giorni in cancelleria le scritture contabili e i bilanci, se non vi si è provveduto a norma dell'articolo 5, comma 2;

d) assegna ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali mobiliari su beni in possesso dell'imprenditore, un termine non inferiore a novanta giorni e non superiore a centoventi giorni dalla data dell'ammissione della sentenza per la presentazione in cancelleria delle domande;

e) stabilisce il luogo, il giorno e l'ora dell'adunanza in cui, nel termine di trenta giorni da quello indicato nella lettera a, si procederà all'esame dello stato passivo davanti al giudice delegato;

f) stabilisce se la gestione dell'impresa, fino a quando non si proceda a norma dell'articolo 30, è lasciata all'imprenditore insolvente o è affidata al commissario giudiziale.

2. La nomina di tre commissari giudiziali è limitata ai casi di eccezionale rilevanza e complessità della procedura.

3. La sentenza è comunicata ed affissa nei modi e nei termini stabiliti dall'articolo 17, primo e secondo comma, della legge fallimentare, salvo quanto previsto dall'articolo 94 del presente decreto. A cura del cancelliere, essa è altresì comunicata entro tre giorni al Ministro dell'industria.

Art. 9.

Opposizione alla dichiarazione dello stato di insolvenza

1. Contro la sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza può essere proposta opposizione da qualunque interessato, davanti al tribunale che l'ha pronunciata, nel termine di trenta giorni. Il termine decorre per l'imprenditore dalla data della comunicazione e, per ogni altro interessato, dalla data dell'affissione.

2. L'opposizione è proposta con atto di citazione notificato al commissario giudiziale e a chi ha richiesto la dichiarazione dell'insolvenza, nonché all'imprenditore dichiarato insolvente, se l'opponente è soggetto diverso da quest'ultimo.

3. L'opposizione non sospende l'esecuzione della sentenza.

Art. 10.

Revoca della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza

1. La sentenza che revoca la dichiarazione dello stato di insolvenza è comunicata e affissa a norma dell'articolo 8, comma 3.

2. Restano salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi della procedura.

Art. 11.

Accoglimento dell 'opposizione per mancanza dei requisiti per l 'ammissione all 'amministrazione straordinaria

1. L'accertamento della mancanza dei requisiti indicati nell'articolo 2 non comporta la revoca della dichiarazione dello stato di insolvenza.

2. Quando è passata in giudicato la sentenza che accoglie l'opposizione per tale motivo, il tribunale che ha dichiarato lo stato di insolvenza dispone, con decreto, la conversione della procedura in fallimento, sempre che questo non sia stato già dichiarato a norma degli articoli 30, 69 e 70.

3. Si applicano le disposizioni dell'articolo 71, commi 2 e 3.

Art. 12.

Rigetto del ricorso

1. Il tribunale che respinge il ricorso per dichiarazione dello stato di insolvenza provvede con decreto motivato.

2. Contro il decreto il ricorrente può, entro quindici giorni dalla comunicazione, proporre reclamo alla corte di appello, la quale provvede in camera di consiglio, sentiti il reclamante e l'imprenditore.

3. La corte di appello, se accoglie il reclamo, rimette d'ufficio gli atti al tribunale per la dichiarazione dello stato di insolvenza.

CAPO II

Organi

Art. 13.

Competenza del tribunale che ha dichiarato lo stato di insolvenza

1. Il tribunale che ha dichiarato lo stato di insolvenza è competente a conoscere di tutte le azioni che ne derivano, qualunque ne sia il valore, fatta eccezione per le azioni reali immobiliari, per le quali restano ferme le norme ordinarie di competenza.

Art. 14.

Giudice delegato

1. Il giudice delegato adotta i provvedimenti di sua competenza con decreto.

2. I decreti sono impugnabili nei modi consentiti per i decreti del giudice delegato al fallimento.

Art. 15. ( nota )

Commissario giudiziale

1. Il commissario giudiziale è, per quanto attiene all'esercizio delle sue funzioni, pubblico ufficiale.

2. In caso di nomina di tre commissari giudiziali, gli stessi deliberano a maggioranza. La rappresentanza è esercitata da almeno due di essi.

3. Si applicano al commissario giudiziale le disposizioni degli articoli 37, 38, primo e secondo comma, e 39 della legge fallimentare, salvo quanto previsto dagli articoli 39, comma 1, e 47 del presente decreto.

Art. 16.

Sostituzione del commissario giudiziale

1. Se occorre procedere alla sostituzione del commissario giudiziale il tribunale richiede al Ministro dell'industria di indicare il nuovo commissario, stabilendo il termine entro il quale l'indicazione deve pervenire.

2. Il tribunale nomina il nuovo commissario in conformità dell'indicazione del Ministro, ovvero autonomamente, se l'indicazione stessa non è pervenuta nel termine.

Art. 17.

Reclamo contro gli atti del commissario giudiziale

1. Contro gli atti di amministrazione del commissario giudiziale chiunque vi abbia interesse può proporre reclamo al giudice delegato, che decide con decreto motivato.

2. Il decreto del giudice delegato è impugnabile nei modi indicati dall'articolo 14, comma 2.

CAPO III

Effetti e provvedimenti immediati

Art. 18. ( note )

Effetti della dichiarazione dello stato di insolvenza

1. La sentenza che dichiara lo stato di insolvenza determina gli effetti previsti dagli articoli 45, 52, 167, 168 e 169 della legge fallimentare. Si applica, altresì, nei medesimi limiti che nel fallimento, la disposizione dell'articolo 54, terzo comma, della legge fallimentare.

2. Sono inefficaci rispetto ai creditori i pagamenti di debiti anteriori alla dichiarazione dello stato di insolvenza eseguiti dall'imprenditore dopo la dichiarazione stessa senza l'autorizzazione del giudice delegato.

Art. 19. ( note )

Andamento della gestione dell 'impresa al commissario giudiziale

1. L'affidamento della gestione dell'impresa al commissario giudiziale, ove non stabilito con la sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, può essere disposto dal tribunale con successivo decreto.

2. Il decreto è a cura del cancelliere pubblicato mediante affissione e comunicato per l'iscrizione all'ufficio del registro delle imprese.

3. Fermo quanto previsto dall'articolo 18, l'affidamento della gestione al commissario giudiziale determina gli effetti stabiliti dagli articoli 42, 43, 44, 46 e 47 della legge fallimentare, sostituito al curatore il commissario giudiziale, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 31, 32, 34 e 35 della legge fallimentare, salva la facoltà del tribunale di stabilire ulteriori limiti ai suoi poteri.

4. Al termine del proprio ufficio, il commissario giudiziale cui è affidata la gestione dell'impresa deve rendere il conto a norma dell'articolo 116 della legge fallimentare. Dell'avvenuto deposito del conto e della fissazione dell'udienza per la presentazione delle osservazioni è data notizia mediante affissione, a cura del cancelliere; tale formalità sostituisce la comunicazione ai singoli creditori prevista dal terzo comma del medesimo articolo 116 della legge fallimentare.

Art. 20. ( nota )

Crediti sorti per la continuazione dell 'esercizio dell 'impresa

1. I crediti sorti per la continuazione dell'esercizio dell'impresa e la gestione del patrimonio del debitore dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza sono soddisfatti in prededuzione, a norma dell'articolo 111, primo comma, numero 1), della legge fallimentare.

Art. 21.

Provvedimenti conservativi

1. Il tribunale, con la sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza o con successivo decreto, adotta i provvedimenti conservativi opportuni nell'interesse della procedura.

Art. 22.

Avviso ai creditori per l 'accertamento del passivo

1. Il commissario giudiziale comunica ai creditori e ai terzi che vantano diritti reali mobiliari su beni in possesso dell'imprenditore insolvente il termine entro il quale devono far pervenire in cancelleria le loro domande, nonché le disposizioni della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza che riguardano l'accertamento del passivo.

2. La comunicazione è effettuata mediante lettera raccomandata o con mezzi telematici che diano certezza della ricezione.

CAPO IV

Società con soci illimitatamente responsabili

Art. 23.

Dichiarazione dello stato di insolvenza di società con soci illimitatamente responsabili

1. Gli effetti della dichiarazione dello stato di insolvenza di una società con soci illimitatamente responsabili previsti dagli articoli 18 e 19, comma 3, si estendono ai soci illimitatamente responsabili.

2. Nei confronti del socio receduto o escluso e del socio defunto l'estensione ha luogo se la dichiarazione dello stato di insolvenza è pronunciata entro l'anno successivo, rispettivamente, alla data in cui il recesso o l'esclusione sono divenuti opponibili ai terzi e a quella della morte, sempre che l'insolvenza della società attenga, in tutto o in parte, a debiti contratti anteriormente a tale data.

3. Il tribunale, prima di provvedere, sente i soci illimitatamente responsabili nelle forme previste dall'articolo 7, commi 1 e 2.

4. Contro la sentenza il socio può proporre opposizione a norma dell'articolo 9 nel termine di trenta giorni dalla comunicazione.

Art. 24.

Accertamento successivo dell 'esistenza di un socio illimitatamente responsabile

1. Se l'esistenza di un socio illimitatamente responsabile risulta dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza della società o di una impresa individuale, il tribunale estende i relativi effetti nei suoi confronti con sentenza in camera di consiglio, che è comunicata ed affissa a norma dell'articolo 8, comma 3.

2. Il tribunale provvede su ricorso dei soggetti indicati nell'articolo 3, comma 1, di altro socio, del commissario giudiziale, ovvero d'ufficio.

3. Se la società o l'impresa individuale è stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria, il ricorso può essere proposto anche dal commissario straordinario.

4. Si osservano le disposizioni degli articoli 12 e 23, commi 2, 3 e 4, sostituita alla dichiarazione dello stato di insolvenza la sentenza di estensione.

Art. 25.

Estensione dell 'amministrazione straordinaria e del fallimento ai soci illimitatamente responsabili

1. I provvedimenti di apertura dell'amministrazione straordinaria, di dichiarazione di fallimento e di conversione delle procedure, previsti dal presente decreto, si estendono ai soci illimitatamente responsabili cui sono estesi gli effetti della dichiarazione dello stato di insolvenza o che, nel caso di conversione del fallimento in amministrazione straordinaria, sono stati dichiarati falliti.

Art. 26.

Società cooperative

1. Le disposizioni del presente capo non si applicano alle società cooperative.

TITOLO III

Amministrazione straordinaria

CAPO I

Apertura della procedura

Art. 27.

Condizioni per l 'ammissione alla procedura

1. Le imprese dichiarate insolventi a norma dell'articolo 3 sono ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria qualora presentino concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali.

2. Tale risultato deve potersi realizzare, in via alternativa:

a) tramite la cessione dei complessi aziendali, sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un anno ("programma di cessione dei complessi aziendali");

b) tramite la ristrutturazione economica e finanziaria dell'impresa, sulla base di un programma di risanamento di durata non superiore a due anni ("programma di ristrutturazione").

Art. 28.

Relazione del commissario giudiziale

1. Entro trenta giorni dalla dichiarazione dello stato di insolvenza, il commissario giudiziale deposita delle cause dello stato di insolvenza e una valutazione motivata circa l'esistenza delle con dizioni previste dall'articolo 27 ai fini dell'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria.

2. Alla relazione sono allegati lo stato analitico ed estimativo delle attività e l'elenco nominativo dei creditori con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione.

3. Nel medesimo termine indicato nel comma 1, il commissario giudiziale trasmette copia della relazione al Ministero dell'industria, depositando in cancelleria la prova dell'avvenuta ricezione.

4. Un avviso dell'avvenuto deposito della relazione è affisso entro ventiquattro ore, a cura del cancelliere.

5. L'imprenditore insolvente, i creditori e ogni altro interessato hanno facoltà di prendere visione della relazione e di estrarne copia.

Art. 29.

Parere del Ministero dell 'industria e osservazioni

1. Il Ministero dell'industria, nei dieci giorni successivi alla ricezione della relazione del commissario giudiziale, deposita in cancelleria il proprio parere in ordine all'ammissione dell'impresa dichiarata insolvente alla procedura di amministrazione straordinaria. Il tribunale provvede a norma dell'articolo 30 anche in mancanza del parere, se lo stesso non è depositato nel termine.

2. L'imprenditore insolvente, i creditori e ogni altro interessato possono depositare in cancelleria osservazioni scritte nel termine di dieci giorni dall'affissione dell'avviso di deposito della relazione.

Art. 30.

Apertura della procedura Dichiarazione di fallimento

1. Il tribunale, entro trenta giorni dal deposito della relazione, tenuto conto del parere e delle osservazioni depositati, nonché degli ulteriori accertamenti eventualmente disposti, dichiara con decreto motivato l'apertura della procedura di amministrazione straordinaria, se sussistono le condizioni indicate dall'articolo 27. In caso contrario, dichiara con decreto motivato il fallimento.

2. I decreti previsti dal comma 1 sono comunicati ed affissi a norma dell'articolo 8, comma 3. Di essi è data altresì comunicazione, a cura del cancelliere, alla regione ed al comune in cui l'impresa ha la sede principale.

Art. 31.

Dichiarazione di fallimento

1. Il decreto che dichiara il fallimento nomina il giudice delegato per la procedura e il curatore. A seguito di esso cessano le funzioni degli organi nominati con la sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, salvo quanto previsto dall'articolo 34.

2. L'accertamento dello stato passivo nel fallimento prosegue sulla base delle disposizioni della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza.

Art. 32.

Provvedimenti per la prosecuzione dell 'esercizio dell 'impresa

1. Con il decreto che dichiara aperta la procedura di amministrazione straordinaria, il tribunale adotta o conferma i provvedimenti opportuni ai fini della prosecuzione dell'esercizio dell'impresa, sotto la gestione del commissario giudiziale, sino alla nomina del commissario straordinario.

Art. 33. ( nota )

Reclamo avverso il decreto di apertura dell 'amministrazione straordinaria o di dichiarazione del fallimento

1. Contro i decreti previsti dall'articolo 30, comma 1, chiunque vi abbia interesse può proporre reclamo alla corte di appello nel termine di quindici giorni. Il termine decorre, per il Ministro dell'industria, per l'imprenditore insolvente e per il creditore che ha richiesto la dichiarazione dello stato di insolvenza, dalla data della comunicazione; per ogni altro interessato, dalla data dell'affissione.

2. Il reclamo non sospende l'esecuzione del decreto.

3. Con il reclamo non possono dedursi motivi che avrebbero potuto o che possono farsi valere con l'opposizione alla sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza.

4. La corte di appello provvede in camera di consiglio, sentiti i soggetti indicati nel comma 1. Prima di provvedere, la corte sente altresì il commissario giudiziale, anche se cessato dalle funzioni, nonché il commissario straordinario o il curatore, secondo che il reclamo sia proposto avverso il decreto di apertura della procedura di amministrazione straordinaria o il decreto che dichiara il fallimento. Se il commissario straordinario non è stato ancora nominato, è sentito esclusivamente il commissario giudiziale.

5. La pendenza del giudizio di opposizione alla sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza non costituisce motivo di sospensione del procedimento di reclamo a norma dell'articolo 295 del codice di procedura civile.

6. Se la corte accoglie il reclamo, rimette d'ufficio gli atti al tribunale affinché adotti i provvedimenti previsti dagli articoli 30, 31 e 32, in conformità della decisione della corte stessa.
Restano in ogni caso salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi della procedura.

Art. 34.

Giudizi in corso nei confronti del commissario giudiziale

1. Se i decreti previsti dall'articolo 30, comma 1, sono emessi mentre è in corso il giudizio di opposizione alla sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, il commissario straordinario o il curatore, secondo che sia stata aperta la procedura di amministrazione straordinaria o dichiarato il fallimento, intervengono nel giudizio in sostituzione del commissario giudiziale.

2. In mancanza dell'intervento, il giudizio prosegue nei confronti del commissario giudiziale, salva la facoltà delle parti di chiamare nel processo il commissario straordinario o il curatore.

3. Se alla data dei decreti previsti dall'articolo 30, comma 1, non è ancora scaduto il termine per proporre opposizione alla sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, l'atto di opposizione è notificato al commissario straordinario, ove nominato, o al curatore, in luogo del commissario giudiziale.

4. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche agli altri giudizi in corso nei quali è parte il commissario giudiziale.

Art. 35. ( nota )

Conversione del fallimento a seguito di accoglimento dell 'opposizione

1. L'accertamento del possesso, da parte dell'impresa fallita, dei requisiti indicati dall'articolo 2 non comporta la revoca della sentenza dichiarativa di fallimento pronunciata in base alle disposizioni della legge fallimentare.

2. Quando è passata in giudicato la sentenza che accoglie per tale motivo l'opposizione prevista dall'articolo 18 della legge fallimentare, il tribunale che ha dichiarato il fallimento, ove non sia esaurita la liquidazione dell'attivo, invita con decreto il curatore a depositare in cancelleria ed a trasmettere al Ministro dell'industria entro trenta giorni una relazione contenente una valutazione motivata circa l'esistenza delle condizioni previste dall'articolo 27 ai fini dell'ammissione dell'impresa fallita alla procedura di amministrazione straordinaria.

3. Il tribunale, entro trenta giorni dal deposito della relazione, con decreto motivato dispone la conversione del fallimento in amministrazione straordinaria, ovvero dichiara che non sussistono le condizioni per farvi luogo.

4. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 28, commi 4 e 5, 29, 30, comma 2, e 33, sostituito al commissario giudiziale il curatore.

Art. 36.

Disposizioni applicabili all'amministrazione straordinaria

1. Per quanto non previsto dal presente decreto, si applicano alla procedura di amministrazione straordinaria, in quanto compatibili, le disposizioni sulla liquidazione coatta amministrativa, sostituito al commissario liquidatore il commissario straordinario.

CAPO II

Organi

Art. 37. ( nota )

Vigilanza sulla procedura

1. La procedura di amministrazione straordinaria si svolge ad opera di uno o tre commissari straordinari, sotto la vigilanza del Ministero dell'industria, salve le competenze del tribunale e del giudice delegato nelle materie ad essi affidate.

2. Ai fini dell'esercizio delle funzioni previste dal presente decreto il Ministero può avvalersi dell'opera di esperti o di società specializzate, a norma dell'articolo 3 della legge 11 maggio 1999, n. 140.

3. Il Ministero dell'industria può altresì avvalersi del personale della Guardia di finanza per le verifiche ed i controlli necessari ai fini dell'espletamento dell'attività di vigilanza e dell'adozione degli atti e dei provvedimenti di propria competenza.

Art. 38.

Nomina del commissario straordinario

1. Entro cinque giorni dalla comunicazione del decreto che dichiara aperta la procedura, il Ministro dell'industria nomina con decreto uno o tre commissari straordinari. In quest'ultimo caso, i commissari deliberano a maggioranza e la rappresentanza è esercitata congiuntamente da almeno due di essi.

2. La nomina di tre commissari è limitata ai casi di eccezionale rilevanza e complessità della procedura.

3. Il decreto di nomina è comunicato al tribunale che ha dichiarato lo stato di insolvenza, all'ufficio del registro delle imprese, nonché alla regione ed al comune in cui l'impresa ha la sede principale. Di esso è data altresì pubblica notizia con mezzi informatici, a cura del Ministero dell'industria, secondo le modalità stabilite con il regolamento previsto dall'articolo 94.

4. Con la nomina del commissario straordinario cessano le funzioni del commissario giudiziale, salvo quanto previsto dall'articolo 34.

Art. 39.

Criteri per la scelta dei commissari e degli esperti

1. Con regolamento del Ministro dell'industria, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, sono stabili i requisiti di professionalità e di onorabilità dei commissari giudiziali e dei commissari straordinari.

2. Il Ministro dell'industria stabilisce altresì preventivamente, con proprio decreto, i criteri per la scelta degli esperti la cui opera è richiesta dalla procedura.

Art. 40. ( nota )

Poteri del commissario straordinario

1. Il commissario straordinario ha la gestione dell'impresa e l'amministrazione dei beni dell'imprenditore insolvente e dei soci illimitatamente responsabili ammessi alla procedura, fermo, per questi ultimi, quanto previsto dall'articolo 148, secondo comma, della legge fallimentare. Per quanto attiene all'esercizio delle sue funzioni, egli è pubblico ufficiale.

Art. 41.

Intrasmissibilità delle attribuzioni del commissario straordinario

1. Il commissario esercita personalmente le attribuzioni del proprio ufficio, con facoltà di delegare ad altri, sotto la propria responsabilità, le funzioni inerenti alla gestione corrente dell'impresa. Negli altri casi, la delega può essere conferita soltanto per singole operazioni e con l'autorizzazione del Ministero dell'industria.

2. Il commissario può essere altresì autorizzato dal Ministero dell'industria a farsi coadiuvare da esperti, sotto la propria responsabilità.

Art. 42.

Controllo preventivo sugli atti del commissario straordinario

1. Sono soggetti ad autorizzazione del Ministero dell'industria, sentito il comitato di sorveglianza:

a) gli atti di alienazione e di affitto di aziende e di rami di aziende;

b) gli atti di alienazione e di locazione di beni immobili e di costituzione di diritti reali sui medesimi, gli atti di alienazione di beni mobili in blocco, di costituzione di pegno e le transazioni, se di valore indeterminato o superiore a lire quattrocento milioni.

Art. 43.

Revoca del commissario straordinario

1. Il Ministro dell'industria può in ogni tempo, su proposta del comitato di sorveglianza o d'ufficio, revocare il commissario straordinario. Il Ministro provvede previa comunicazione dei motivi di revoca o contestazione degli eventuali addebiti e dopo aver invitato il commissario ad esporre le proprie deduzioni.

Art. 44.

Rendiconto del commissario straordinario

1. Il commissario straordinario che cessa dal suo ufficio, anche durante l'amministrazione straordinaria, deve rendere il conto della gestione a norma dell'articolo 75.

Art. 45.

Nomina del comitato di sorveglianza

1. Entro quindici giorni dalla nomina del commissario straordinario, il Ministro dell'industria nomina con decreto un comitato di sorveglianza, composto da tre o cinque membri. Uno o due di essi, a seconda che il comitato sia composto da tre o cinque membri, sono scelti tra i creditori chirografari; i membri residui tra persone particolarmente esperte nel ramo di attività esercitata dall'impresa o nella materia concorsuale.

2. Il Ministro nomina, altresì, tra i membri del comitato, il presidente.

3. Il decreto di nomina del comitato è comunicato al tribunale che ha dichiarato lo stato di insolvenza, nonché alla regione ed al comune in cui l'impresa ha la sede principale.

4. I membri del comitato nominati in qualità di esperti hanno diritto a compenso secondo le disposizioni del regolamento previsto dall'articolo 47; gli altri membri al solo rimborso delle spese. Il compenso e le spese sono liquidati dal Ministero dell'industria.

Art. 46.

Funzioni del comitato di sorveglianza

1. Il comitato di sorveglianza esprime il parere sugli atti del commissario nei casi previsti dal presente decreto e in ogni altro caso in cui il Ministero dell'industria lo ritiene opportuno.

2. Le deliberazioni del comitato sono prese a maggioranza di voti dei suoi componenti.

3. Il comitato esprime il parere entro dieci giorni dalla richiesta, salvo che, per ragioni di urgenza, non sia invitato a pronunciarsi entro un termine più breve, comunque non inferiore a tre giorni.

4. Il comitato ed ogni suo membro possono in qualunque momento ispezionare le scritture contabili e i documenti della procedura e possono chiedere chiarimenti al commissario straordinario e all'imprenditore insolvente.

Art. 47.

Compenso dei commissari e dei membri del comitato di sorveglianza

1. L'ammontare del compenso spettante al commissario giudiziale, al commissario straordinario ed ai membri del comitato di sorveglianza ed i relativi criteri di liquidazione sono determinati con regolamento del Ministro di grazia e giustizia, di concerto con i Ministri dell'industria e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.

2. I compensi di cui al comma 1 sono a carico dell'impresa sottoposta alla procedura.

CAPO III

Effetti

Art. 48.

Divieto di azioni esecutive individuali

1. Sui beni dei soggetti ammessi alla procedura di amministrazione straordinaria non possono essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali, anche speciali.

Art. 49. ( nota )

Azioni revocatorie

1. Le azioni per la dichiarazione di inefficacia e la revoca degli atti pregiudizievoli ai creditori previste dalle disposizioni della sezione III del capo III del titolo II della legge fallimentare possono essere proposte dal commissario straordinario soltanto se è stata autorizzata l'esecuzione di un programma di cessione dei complessi aziendali, salvo il caso di conversione della procedura in fallimento.

2. I termini stabiliti dalle disposizioni indicate nel comma 1 si computano a decorrere dalla dichiarazione dello stato di insolvenza. Tale disposizione si applica anche in tutti i casi in cui alla dichiarazione dello stato di insolvenza segua la dichiarazione di fallimento.

Art. 50.

Contratti in corso

1. Salvo quanto previsto dal comma 4, il commissario straordinario può sciogliersi dai contratti, anche ad esecuzione continuata o periodica, ancora ineseguiti o non interamente eseguiti da entrambe le parti alla data di apertura dell'amministrazione straordinaria.

2. Fino a quando la facoltà di scioglimento non è esercitata, il contratto continua ad avere esecuzione.

3. Dopo che è stata autorizzata l'esecuzione del programma, l'altro contraente può intimare per iscritto al commissario straordinario di far conoscere le proprie determinazioni nel termine di trenta giorni dalla ricezione dell'intimazione, decorso il quale il contratto si intende sciolto.

4. Le disposizioni del presente articolo non si applicano:

a) ai contratti di lavoro subordinato, in rapporto ai quali restano ferme le disposizioni vigenti;

b) se sottoposto ad amministrazione straordinaria è il locatore, ai contratti di locazione di immobili, nei quali il commissario straordinario subentra, salvo patto contrario.

Art. 51. ( note )

Diritti dell 'altro contraente

1. I diritti dell'altro contraente, nel caso di scioglimento o di subentro del commissario straordinario nei contratti ancora ineseguiti o non interamente eseguiti alla data di apertura dell'amministrazione straordinaria, sono regolati dalle disposizioni della sezione IV del capo III del titolo II della legge fallimentare.

2. Nel caso di subentro del commissario straordinario nei contratti di somministrazione, la disposizione del secondo comma dell'articolo 74 della legge fallimentare non si applica se il somministrante opera in condizione di monopolio.

3. Nei casi in cui le disposizioni indicate nel comma 1 prevedono diritti da far valere mediante ammissione al passivo, il contraente può chiedere l'ammissione sotto condizione dello scioglimento o del subentro del commissario straordinario nel contratto, ove non ancora verificatosi, a norma dell'articolo 55, terzo comma, della legge fallimentare.

Art. 52. ( nota )

Crediti sorti per la continuazione dell 'esercizio dell 'impresa

1. I crediti sorti per la continuazione dell'esercizio dell'impresa e la gestione del patrimonio del debitore sono soddisfatti in prededuzione a norma dell'articolo 111, primo comma, numero 1), della legge fallimentare, anche nel fallimento successivo alla procedura di amministrazione straordinaria.

CAPO IV

Accertamento del passivo

Art. 53. ( note )

Accertamento del passivo

1. L'accertamento del passivo prosegue sulla base delle disposizioni della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, secondo il procedimento previsto dagli articoli 93 e seguenti della legge fallimentare, sostituito al curatore il commissario straordinario.

2. Se è ammessa all'amministrazione straordinaria una società con soci illimitatamente responsabili si applicano altresì le disposizioni dell'articolo 148, terzo, quarto e quinto comma, della legge fallimentare.

CAPO V

Definizione ed esecuzione del programma

Art. 54

Predisposizione del programma

1. Il commissario straordinario, entro i sessanta giorni successivi al decreto di apertura della procedura, presenta al Ministero dell'industria un programma redatto secondo uno degli indirizzi alternativi indicati nell'articolo 27, comma 2.

2. Il termine previsto dal comma 1 può essere prorogato dal Ministero dell'industria, per una sola volta e per non più di sessanta giorni, se la definizione del programma risulta di particolare complessità.

3. Della presentazione del programma e del provvedimento di proroga del relativo termine è data notizia, entro tre giorni, al tribunale che ha dichiarato lo stato di insolvenza, a cura del commissario straordinario.

4. La mancata presentazione del programma nel termine originario o prorogato costituisce causa di revoca del commissario.

Art. 55. ( note )

Criteri di definizione del programma

1. Il programma è redatto sotto la vigilanza del Ministero dell'industria ed in conformità degli indirizzi di politica industriale dal medesimo adottati, in modo da salvaguardare l'unità operativa dei complessi aziendali, tenuto conto degli interessi dei creditori.

2. Se il programma prevede il ricorso alla garanzia del Tesoro dello Stato di cui all'articolo 2-bis del decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile 1979, n. 95, o ad altre agevolazioni pubbliche non rientranti fra le misure autorizzate dalla Commissione europea, esso deve conformarsi alle disposizioni ed agli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà.

Art. 56.

Contenuto del programma

1. Il programma deve indicare:

a) le attività imprenditoriali destinate alla prosecuzione e quelle da dismettere;

b) il piano per la eventuale liquidazione dei beni non funzionali all'esercizio dell'impresa;

c) le previsioni economiche e finanziarie connesse alla prosecuzione dell'esercizio dell'impresa;

d) i modi della copertura del fabbisogno finanziario, con specificazione dei finanziamenti o delle altre agevolazioni pubbliche di cui è prevista l'utilizzazione.

2. Se è adottato l'indirizzo della cessione dei complessi aziendali, il programma deve altresì indicare le modalità della cessione, segnalando le offerte pervenute o acquisite, nonché le previsioni in ordine alla soddisfazione dei creditori.

3. Se è adottato l'indirizzo della ristrutturazione dell'impresa, il programma deve indicare, in aggiunta a quanto stabilito nel comma 1, le eventuali previsioni di ricapitalizzazione dell'impresa e di mutamento degli assetti imprenditoriali, nonché i tempi e le modalità di soddisfazione dei creditori, anche sulla base di piani di modifica convenzionale delle scadenze dei debiti o di definizione mediante concordato.

Art. 57.

Autorizzazione all 'esecuzione del programma

1. L'esecuzione del programma è autorizzata dal Ministero dell'industria con decreto, sentito il comitato di sorveglianza, entro trenta giorni dalla sua presentazione.

2. Salvo quanto previsto dall'articolo 58, il programma si intende comunque autorizzato se il Ministero non si pronuncia entro novanta giorni dalla presentazione.

3. Il termine previsto dal comma 2 è sospeso se il Ministero chiede chiarimenti, modifiche o integrazioni del programma; ad essi il commissario straordinario provvede entro trenta giorni dalla richiesta, a pena di revoca dall'incarico. Ulteriori richieste di chiarimenti, modifiche o integrazioni non hanno effetto sospensivo.

4. I termini di durata del programma stabiliti a norma dell'articolo 27, comma 2, decorrono dalla data dell'autorizzazione.

Art. 58.

Autorizzazione all 'esecuzione del programma in casi particolari

1. Se il programma prevede il ricorso a finanziamenti o agevolazioni pubbliche soggetti ad autorizzazione della Commissione europea in base alle disposizioni ed agli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà, i termini per l'autorizzazione del programma previsti dall'articolo 57, commi 1 e 2, decorrono dalla data della decisione della Commissione stessa.

2. Nel caso di diniego dell'autorizzazione della Commissione europea, o se questa non è concessa nei centoventi giorni successivi alla presentazione del programma, il commissario straordinario presenta al Ministero dell'industria un nuovo programma che non preveda il ricorso ai finanziamenti e alle agevolazioni.

3. Il commissario straordinario provvede a norma del comma 2 entro trenta giorni, a pena di revoca dall'incarico. In rapporto al nuovo programma i termini previsti dall'articolo 57, commi 2 e 3, sono ridotti della metà.

Art. 59.

Comunicazione al tribunale del programma autorizzato

1. Il commissario straordinario trasmette entro tre giorni copia del programma autorizzato al tribunale, segnalando se esso contenga notizie o previsioni specifiche la cui divulgazione prima della scadenza potrebbe pregiudicarne l'attuazione.

2. Il giudice delegato dispone il deposito in cancelleria del programma, con esclusione delle parti in relazione alle quali siano ravvisabili esigenze di riservatezza a norma del comma 1.

L'imprenditore insolvente, i creditori e ogni altro interessato possono prendere visione ed estrarre copia del programma depositato, che reca l'indicazione della eventuale mancanza di parti per ragioni di riservatezza.

Art. 60. ( note )

Modifica o sostituzione del programma autorizzato

1. Nel corso dell'esecuzione del programma, il commissario straordinario può chiedere al Ministero dell'industria, indicandone le ragioni, la modifica del programma autorizzato o la sua sostituzione con un programma che adotta l'indirizzo alternativo fra quelli previsti nell'articolo 27, comma 2.

2. La modifica o la sostituzione è autorizzata a norma degli articoli 57, comma 1, 58, comma 1, e 59. L'autorizzazione è inefficace se interviene dopo la scadenza del termine del primo programma autorizzato, ovvero, nel caso di sostituzione del programma di ristrutturazione con un programma di cessione dei complessi aziendali, se interviene dopo che è trascorso un anno dalla data di autorizzazione del primo programma.

3. Il termine di durata del programma modificativo o sostitutivo stabilito a norma dell'articolo 27, comma 2, si computa in ogni caso a decorrere dalla data di autorizzazione del primo programma.

4. Nel caso di sostituzione di un programma di cessione dei complessi aziendali con un programma di ristrutturazione, le azioni proposte dal commissario straordinario in base alle disposizioni della sezione III del capo III del titolo II della legge fallimentare sono sospese sino a quando è in corso l'esecuzione del programma sostitutivo. Ai fini della fissazione dell'udienza per la eventuale prosecuzione del processo dopo la sospensione, l'istanza prevista dall'articolo 297 del codice di procedura civile deve essere proposta entro sei mesi dalla cessazione dell'esecuzione del programma stesso.

Art. 61.

Esecuzione del programma

1. Il commissario straordinario compie tutte le attività dirette all'esecuzione del programma autorizzato, fermo quanto stabilito dall'articolo 42.

2. Il commissario straordinario presenta ogni tre mesi al Ministro dell'industria una relazione sull'andamento dell'esercizio dell'impresa e sulla esecuzione del programma.

3. Nei dieci giorni successivi al termine di scadenza del programma, il commissario presenta una relazione finale, con la quale illustra analiticamente gli esiti della sua esecuzione, specificando se gli obiettivi indicati nell'articolo 27 siano stati o meno conseguiti.

4. Le relazioni sono sottoposte al parere del comitato di sorveglianza. Copia delle medesime e del parere del comitato è depositata entro tre giorni dal commissario presso la cancelleria del tribunale, ove qualunque interessato può prenderne visione ed estrarne copia.

Art. 62.

Alienazione dei beni

1. L'alienazione dei beni dell'impresa insolvente, in conformità delle previsioni del programma autorizzato, è effettuata con forme adeguate alla natura dei beni e finalizzate al migliore realizzo, in conformità dei criteri generali stabiliti dal Ministro dell'industria.

2. La vendita di beni immobili, aziende e rami d'azienda di valore superiore a lire cento milioni è effettuata previo espletamento di idonee forme di pubblicità.

3. Il valore dei beni è preventivamente determinato da uno o più esperti nominati dal commissario straordinario.

Art. 63. ( note )

Vendita di aziende in esercizio

1. Per le aziende e i rami di azienda in esercizio la valutazione effettuata a norma dell'articolo 62, comma 3, tiene conto della redditività, anche se negativa, all'epoca della stima e nel biennio successivo.

2. Ai fini della vendita di aziende o di rami di azienda in esercizio, l'acquirente deve obbligarsi a proseguire per almeno un biennio le attività imprenditoriali e a mantenere per il medesimo periodo i livelli occupazionali stabiliti all'atto della vendita.

3. La scelta dell'acquirente è effettuata tenendo conto, oltre che dell'ammontare del prezzo offerto, dell'affidabilità dell'offerente e del piano di prosecuzione delle attività imprenditoriali da questi presentato, anche con riguardo alla garanzia di mantenimento dei livelli occupazionali.

4. Nell'ambito delle consultazioni relative al trasferimento d'azienda previste dall'articolo 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 28, il commissario straordinario, l'acquirente e i rappresentanti dei lavoratori possono convenire il trasferimento solo parziale dei lavoratori alle dipendenze dell'acquirente e ulteriori modifiche delle condizioni di lavoro consentite dalle norme vigenti in materia.

5. Salva diversa convenzione, è esclusa la responsabilità dell'acquirente per i debiti relativi all'esercizio delle aziende cedute, anteriori al trasferimento.

Art. 64.

Cancellazione delle iscrizioni e trascrizioni

1. La cancellazione delle iscrizioni relative a diritti di prelazione e delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi sui beni trasferiti è ordinata dal Ministero dell'industria con decreto nei quindici giorni successivi al trasferimento.

Art. 65. ( nota )

Impugnazione degli atti di liquidazione

1. Contro gli atti e i provvedimenti lesivi di diritti soggettivi, relativi alla liquidazione dei beni di imprese in amministrazione straordinaria, è ammesso ricorso al tribunale in confronto del commissario straordinario e degli altri eventuali interessati.

2. Il tribunale decide in camera di consiglio con decreto soggetto a reclamo a norma dell'articolo 739 del codice di procedura civile.

3. Il ricorso non ha effetto sospensivo.

4. Nel caso di accoglimento dell'impugnazione proposta contro i decreti di cancellazione delle iscrizioni e delle trascrizioni, previsti dall'articolo 64, il tribunale ordina al conservatore dei registri le rettifiche e le integrazioni conseguenti alla decisione assunta.

Art. 66.

Proroga del termine di scadenza del programma di cessione dei complessi aziendali

1. Se alla scadenza del programma di cessione dei complessi aziendali, la cessione non è ancora avvenuta, in tutto o in parte, ma risultano in corso iniziative di imminente definizione, il commissario straordinario può chiedere al tribunale, con l'autorizzazione del Ministero dell'industria, sentito il comitato di sorveglianza, la proroga del termine di scadenza del programma.

2. La proroga può essere concessa una sola volta e per un periodo non superiore a tre mesi.

3. Il tribunale provvede con decreto motivato.

4. Alla scadenza del termine prorogato, il commissario straordinario presenta una ulteriore relazione a norma dell'articolo 61, commi 3 e 4.

CAPO VI

Ripartizione dell'attivo

Art. 67 ( note )

Ripartizione dell'attivo

1. Ogni quattro mesi a partire dalla data di scadenza del programma di cessione dei complessi aziendali, ovvero dalla data di deposito del decreto che dichiara esecutivo lo stato passivo a norma dell'articolo 97 della legge fallimentare, se successiva, il commissario straordinario presenta al giudice delegato un prospetto delle somme disponibili ed un progetto di ripartizione delle medesime, corredato dal parere del comitato di sorveglianza.

2. Le ripartizioni hanno luogo secondo le disposizioni degli articoli 110, secondo e terzo comma, 111, 112, 113, 114, 115 e 117, secondo e terzo comma, della legge fallimentare.

3. La ripartizione finale ha luogo dopo l'approvazione del conto della gestione e la liquidazione del compenso al commissario straordinario a norma dell'articolo 75.

Art. 68.

Acconti ai creditori

1. In qualunque momento nel corso della procedura, tenuto conto delle esigenze connesse all'esercizio dell'impresa, il commissario straordinario, sentito il parere del comitato di sorveglianza e con l'autorizzazione del giudice delegato, può distribuire acconti parziali ai creditori, o ad alcune categorie di essi, sulle somme che saranno prevedibilmente attribuite in via definitiva nel rispetto delle cause legittime di prelazione.

2. Nella distribuzione degli acconti è data preferenza ai crediti dei lavoratori subordinati e ai crediti degli imprenditori per le vendite e somministrazioni di beni e per le prestazioni di servizi effettuate a favore dell'impresa insolvente nei sei mesi precedenti la dichiarazione dello stato di insolvenza.

3. Le disposizioni del presente articolo si applicano indipendentemente dal tipo di programma adottato fra quelli alternativamente previsti dall'articolo 27, comma 2.

CAPO VII

Cessazione della procedura

SEZIONE I

Conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento

Art. 69.

Conversione in corso di procedura

1. Qualora, in qualsiasi momento nel corso della procedura di amministrazione straordinaria, risulta che la stessa non può essere utilmente proseguita, il tribunale, su richiesta del commissario straordinario o d'ufficio, dispone la conversione della procedura in fallimento.

2. Prima di presentare la richiesta di conversione, il commissario straordinario ne riferisce al Ministro dell'industria.

Art. 70.

Conversione al termine della procedura

1. Il tribunale, su richiesta del commissario straordinario o d'ufficio, dispone la conversione della procedura di amministrazione straordinaria in fallimento:

a) quando, essendo stato autorizzato un programma di cessione dei complessi aziendali, tale cessione non sia ancora avvenuta, in tutto o in parte, alla scadenza del programma, salvo quanto previsto dall'articolo 66;

b) quando, essendo stato autorizzato un programma di ristrutturazione, l'imprenditore non abbia recuperato la capacità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni alla scadenza del programma.

Art. 71.

Decreto di conversione

1. La conversione della procedura di amministrazione straordinaria in fallimento, a norma degli articoli 69 e 70, è disposta dal tribunale con decreto motivato, sentiti il Ministro dell'industria, il commissario straordinario e l'imprenditore dichiarato insolvente.

2. Con il decreto il tribunale nomina il giudice delegato per la procedura e il curatore; a seguito di esso cessano le funzioni del commissario straordinario e del comitato di sorveglianza.
L'accertamento dello stato passivo, se non esaurito, prosegue sulla base delle disposizioni della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza.

3. Il decreto è comunicato e affisso a norma dell'articolo 8, comma 3.

4. Contro il decreto che dispone la conversione o rigetta la richiesta del commissario straordinario chiunque vi abbia interesse può proporre reclamo alla corte di appello nel termine di quindici giorni. Il termine decorre, per l'imprenditore insolvente ed il commissario straordinario, dalla comunicazione del decreto e, per ogni altro interessato, dalla sua affissione.

5. La corte provvede in camera di consiglio, sentiti il commissario straordinario, l'imprenditore ed il reclamante. Il decreto che accoglie il reclamo è comunicato e affisso a norma del comma 3.

Art. 72.

Applicabilità delle disposizioni relative alla chiusura

1. In tutti i casi in cui è disposta la conversione della procedura di amministrazione straordinaria in fallimento, il commissario straordinario presenta il bilancio della procedura con il conto della gestione a norma dell'articolo 75.

SEZIONE II

Chiusura della procedura

Art. 73.

Cessazione dell'esercizio dell'impresa

1. Nei casi in cui è stato autorizzato un programma di cessione dei complessi aziendali, se nel termine di scadenza del programma, originario o prorogato a norma dell'articolo 66, è avvenuta la integrale cessione dei complessi stessi, il tribunale, su richiesta del commissario straordinario o d'ufficio, dichiara con decreto la cessazione dell'esercizio dell'impresa.

2. Il decreto è affisso e comunicato al Ministero dell'industria e all'ufficio del registro delle imprese a cura del cancelliere.
Contro di esso chiunque vi abbia interesse può proporre reclamo alla corte di appello nel termine di dieci giorni dall'affissione; la corte di appello provvede in camera di consiglio, sentito il commissario straordinario. Il reclamo non ha effetto sospensivo.

3. A far data dal decreto previsto dal comma 1 l'amministrazione straordinaria è considerata, ad ogni effetto, come procedura concorsuale liquidatoria.

4. La liquidazione degli eventuali beni residui acquisiti all'attivo è effettuata secondo le disposizioni previste dagli articoli 42, 62, 64 e 65.

Art. 74.

Chiusura della procedura

1. La procedura di amministrazione straordinaria si chiude:

a) se, nei termini previsti dalla sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, non sono state proposte domande di ammissione al passivo;

b) se, anche prima del termine di scadenza del programma, l'imprenditore insolvente ha recuperato la capacità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni;

c) con il passaggio in giudicato della sentenza che approva il concordato.

2. Se è stato autorizzato un programma di cessione dei complessi aziendali, la procedura di amministrazione straordinaria si chiude altresì:

a) quando, anche prima che sia compiuta la ripartizione finale dell'attivo, le ripartizioni ai creditori raggiungono l'intero ammontare dei crediti ammessi, o questi sono in altro modo estinti e sono pagati i compensi agli organi della procedura e le relative spese;

b) quando è compiuta la ripartizione finale dell'attivo.

Art. 75. ( nota )

Bilancio finale della procedura e rendiconto del commissario straordinario

1. Prima della chiusura della procedura, il commissario straordinario sottopone al Ministero dell'industria il bilancio finale della procedura con il conto della gestione, accompagnati da una relazione del comitato di sorveglianza. Il Ministero ne autorizza il deposito presso la cancelleria del tribunale che ha dichiarato lo stato di insolvenza e liquida il compenso al commissario.

2. Un avviso dell'avvenuto deposito è, a cura del cancelliere, comunicato all'imprenditore insolvente e affisso entro tre giorni.

3. Gli interessati possono proporre le loro contestazioni con ricorso al tribunale nel termine di venti giorni. Il termine decorre, per l'imprenditore, dalla comunicazione dell'avviso e, per ogni altro interessato, dalla sua affissione. Si osservano le disposizioni dell'articolo 213, secondo comma, secondo e terzo periodo, della legge fallimentare.

4. Decorso il termine indicato nel comma 3 senza che siano proposte osservazioni, il bilancio e il conto della gestione si intendono approvati.

Art. 76.

Decreto di chiusura

1. La chiusura della procedura di amministrazione straordinaria è dichiarata con decreto motivato dal tribunale, su istanza del commissario straordinario o dell'imprenditore dichiarato insolvente, ovvero d'ufficio.

2. Si applicano le disposizioni dell'articolo 71, commi 3, 4 e 5.

Art. 77.

Riapertura della procedura

1. Nel caso previsto dall'articolo 74, comma 2, lettera b), il tribunale, entro cinque anni dal decreto di chiusura, su istanza dell'imprenditore dichiarato insolvente o di qualunque creditore, può ordinare la riapertura della procedura di amministrazione straordinaria, convertendola in fallimento, quando risulta che nel patrimonio dell'imprenditore esistono attività in misura tale da rendere utile il provvedimento o quando l'imprenditore offre garanzia di pagare almeno il dieci per cento ai creditori vecchi e nuovi.

2. Il tribunale, sentito l'imprenditore, se accoglie l'istanza, pronuncia sentenza in camera di consiglio non soggetta ad appello, con la quale:

a) richiama in ufficio il giudice delegato, o lo nomina di nuovo;

b) nomina il curatore;

c) impartisce l'ordine previsto dall'articolo 8, comma 1, lettera c);

d) stabilisce i termini previsti dall'articolo 8, comma 1, lettere d) ed e), abbreviandoli di non oltre la metà.

3. La sentenza è comunicata e affissa a norma dell'articolo 8, comma 3.

SEZIONE III

Concordato

Art. 78. ( note )

Concordato

1. Dopo il decreto previsto dall'articolo 97 della legge fallimentare, il Ministero dell'industria, su parere del commissario straordinario, sentito il comitato di sorveglianza, può autorizzare l'imprenditore dichiarato insolvente o un terzo a proporre al tribunale un concordato, osservate le disposizioni dell'articolo 152 della legge fallimentare, se si tratta di società.

2. L'autorizzazione è concessa tenuto conto della convenienza del concordato e della sua compatibilità con il fine conservativo della procedura.

3. Si applicano le disposizioni dell'articolo 214, secondo, terzo, quarto e quinto comma della legge fallimentare, sostituito al commissario liquidatore il commissario straordinario. I termini per proporre l'appello e il ricorso per cassazione previsti dal quarto comma dello stesso articolo 214 decorrono dalla comunicazione della sentenza soggetta ad impugnazione.

Art. 79.

Concordato particolare del socio

1. Nell'amministrazione straordinaria di una società con soci a responsabilità illimitata, ciascuno dei soci ammessi alla procedura può proporre un concordato ai creditori sociali e particolari che concorrono sul suo patrimonio con l'osservanza delle disposizioni dell'articolo 78.

TITOLO IV

Gruppo di imprese

CAPO I

Estensione dell'amministrazione straordinaria alle imprese del gruppo

Art. 80. ( nota )

Definizioni

1. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni del presente capo si intendono:

a) per "procedura madre", la procedura di amministrazione straordinaria di una impresa che ha i requisiti previsti dagli articoli 2 e 27, facente parte di un gruppo;

b) per "imprese del gruppo":
1) le imprese che controllano direttamente o indirettamente la società sottoposta alla procedura madre;
2) le società direttamente o indirettamente controllate dall'impresa sottoposta alla procedura madre o dall'impresa che la controlla;
3) le imprese che, per la composizione degli organi amministrativi o sulla base di altri concordanti elementi, risultano soggette ad una direzione comune a quella dell'impresa sottoposta alla procedura madre.

2. Agli effetti del comma 1, lettera b), numeri 1) e 2), il rapporto di controllo sussiste, anche con riferimento a soggetti diversi dalle società, nei casi previsti dall'articolo 2359, primo e secondo comma, del codice civile.

Art. 81.

Amministrazione straordinaria delle imprese del gruppo

1. Dalla data del decreto che dichiara aperta la procedura madre, e fino a quando la stessa è in corso, le imprese del gruppo soggette alle disposizioni sul fallimento, che si trovano in stato di insolvenza, possono essere ammesse all'amministrazione straordinaria indipendentemente dal possesso dei requisiti previsti nell'articolo 2.

2. Le imprese del gruppo sono ammesse all'amministrazione straordinaria qualora presentino concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali, nei modi indicati dall'articolo 27, ovvero quando risulti comunque opportuna la gestione unitaria dell'insolvenza nell'ambito del gruppo, in quanto idonea ad agevolare, per i collegamenti di natura economica o produttiva esistenti tra le singole imprese, il raggiungimento degli obiettivi della procedura.

Art. 82.

Accertamento dei presupposti per l 'ammissione alla procedura

1. L'accertamento dei presupposti e delle condizioni per l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria dell'impresa del gruppo è effettuato dal tribunale del luogo in cui essa ha la sede principale con l'osservanza delle disposizioni del titolo II e del capo I del titolo III.

2. Il ricorso per la dichiarazione dello stato di insolvenza dell'impresa del gruppo può essere proposto anche dal commissario straordinario della procedura madre.

Art. 83. ( nota )

Informazioni sui rapporti di gruppo

1. Al fine di accertare l'esistenza dei rapporti indicati nell'articolo 80, comma 1, lettera b), il tribunale, il Ministero dell'industria ed il commissario straordinario possono chiedere informazioni alla Commissione nazionale per le società e la borsa e ad ogni altro pubblico ufficio. Possono chiedere, altresì, alle società fiduciarie previste dalla legge 23 novembre 1939, n. 1966 le generalità degli effettivi titolari di diritti sulle azioni intestate a loro nome.

2. Le informazioni sono fornite entro quindici giorni dalla richiesta.

Art. 84.

Conversione del fallimento in amministrazione straordinaria

1. Se il decreto che dichiara aperta la procedura madre è emesso dopo la sentenza di fallimento di una impresa del gruppo, il tribunale che ha dichiarato il fallimento ne dispone la conversione in amministrazione straordinaria, qualora sussistano i presupposti stabiliti dall'articolo 81 e sempre che non sia già esaurita la liquidazione dell'attivo. Il tribunale provvede su istanza di chiunque vi abbia interesse o d'ufficio.

2. Ai fini indicati nel comma 1, il tribunale invita con decreto il curatore ed il commissario straordinario a depositare in cancelleria ed a trasmettere al Ministro dell'industria entro trenta giorni una relazione contenente una valutazione motivata circa la sussistenza dei presupposti per la conversione.

3. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 28, commi 4 e 5, 29, 30 e 33, sostituiti al commissario giudiziale il curatore ed il commissario straordinario.

Art. 85.

Organi della procedura e imputazione delle spese

1. Alla procedura di amministrazione straordinaria dell'impresa del gruppo sono preposti gli stessi organi nominati per la procedura madre, salva l'eventuale integrazione del comitato di sorveglianza, anche in eccedenza rispetto al numero massimo dei componenti stabilito dal comma 1 dell'articolo 45, al fine di assicurare il rispetto della disposizione prevista dal secondo periodo dello stesso comma 1 dell'articolo 45.

2. Le spese generali della procedura sono imputate alle singole imprese del gruppo in proporzione delle rispettive masse attive.

Art. 86.

Programma delle imprese del gruppo

1. Se l'impresa del gruppo è stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria nel concorso delle condizioni indicate nell'articolo 27, il commissario straordinario predispone un programma secondo uno degli indirizzi alternativi previsti dal comma 2 del medesimo articolo.

2. Se l'impresa del gruppo è stata ammessa alla procedura in assenza delle condizioni indicate nell'articolo 27, ed in considerazione della opportunità della gestione unitaria dell'insolvenza nell'ambito del gruppo, il commissario straordinario predispone un programma integrativo di quello approvato a norma dell'articolo 57 nell'ambito della procedura madre o in relazione ad altra impresa del gruppo ammessa alla procedura.

3. Il commissario provvede a norma dei commi 1 e 2 nei termini stabiliti dall'articolo 54, ridotti della metà.

Art. 87.

Conversione dell 'amministrazione straordinaria in fallimento

1. La conversione in fallimento e la chiusura della procedura madre a norma degli articoli 11, 69, 70 e 74, comma 1, determinano la conversione in fallimento della procedura di amministrazione straordinaria delle imprese del gruppo in rapporto alle quali non sussistono le condizioni previste dall'articolo 27.

CAPO II

Responsabilità e azioni revocatorie

Art. 88.

Definizioni

1. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni del presente capo si intendono:

a) per "impresa dichiarata insolvente", l'impresa dichiarata insolvente a norma dell'articolo 3, anche se successivamente ammessa alla procedura di all'amministrazione straordinaria o dichiarata fallita, nonché l'impresa che, nel caso previsto dall'articolo 35, avrebbe dovuto essere dichiarata insolvente a norma del medesimo articolo 3;

b) per "imprese del gruppo", le imprese, anche non insolventi, che si trovano nei rapporti indicati dall'articolo 80, comma 1, lettera b), con l'impresa dichiarata insolvente;

c) per "società del gruppo", le imprese del gruppo costituite in forma societaria.

Art. 89. ( nota )

Denuncia al tribunale

1. Il commissario giudiziale, il commissario straordinario e il curatore dell'impresa dichiarata insolvente possono proporre la denuncia prevista dall'articolo 2409 del codice civile contro gli amministratori e i sindaci delle società del gruppo.

2. Nel caso di accertamento delle gravi irregolarità denunciate, il commissario o il curatore denunciante può essere nominato amministratore giudiziario della società del gruppo a norma del terzo comma dell'articolo 2409 del codice civile.

Art. 90.

Responsabilità nei casi di direzione unitaria

1. Nei casi di direzione unitaria delle imprese del gruppo, gli amministratori delle società che hanno abusato di tale direzione rispondono in solido con gli amministratori della società dichiarata insolvente dei danni da questi cagionati alla società stessa in conseguenza delle direttive impartite.

Art. 91. ( nota )

Azioni revocatorie

1. Fermo quanto stabilito dall'articolo 49, comma 1, il commissario straordinario ed il curatore dell'impresa dichiarata insolvente possono proporre l'azione revocatoria prevista dall'articolo 67 della legge fallimentare nei confronti delle imprese del gruppo relativamente agli atti indicati nei numeri 1), 2) e 3) dello stesso articolo compiuti nei cinque anni anteriori alla dichiarazione dello stato di insolvenza, e relativamente agli atti indicati nei numeri 1), 2) e 3) dello stesso articolo compiuti nei cinque anni anteriori alla dichiarazione dello stato di insolvenza, e relativamente agli atti indicati nel numero 4) e nel secondo comma dello stesso articolo compiuti nei tre anni anteriori.

2. Al fine dell'esperimento dell'azione il commissario straordinario ed il curatore possono chiedere le informazioni previste dall'articolo 83.

TITOLO V

Disposizioni comuni di procedura

Art. 92. ( note )

Composizione collegiale del tribunale

1. Il tribunale dichiara lo stato di insolvenza e adotta gli altri provvedimenti previsti dal presente decreto in composizione collegiale.

2. Nell'ambito della procedura regolata dal presente decreto, il tribunale giudica altresì in composizione collegiale nelle cause relative all'accertamento del passivo previste dagli articoli 98 e seguenti della legge fallimentare e nelle cause di approvazione del concordato previste dall'articolo 214, terzo comma, della medesima legge.

Art. 93. ( nota )

Sospensione dei termini processuali

1. La sospensione dei termini processuali, prevista dalla legge 7 ottobre 1969, n. 742, non si applica:

a) ai procedimenti per la dichiarazione dello stato di insolvenza e di opposizione alla medesima;

b) al procedimento per l'apertura della procedura di amministrazione straordinaria o la dichiarazione di fallimento dell'impresa insolvente, previsto dagli articoli 28, 29 e 30, ed al relativo procedimento di reclamo;

c) ai procedimenti di conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento e di conversione del fallimento in amministrazione straordinaria, nonché ai relativi procedimenti di reclamo.

Art. 94.

Affissione con mezzi informatici

1. In tutti i casi in cui il presente decreto prevede, anche mediante rinvio a disposizioni della legge fallimentare, l'affissione di atti, provvedimenti, estratti o avvisi, questa è effettuata mediante il loro inserimento in una rete informatica accessibile al pubblico, secondo le modalità stabilite con regolamento del Ministro di grazia e giustizia, di concerto con i Ministri dell'industria e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.

2. Il regolamento stabilisce i criteri di imputazione alle imprese sottoposte alle procedure dei costi del servizio.

TITOLO VI

Disposizioni penali

Art. 95. ( note )

Applicabilità delle disposizioni penali della legge fallimentare

1. La dichiarazione dello stato di insolvenza a norma degli articoli 3 e 82 è equiparata alla dichiarazione di fallimento ai fini dell'applicazione delle disposizioni dei capi I, II e IV del titolo VI della legge fallimentare.

2. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 220 della legge fallimentare, l'obbligo previsto dall'articolo 16, secondo comma, numero 3), della medesima legge si intende sostituito dall'obbligo previsto dall'articolo 8, comma 1, lettera c), del presente decreto.

Art. 96. ( nota )

Reati del commissario giudiziale e del commissario straordinario

1. Si applicano al commissario giudiziale ed al commissario straordinario le disposizioni degli articoli 228, 229 e 230 della legge fallimentare.

2. Le stesse disposizioni si applicano, altresì, alle persone che coadiuvano il commissario giudiziale o il commissario straordinario nell'amministrazione della procedura.

Art. 97. ( nota )

Costituzione di parte civile

1. La facoltà di costituzione di parte civile prevista dall'articolo 240, primo comma, della legge fallimentare è esercitata, dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza, dal commissario giudiziale e, dopo l'apertura della procedura di amministrazione straordinaria, dal commissario straordinario.

TITOLO VII

Disposizioni di coordinamento, transitorie e finali

Art. 98. ( nota )

Modifica dell 'articolo 50-bis del codice di procedura civile

1. Nel numero 2) del primo comma dell'articolo 50-bis del codice di procedura civile, aggiunto dall'articolo 56 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, le parole "al decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26, convertito con modificazioni dalla legge 3 aprile 1979, n. 95," sono soppresse.

Art. 99. ( nota )

Modifica della disciplina penale della liquidazione coatta amministrativa

1. Il secondo periodo del primo comma dell'articolo 203 della legge fallimentare è abrogato.

2. L'articolo 237 della legge fallimentare è sostituito dal seguente:

"Art. 237. (Liquidazione coatta amministrativa). L'accertamento giudiziale dello stato di insolvenza a norma degli articoli 195 e 202 è equiparato alla dichiarazione di fallimento ai fini dell'applicazione delle disposizioni del presente titolo. Nel caso di liquidazione coatta amministrativa, si applicano al commissario liquidatore ed alle persone che lo coadiuvano nell'amministrazione della procedura le disposizioni degli articoli 228, 229 e 230.".

Art. 100. ( nota )

Modifica dell 'articolo 2-bis del decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26

1. Nel primo comma dell'articolo 2-bis del decreto-legge 30 giugno 1979, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile 1979, n. 95, le parole "società in amministrazione straordinaria" sono sostituite dalle parole "imprese in amministrazione straordinaria".

Art. 101. ( nota )

Adeguamento delle disposizioni attuative dell 'articolo 2-bis del decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26

1. Con regolamento emanato entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica adegua le disposizioni attuative in ordine alle condizioni e modalità di prestazione della garanzia dello Stato per i debiti delle imprese in amministrazione straordinaria, previste dall'articolo 2-bis, terzo comma, del decreto-legge 30 giugno 1979, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile 1979, n. 95, alla disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà e alle disposizioni del presente decreto.

Art. 102. ( note )

Pagamento di crediti di lavoro a carico del Fondo di garanzia

1. Le domande dirette a conseguire il pagamento, a carico del Fondo di garanzia, dei crediti dei prestatori di lavoro subordinato alle dipendenze di imprese in amministrazione straordinaria e dei loro aventi causa, previsti dall'articolo 2 della legge 29 maggio 1982, n. 297 e dall'articolo 2 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 80, possono essere presentate dopo l'adozione dei provvedimenti indicati nell'articolo 2, secondo e terzo comma, della citata legge n. 297 del 1982.

Art. 103.

Impiego della Guardia di finanza ai fini dell 'espletamento dei compiti di vigilanza

1. Ai fini dell'espletamento dei compiti previsti dall'articolo 37, comma 3, il Ministero dell'industria, previa intesa con il Ministero delle finanze, può chiedere il distacco presso di esso di un contingente del personale della Guardia di finanza, nell'ambito delle vigenti strutture e dotazione organica del Corpo.

Art. 104.

Termine per l 'emanazione dei regolamenti in materia di scelta dei commissari e di compensi

1. I regolamenti previsti dagli articoli 39 e 47 sono emanati entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

2. Fino alla data di entrata in vigore del regolamento previsto dall'articolo 39 si applicano ai commissari giudiziali ed ai commissari straordinari i requisiti per la nomina dei curatori fallimentari.

Art. 105.

Termine per l 'emanazione del regolamento in materia di pubblicità con mezzi informatici

1. Il regolamento previsto dall'articolo 94 è emanato entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto ed entra in vigore decorsi centottanta giorni dalla pubblicazione del regolamento stesso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.

2. Fino alla data di entrata in vigore del regolamento, nonché nei casi di indisponibilità presso gli uffici giudiziari delle dotazioni necessarie ai fini dell'effettuazione della pubblicità con mezzi informatici, l'affissione di atti, provvedimenti, estratti o avvisi, prevista dal presente decreto, è eseguita con mezzo cartaceo presso la porta esterna del tribunale; nei casi in cui è prevista l'applicazione delle disposizioni dell'articolo 8, comma 3, un estratto del provvedimento è inoltre pubblicato nel foglio degli annunzi legali della provincia a cura del cancelliere.

3. Il regolamento stabilisce adeguate modalità di informazione del pubblico in ordine alla mancata effettuazione dell'affissione con mezzi informatici da parte dei singoli tribunali per indisponibilità delle necessarie dotazioni.

4. Fino alla data di entrata in vigore del regolamento, la pubblicità prevista dall'articolo 38, comma 3, secondo periodo, è eseguita mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.

Art. 106. ( note )

Procedure di amministrazione straordinaria in corso

1. Salvo quanto previsto dal comma 3, le procedure di amministrazione straordinaria in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto continuano ad essere regolate dalle disposizioni anteriormente vigenti, anche per quanto attiene al successivo assoggettamento ad amministrazione straordinaria delle società o imprese controllate, a direzione unica e garanti a norma dell'articolo 3 del decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile 1979, n. 95.

2. La procedura di amministrazione straordinaria si considera in corso quando, alla data di entrata in vigore del presente decreto, è stato giudizialmente accertato lo stato di insolvenza dell'impresa, ancorché non sia stato ancora emesso il decreto che dispone l'amministrazione straordinaria a norma dell'articolo 1, quinto comma o dell'articolo 3, secondo comma, del citato decreto-legge n. 26 del 1979.

3. Alle procedure di amministrazione straordinaria in corso si applicano in ogni caso le disposizioni degli articoli 46, comma 3, 77 e 78 del presente decreto.

Art. 107.

Compenso dei commissari delle procedure di amministrazione straordinaria in corso

1. Con il regolamento previsto dall'articolo 47 sono stabiliti i criteri di liquidazione del compenso dei commissari straordinari e dei membri del comitato di sorveglianza nelle procedure di amministrazione straordinaria in corso alla data del presente decreto, per quanto attiene alle attività espletate successivamente all'entrata in vigore del decreto medesimo.

Art. 108. ( note )

Proroga del trattamento di cassa integrazione guadagni

1. Ferma l'applicazione della disciplina vigente in materia di interventi straordinari di integrazione salariale, i trattamenti a favore dei lavoratori dipendenti delle imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria alla data di entrata in vigore del presente decreto, previsti dall'articolo 3 della legge 23 luglio 1991, n. 223, possono essere ulteriormente prorogati alla scadenza, su proposta del Ministero dell'industria, per un periodo massimo di dodici mesi, nei limiti di disponibilità stabiliti dall'articolo 5, comma 1, della legge 30 luglio 1998, n. 274.

2. La proposta del Ministero dell'industria, prevista dal comma 1, costituisce criterio di priorità ai fini della concessione dei trattamenti ivi indicati.

Art. 109.

Abrogazioni

1. Sono abrogati:

a) il decreto-legge 30 giugno 1979, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile 1979, n. 95, e successive modificazioni, fatta eccezione per l'articolo 2-bis;

b) l'articolo 8, terzo comma, della legge 28 novembre 1980, n. 784;

c) l'articolo 4 del decreto-legge 31 luglio 1981, n. 414, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 ottobre 1981, n. 544;

d) il decreto-legge 28 aprile 1982, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1982, n. 381;

e) l'articolo 2 del decreto-legge 9 aprile 1984, n. 62, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 giugno 1984, n. 212;

f) gli articoli 2 e 3 del decreto-legge 9 dicembre 1986, n. 835, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1987, n. 19;

g) l'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 4 settembre 1987, n. 366, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 novembre 1987, n. 452;

h) la legge 23 agosto 1988, n. 391;

i) l'articolo 19 del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30.

2. E' abrogata ogni altra disposizione incompatibile con il presente decreto.

Art. 110.

Norma di coordinamento

1. I riferimenti contenuti in norme vigenti, non abrogate esplicitamente o implicitamente dal presente decreto, alle disposizioni del decreto-legge 30 giugno 1979, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile 1979, n. 95, si intendono effettuati alle corrispondenti disposizioni del presente decreto.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. è fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

NOTE

Avvertenza: Il testo delle note qui pubblicato e stato redatto ai sensi dell'art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali è operato il rinvio. Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti.

Note alle premesse:

- Si riporta il testo dell'art. 76 della Costituzione: "Art. 76. - L'esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti".

- Si riporta il testo dell'art. 87 della Costituzione: "Art. 87. - Il Presidente della Repubblica e il Capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale.
Può inviare messaggi alle Camere.
Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione.
Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo.
Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.
Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione.
Nomina nei casi previsti dalla legge i funzionari dello Stato.
Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere.
Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.
Presiede il Consiglio superiore della magistratura.
Può concedere grazia e commutare le pene.
Conferisce le onorificenze della Repubblica".

- La legge 30 luglio 1998, n. 274, reca: "Disposizioni in materia di attività produttive". Si riporta il testo del relativo art. 1:

"Art. 1 (Disposizioni per il riordino della disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza)

1. Il Governo è delegato ad emanare, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato e del Ministro di grazia e giustizia, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante la nuova disciplina dell'istituto dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, procedendo l'abrogazione del decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile 1979, n. 95, e successive modificazioni ed integrazioni ad eccezione dell'art. 2-bis del citato decreto-legge n. 26 del 1979.

2. In sede di adozione del decreto legislativo di cui al comma 1, il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:

a) definizione dell'amministrazione straordinaria quale procedura concorsuale della grande impresa commerciale insolvente, con finalità conservative delle attività aziendali, mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione dell'esercizio;

b) individuazione delle imprese soggette alla procedura avente come parametro un nitunero di dipendenti non inferiore a duecento da almeno un anno e un indebitamento complessivo non inferiore ai due terzi dell'attivo lordo e dei ricavi provenienti dalle vendite e dalle prestazioni;

c) individuazione del presupposto oggettivo della procedura nell'esistenza di concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività aziendali nei modi indicati dalla lettera m);

d) articolazione del procedimento in due fasi: la prima di dichiarazione dello stato di insolvenza, e la seconda, eventuale, di apertura della procedura di amministrazione straordinaria;

e) attribuzione al tribunale del potere di dichiarare con sentenza lo stato di insolvenza delle imprese eventualmente da assoggettare ad amministrazione straordinaria, acquisito l'avviso del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato;

f) nomina da parte del tribunale, con la sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, di uno o più commissari giudiziali, su indicazione vincolante del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, ovvero in via autonoma, se l'indicazione non venga tempestivamente formulata;

g) determinazione degli effetti immediati della dichiarazione dello stato di insolvenza sulla base di quelli stabiliti dal capo II del titolo III delle disposizioni approvate con regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, con gli adattamenti opportuni alla particolarità del procedimento, e con previsione altresì del potere del tribunale di affidare al commissario giudiziale la gestione dell'impresa;

h) previsione che il tribunale, sulla base di apposita relazione del commissario giudiziale, da depositare entro trenta giorni dalla nomina, e sentito il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, dichiari con decreto, entro un termine non superiore a un mese dal deposito della relazione, l'apertura della procedura di amministrazione straordinaria ovvero il fallimento dell'impresa, a seconda che ricorra o meno il presupposto indicato nella lettera c);

i) attribuzione al tribunale del potere di disporre, anche in via di conversione del fallimento, l'estensione della procedura alle imprese appartenenti al medesimo gruppo che si trovino in stato di insolvenza, qualora ricorra il presupposto indicato nella lettera c) o quando risulti comunque opportuna la gestione unitaria della procedura nell'ambito del gruppo;

l) attribuzione al Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, nel caso di apertura della procedura, del potere di nomina di uno o più commissari straordinari e di un comitato di sorveglianza composto da creditori e da esperti, delle funzioni di vigilanza sulla procedura nonché della fissazione dei criteri per la scelta dei commissari straordinari e dei consulenti degli organi della procedura;

m) previsione di due alternativi indirizzi della procedura di amministrazione straordinaria, rispettivamente volti:
1) alla cessione a terzi dei complessi aziendali, sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa della durata di un anno che garantisca, per quanto possibile, la salvaguardia dei livelli occupazionali e dell'unità operativa dei complessi da trasferire;
2) alla ristrutturazione economico-finanziaria dell'impresa, sulla base di un programma della durata di due anni volto al risanamento dell'impresa;

n) conformazione della disciplina della prosecuzione dell'esercizio dell'impresa, in entrambi i casi indicati nella lettera m), alle disposizioni e agli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà e coordinamento della medesima con le norme vigenti in materia di finanziamenti e di altre agevolazioni pubbliche alle imprese;

o) disciplina della procedura sulla base delle disposizioni della legge fallimentare relative alla liquidazione coatta amministrativa, in quanto compatibili con i principi e i criteri direttivi stabiliti nel presente comma e con le modificazioni ed integrazioni richieste da questi ultimi;

p) determinazione dei poteri del commissario straordinario e della disciplina delle autorizzazioni al compimento dei relativi atti secondo criteri che privilegino la rapidità e l'efficacia dell'azione commissariale, limitando il controllo preventivo agli atti di maggiore rilevanza;

q) previsione che sia assicurata, ai sensi delle disposizioni approvate con regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, la tutela dei crediti maturati dalle imprese fornitrici antecedentemente alla dichiarazione dello stato di insolvenza e che siano garantiti integralmente i crediti sorti durante la continuazione dell'esercizio dell'impresa;

r) definizione della disciplina penale della procedura mediante estensione all'amministrazione straordinaria nei limiti della compatibilità, delle disposizioni previste dai capi I, II e IV del titolo VI delle disposizioni approvate con regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, equiparando, ai fini della loro applicazione, la dichiarazione dello stato di insolvenza pronunciata a norma delle lettere e) ed i) alla dichiarazione di fallimento e apportando altresì alla vigente disciplina penale della liquidazione coatta amministrativa le modifiche necessarie ad assicurare l'omogeneità del trattamento sanzionatorio;

s) previsione dell'obbligo del commissario straordinario, qualora in qualunque momento nel corso della procedura risulti che questa non può essere utilmente continuata, di riferirne all'autorità di vigilanza ed al tribunale affinché si provveda a norma della lettera t);

t) previsione del potere del tribunale di disporre la conversione della procedura in fallimento, sentito il parere del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, qualora:
1) nel caso previsto dal n. 1) della lettera m), alla scadenza del programma di prosecuzione delle attività non siano ancora maturate le condizioni per la cessione del complesso aziendale;
2) nel caso previsto dal n. 2) della lettera m), al termine del programma di risanamento l'impresa non abbia recuperato la capacità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni;

u) definizione di norme transitorie da applicare alle imprese assoggettate ad amministrazione straordinaria anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al presente articolo, salvaguardando i lavoratori dipendenti attraverso l'utilizzo della cassa integrazione guadagni straordinaria.

3. Le determinazioni adottate in relazione agli adempimenti di cui alla lettera h) del comma 2 e alla apertura della procedura, nonché alla nomina degli organi di cui alla lettera l) del medesimo comma 2 sono comunicate alle regioni interessate e ai comuni ove ha sede l'impresa.

4. La cessione dei crediti in prededuzione ai sensi dell'art. 111, n. 1), delle disposizioni approvate con regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, vantati da imprese commerciali non appartenenti a settori oggetto di limitazioni o divieti sulla base della disciplina comunitaria degli aiuti di Stato nei confronti di imprese di amministrazione straordinaria per le quali l'autorizzazione all'esercizio dell'impresa sia cessata nei tre anni precedenti la data di entrata in vigore della presente legge, è garantita nei limiti e secondo i criteri degli aiuti de minimis definiti in sede comunitaria, ai sensi dell'art. 2-bis del decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile 1979, n. 95, nei limiti di disponibilità dell'ammontare complessivo di cui all'articolo medesimo. Il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, con proprio decreto, disciplina le condizioni e le modalità per l'attuazione della disposizione di cui al presente comma".

- Si riporta il testo dell'art. 52, comma 3, della legge 23 dicembre 1998, n. 448:

"3. Il decreto legislativo previsto dall'art. 1 della legge 30 luglio 1998, n. 274, in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, è emanato entro il 30 settembre 1999, sulla base dei principi e dei criteri direttivi indicati nella medesima legge".

Nota all'art. 3:

- I titoli III e IV del R.D. n. 267/1942 ("legge fallimentare") disciplinano rispettivamente il concordato preventivo e l'amministrazione controllata.

Nota all'art. 4:

- Si riporta il testo degli articoli 10, 11 e 12 del R.D. n. 267/1942:

"Art. 10 (Fallimento dell'imprenditore che ha cessato l'esercizio dell'impresa). - L'imprenditore che per qualunque causa, ha cessato l'esercizio dell'impresa, può essere dichiarato fallito entro un anno dalla cessazione dell'impresa, se l'insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l'anno successivo".

"Art. 11 (Fallimento dell'imprenditore defunto). - L'imprenditore defunto può essere dichiarato fallito quando ricorrono le condizioni stabilite nell'articolo precedente.
L'erede può chiedere il fallimento del defunto, purché l'eredità non sia già confusa con il suo patrimonio.
Con la dichiarazione di fallimento cessano di diritto gli effetti della separazione dei beni ottenuta dai creditori del defunto a norma del codice civile".

"Art. 12 (Morte del fallito). - Se l'imprenditore muore dopo la dichiarazione di fallimento, la procedura prosegue nei confronti degli eredi, anche se hanno accettato con beneficio d'inventario.
Se ci sono più eredi, la procedura prosegue in confronto di quello che è designato come rappresentante. In mancanza di accordo nella designazione del rappresentante entro quindici giorni dalla morte del fallito, la designazione è fatta dal giudice delegato.
Nel caso previsto dall'art. 528 del codice civile, la procedura prosegue in confronto del curatore dell'eredità giacente e nel caso previsto dall'art. 641 del codice civile nei confronti dell'amministratore nominato a norma dell'art. 642 dello stesso codice".

Nota all'art. 8:

- Si riporta il testo dell'art. 17, commi 1 e 2 , del R.D. n. 267/1942.

"La sentenza che dichiara il fallimento è comunicata per estratto, a norma dell'art. 136 del codice di procedura civile, al debitore, al curatore e al creditore richiedente, non più tardi del giorno successivo alla sua data. L'estratto deve contenere il nome delle parti, il dispositivo e la data della sentenza.
Nello stesso termine, uguale estratto è affisso a cura del cancelliere alla porta esterna del tribunale e comunicato al pubblico ministero, all'ufficio del registro delle imprese per l'iscrizione da farsi non oltre il giorno successivo al ricevimento, e alla cancelleria del tribunale nella cui giurisdizione il debitore è nato o la società fu costituita. Si osservano inoltre le disposizioni del codice di procedura penale, relative al casellario giudiziario".

Nota all'art. 15:

- Si riporta il testo degli articoli 37, 38, commi 1 e 2 , 39 del R.D. n. 267/1942:

"Art. 37 (Revoca dei curatore). - Il tribunale può in ogni tempo, su proposta del giudice delegato o su richiesta del comitato dei creditori o d'ufficio, revocare il curatore.
Il tribunale provvede con decreto, sentiti il curatore ed il pubblico ministero".

"Art. 38 (Responsabilità del curatore). - Il curatore deve adempiere con diligenza ai doveri del proprio ufficio. Egli deve tenere un registro, preventivamente vidimato senza spese dal giudice delegato, e annotarvi giorno per giorno le operazioni relative alla sua amministrazione.
Durante il fallimento l'azione di responsabilità contro il curatore revocato è proposta dal nuovo curatore, previa autorizzazione del giudice delegato".

"Art. 39 (Compenso del curatore). - Il compenso e le spese dovuti al curatore, anche se il fallimento si chiude con concordato, sono liquidati ad istanza del curatore con decreto del tribunale non soggetto a reclamo, su relazione del giudice delegato, secondo le norme stabilite con decreto del Ministro per la grazia e giustizia.
La liquidazione del compenso è fatta dopo l'approvazione del rendiconto e, se del caso, dopo l'esecuzione del concordato. è in facoltà del tribunale di accordare al curatore acconti sul compenso per giustificati motivi.
Nessun compenso, oltre quello liquidato dal tribunale, può essere preteso dal curatore, nemmeno per rimborso di spese. Le promesse e i pagamenti fatti contro questo divieto sono nulli, ed è sempre ammessa la ripetizione di ciò che è stato pagato, indipendentemente dall'esercizio dell'azione penale, se vi è luogo".

Note all'art. 18:

- Si riporta il testo degli articoli 45, 52, 167, 168 e 169 del R.D. n. 267/1942:

"Art. 45 (Formalità eseguite dopo la dichiarazione di fallimento). - Le formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi, se compiute dopo la data della dichiarazione di fallimento, sono senza effetto rispetto ai creditori".

"Art. 52 (Concorso dei creditori). - Il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito.
Ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione, deve essere accertato secondo le norme stabilite dal capo V, salvo diverse disposizioni della legge".

"Art. 167 (Amministrazione dei beni durante la procedura). - Durante la procedura di concordato, il debitore conserva l'amministrazione dei suoi beni e l'esercizio dell'impresa, sotto la vigilanza del commissario giudiziale e la direzione del giudice delegato.
I mutui, anche sotto forma cambiaria, le transazioni, i compromessi, le alienazioni di beni immobili, le concessioni di ipoteche o di pegno, le fideiussioni, le rinunzie alle liti, le ricognizioni di diritti di terzi, le cancellazioni di ipoteche, le restituzioni di pegni, le accettazioni di eredità e di donazioni e in genere gli atti eccedenti la ordinaria amministrazione, compiuti senza l'autorizzazione scritta del giudice delegato, sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato".

"Art. 168 (Effetti della presentazione del ricorso). - Dalla data della presentazione del ricorso e fino al passaggio in giudicato della sentenza di omologazione del concordato, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore.
Le prescrizioni che sarebbero state interrotte dagli atti predetti rimangono sospese, e le decadenze non si verificano.
I creditori non possono acquistare diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, salvo che vi sia autorizzazione del giudice nei casi previsti dall'articolo precedente".

"Art. 169 (Norme applicabili). - Si applicano, con riferimento alla data di presentazione della domanda di concordato, le disposizioni degli articoli 55, 56, 57, 58, 59, 60, 61, 62, 63".

- Si riporta il testo dell'art. 54, comma 3 , del R.D. n. 267/1942:

"L'estensione del diritto di prelazione agli interessi è regolata dagli articoli 2788 e 2855, commi secondo e terzo, del codice civile, intendendosi equiparata la dichiarazione di fallimento all'atto di pignoramento".

Note all'art. 19:

- Si riporta il testo degli articoli 42, 43, 44, 46 e 47 del R.D. n. 267/1942:

"Art. 42 (Beni del fallito). - La sentenza che dichiara il fallimento, priva dalla sua data il fallito dell'amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti alla data di dichiarazione di fallimento.
Sono compresi nel fallimento anche i beni che pervengono al fallito durante il fallimento, dedotte le passività incontrate per l'acquisto e la conservazione dei beni medesimi".

"Art. 43 (Rapporti processuali). - Nelle controversie, anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale del fallito compresi nel fallimento sta in giudizio il curatore
Il fallito può intervenire nel giudizio solo per le questioni dalle quali può dipendere un'imputazione di bancarotta a suo carico o se l'intervento è previsto dalla legge".

"Art. 44 (Atti compiuti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento). - Tutti gli atti compiuti dal fallito e i pagamenti da lui eseguiti dopo la dichiarazione di fallimento sono inefficaci rispetto ai creditori.
Sono egualmente inefficaci i pagamenti ricevuti dal fallito dopo la sentenza dichiarativa di fallimento".

"Art. 46 (Beni non compresi nel fallimento). - Non sono compresi nel fallimento:

1) i beni ed i diritti di natura strettamente personale;
2) gli assegni aventi carattere alimentare, gli stipendi, pensioni, salari e ciò che il fallito guadagna con la sua attività entro i limiti di quanto occorre per il mantenimento suo e della famiglia;
3) i frutti derivanti dall'usufrutto legale sui beni dei figli ed i redditi dei beni costituiti in patrimonio familiare, salvo quanto è disposto dagli articoli 170 e 326 del codice civile;
4) i frutti dei beni costituiti in dote e i crediti dotati, salvo quanto è disposto dall'art. 188 del codice civile;
5) le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge.

I limiti previsti nel n. 2 di questo articolo sono fissati con decreto del giudice delegato".

"Art. 47 (Alimenti al fallito e alla famiglia). - Se al fallito vengono a mancare i mezzi di sussistenza, il giudice delegato, sentiti il curatore ed il comitato dei creditori, se è stato nominato, può concedergli un sussidio a titolo di alimenti per lui e per la famiglia.
La casa di proprietà del fallito, nei limiti in cui è necessaria all'abitazione di lui e della sua famiglia, non può essere distratta da tale uso fino alla liquidazione delle attività.".

- Si riporta il testo degli articoli 31, 32, 34 e 35 del R.D. n. 267/1942:

"Art. 31 (Poteri del curatore). - Il curatore ha l'amministrazione del patrimonio fallimentare sotto la direzione del giudice delegato.
Egli non può stare in giudizio senza l'autorizzazione scritta dal giudice delegato, salvo in materia di contestazioni e di tardive denunzie di crediti e di diritti reali mobiliari.
Il curatore non può assumere la veste di avvocato o di procuratore nei giudizi che riguardano il fallimento".

"Art. 32 (Intrasmissibilità delle attribuzioni del curatore). - Il curatore esercita personalmente le attribuzioni del proprio ufficio e non può delegarle ad altri, tranne che per singole operazioni e previa autorizzazione del giudice delegato.
Può essere autorizzato da questo, previo parere del comitato dei creditori, a farsi coadiuvare da tecnici o da altre persone retribuite, compreso lo stesso fallito, sotto la propria responsabilità".

"Art. 34 (Deposito delle somme riscosse). - Le somme riscosse a qualunque titolo dal curatore, dedotto quanto il giudice delegato con decreto dichiara necessario per le spese di giustizia e di amministrazione, devono essere depositate entro cinque giorni presso l'ufficio postale o presso un istituto di credito indicato dal giudice, con le modalità da lui stabilite.
Il deposito deve essere intestato all'ufficio fallimentare e non può essere ritirato che in base a mandato di pagamento del giudice delegato.
In caso di mancata esecuzione del deposito nel termine prescritto, il tribunale dispone la revoca del curatore".

"Art. 35 (Integrazione dei poteri del curatore). - Il giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, può autorizzare con decreto motivato il curatore a consentire riduzioni di crediti, a fare transazioni, compromessi, rinunzie alle liti, ricognizioni di diritti di terzi, a cancellare ipoteche, a restituire pegni, a svincolare cauzioni e ad accettare eredità e donazioni.
Se gli atti suddetti sono di valore indeterminato o superiore a lire duecentomila, l'autorizzazione deve essere data, su proposta del giudice delegato e sentito il comitato dei creditori, dal tribunale con decreto motivato non soggetto a gravame.
In quanto possibile, deve essere sentito anche il fallito".

- Si riporta il testo dell'art. 116 del R.D. n. 267/1942:

"Art. 116 (Rendiconto del curatore). - Compiuta la liquidazione dell'attivo prima del riparto finale, il curatore presenta al giudice delegato il conto della gestione.

Il giudice ordina il deposito del conto in cancelleria, e fissa l'udienza nella quale ogni interessato può presentare le sue osservazioni.
L'udienza non può essere tenuta prima che siano decorsi quindici giorni dal deposito.
Dell'avvenuto deposito e della fissazione della udienza è data immediata comunicazione al fallito e ai singoli creditori.
Se all'udienza stabilita non sorgono contestazioni o su queste viene raggiunto un accordo, il giudice approva il conto; altrimenti provvede a norma dell'art. 189 del codice di procedura civile, fissando l'udienza innanzi al collegio non oltre i venti giorni successivi".

Nota all'art. 20:

- Si riporta il testo dell'art. 111, comma 1 , numero 1), del R.D. n. 267/1942:

"Le somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo sono erogate nel seguente ordine:
1) per il pagamento delle spese, comprese le spese anticipate dall'erario, e dei debiti contratti per l'amministrazione del fallimento e per la continuazione dell'esercizio dell'impresa, se questo è stato autorizzato".

Nota all'art. 33:

- Si riporta il testo dell'art. 295 del codice di procedura civile:

"Art. 295 (Sospensione necessaria). - Il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia dalla cui definizione dipende la decisione della causa".

Nota all'art. 35:

- Si riporta il testo dell'art. 18 del R.D. n. 267/1942:

"Art. 18 (Opposizione alla dichiarazione di fallimento). - Contro la sentenza che dichiara il fallimento il debitore e qualunque interessato possono fare opposizione nel termine di quindici giorni dall'affissione della sentenza.
L'opposizione non può essere proposta da chi ha chiesto la dichiarazione di fallimento.
L'opposizione è proposta con atto di citazione da notificarsi al curatore e al creditore richiedente.
L'opposizione non sospende l'esecuzione della sentenza".

Nota all'art. 37:

- Il testo dell'art. 3 della legge 11 maggio 1999, n. 140, è il seguente:

"Art. 3 (Studi e ricerche per la politica industriale). - 1. Per lo svolgimento di funzioni di elaborazione, di analisi e di studio nei settori delle attività produttive, il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato è autorizzato, sentite le Commissioni parlamentari competenti, ad avvalersi della collaborazione di esperti o società specializzate mediante appositi contratti, nonché di un nucleo di esperti per la politica industriale, dotato della necessaria struttura di supporto e disciplinato con apposito decreto, anche in attuazione dei criteri direttivi e di quanto disposto dall'art. 10 della legge 7 agosto 1985, n. 428, ferma restando la dotazione organica del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato.
L'onere relativo, comprensivo di quello di cui all'art. 2, comma 3, lettera f), è determinato in lire 6 miliardi annue a decorrere dal 1999".

Nota all'art. 40:

- Si riporta il testo dell'art. 148, comma 2 , del R.D. n. 267/1942:

"Il patrimonio della società e quello dei singoli soci devono essere tenuti distinti".

Nota all'art. 49:

- La sezione III del capo III del titolo II del R.D. n. 267/1942, reca: "Degli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori".

Note all'art. 51:

- La sezione IV del capo III del titolo II del R.D. n. 267/1942, reca: "Degli effetti del fallimento sugli atti giuridici preesistenti".

- Si riporta il testo dell'art. 74, comma 2 , del R.D. n. 267/1942: "Tuttavia il curatore che subentra deve pagare integralmente il prezzo anche delle consegne già avvenute".

- Si riporta il testo dell'art. 55, comma 3 , del R.D. n. 267/1942: "I crediti condizionali partecipano al concorso a norma degli articoli 95 e 113. Sono compresi tra i crediti condizionali quelli che non possono farsi valere contro il fallito, se non previa escussione di un obbligato principale".

Nota all'art. 52:

- Per il testo dell'art. 111, comma 1 , n. 1), del R.D. n. 267/1942, si veda la nota all'art. 20.

Note all'art. 53:

- Si riporta il testo degli articoli 93, 94, 95, 96, 97, 98, 99, 100, 101, 102, 103 del R.D. n. 267/1942:

"Art. 93 (Domanda di ammissione al passivo). - La domanda di ammissione al passivo deve contenere il cognome e il nome del creditore, l'indicazione della somma, del titolo da cui il credito deriva, delle ragioni di prelazione e dei documenti giustificativi.
Se il creditore non è domiciliato nel comune in cui ha sede il tribunale, la domanda deve inoltre contenere l'elezione del domicilio nel comune stesso; altrimenti tutte le notificazioni posteriori si fanno al creditore presso la cancelleria del tribunale.
I documenti non presentati con la domanda devono essere depositati prima dell'adunanza di verifica.
Il giudice ad istanza della parte può disporre che il cancelliere prenda copia dei titoli al portatore o all'ordine presentati e li restituisca con l'annotazione dell'avvenuta domanda di ammissione al passivo".

"Art. 94 (Effetto della domanda). - La domanda di ammissione al passivo produce gli effetti della domanda giudiziale ed impedisce la decadenza dei termini per gli atti che non possono compiersi durante il fallimento".

"Art. 95 (Formazione dello stato passivo). - Il cancelliere forma un elenco cronologico delle domande di ammissione al passivo e lo rimette al giudice delegato.
Questi con l'assistenza del curatore, sentito il fallito ed assunte le opportune informazioni, esamina le domande e predispone in base ad esse lo stato passivo del fallimento.
Il giudice indica distintamente i crediti che ritiene di ammettere, specificando se sono muniti di privilegio, pegno o ipoteca, e i crediti che ritiene di non ammettere in tutto o in parte, esponendo sommariamente i motivi dell'esclusione totale o parziale di essi o delle relative garanzie.
I crediti indicati nell'ultimo comma dell'art. 55 e quelli per i quali non sono stati ancora presentati i documenti giustificativi sono compresi con riserva fra i crediti ammessi.
Se il credito risulta da sentenza non passata in giudicato, è necessaria l'imputazione se non si vuole ammettere il credito.
Lo stato passivo predisposto dal giudice deve essere depositato in cancelleria almeno tre giorni prima di quello fissato dall'art. 16, n. 5. I creditori possono prenderne visione".

"Art. 96 (Verificazione dello stato passivo). - Nell'adunanza prevista dall'art. 16, n. 5, è esaminato, alla presenza del curatore e con l'intervento del fallito, lo stato passivo predisposto dal giudice. Sono inoltre esaminate le domande di ammissione al passivo pervenute successivamente o presentate nell'adunanza stessa.
Il giudice, tenuto conto delle contestazioni e delle osservazioni degli interessati, nonché dei nuovi documenti esibiti, apporta allo stato passivo le modificazioni e le integrazioni che ritiene necessarie.
Se le operazioni non possono esaurirsi in una sola adunanza, il giudice ne rinvia la prosecuzione a non più di otto giorni, senza che occorra altro avviso per gli intervenuti e per gli assenti.
Il giudice ha in ogni caso facoltà di riservarsi la definitiva formazione dello stato passivo fino a quindici giorni dopo che l'adunanza dei creditori ha esaurito le sue operazioni".

"Art. 97 (Esecutività dello stato passivo). - Lo stato passivo del fallimento è sottoscritto dal giudice e dal cancelliere e si chiude con decreto del giudice che lo dichiara esecutivo a decorrere dalla data in cui l'adunanza dei creditori ha esaurito le sue operazioni o da quella successiva prevista nel quarto comma dell'articolo precedente.
Lo stato passivo col decreto del giudice è depositato in cancelleria, ove i creditori possono prenderne visione.
Se vi sono domande di ammissione al passivo, che non sono state accolte in tutto o in parte o che sono state accolte con riserva, il curatore ne dà immediatamente notizia ai creditori esclusi o ammessi con riserva mediante raccomandata con avviso di ricevimento".

"Art. 98 (Opposizione dei creditori esclusi o ammessi con riserva). - I creditori esclusi o ammessi con riserva possono fare opposizione, entro quindici giorni dal deposito dello stato passivo in cancelleria, presentando ricorso al giudice delegato.
Il giudice fissa con decreto l'udienza in cui tutti i creditori opponenti e il curatore devono comparire avanti a lui, nonché il termine per la notificazione al curatore del ricorso e del decreto.
Almeno cinque giorni prima dell'udienza i creditori devono costituirsi. Se il creditore non si costituisce, l'opposizione si reputa abbandonata.
Possono intervenire in causa gli altri creditori".

"Art. 99 (Istruzione dell'opposizione e sentenza relativa). - Il giudice delegato provvede all'istruzione delle varie cause di opposizione e quindi fissa l'udienza per la discussione davanti al collegio a norma dell'art. 189 del codice di procedura civile.
Quando alcune opposizioni sono mature per la decisione e altre richiedono lunga istruzione, il giudice pronuncia ordinanza con la quale separa le cause e rimette al collegio quelle mature per la decisione.
Il tribunale pronuncia su tutte le opposizioni, che gli sono rimesse, con unica sentenza. Nella ipotesi prevista dall'art. 279, primo comma, del codice di procedura civile, il tribunale può ammettere provvisoriamente al passivo tutto o in parte il credito contestato.
La sentenza deve essere affissa alla porta esterna del tribunale entro otto giorni dalla sua pubblicazione, ed è provvisoriamente esecutiva. Il cancelliere dà immediato avviso dell'avvenuta pubblicazione ai procuratori delle parti, a norma dell'art. 136 del codice di procedura civile.
Il termine per appellare è di giorni quindici dall'affissione della sentenza. Si osservano per il giudizio di appello le disposizioni dei commi precedenti in quanto applicabili. Il termine per il ricorso in cassazione decorre dal giorno dell'affissione della sentenza ed è ridotto della metà.
Non è ammesso l'appello per le controversie non eccedenti la competenza del pretore".

"Art. 100 (Impugnazione dei crediti ammessi). - Entro quindici giorni dal deposito dello stato passivo in cancelleria ciascun creditore può impugnare i crediti ammessi, con ricorso al giudice delegato.
Il giudice fissa con decreto l'udienza in cui le parti e il curatore devono comparire davanti a lui, nonché il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto al curatore ed ai creditori i cui crediti vengano impugnati. Le parti si costituiscono a norma dell'art. 98, terzo comma.
Se all'udienza le parti non raggiungono l'accordo, il giudice dispone con ordinanza non impugnabile che in caso di ripartizione siano accantonate le quote spettanti ai creditori contestati.
Per l'istruzione e la decisione delle impugnazioni si applicano le disposizioni dell'articolo precedente e il giudizio deve essere riunito a quello sulle opposizioni".

"Art. 101 (Dichiarazioni tardive di crediti). - Anche dopo il decreto previsto nell'art. 97, fino a che non siano esaurite tutte le ripartizioni dell'attivo fallimentare, i creditori possono chiedere con ricorso al giudice delegato l'ammissione al passivo.
Il giudice fissa con decreto l'udienza in cui il richiedente e il curatore devono comparire davanti a lui nonché il termine perentorio per la notificazione al curatore del ricorso e del decreto. Le parti si sostituiscono a norma dell'art. 98, terzo comma.
Possono intervenire gli altri creditori.
Se all'udienza il curatore non contesta l'ammissione del nuovo credito e il giudice lo ritiene fondato, il credito è ammesso con decreto; altrimenti il giudice provvede all'istruzione della causa a norma degli articoli 175 e seguenti del codice di procedura civile.
Il creditore sopporta le spese conseguenti al ritardo della domanda, salvo che il ritardo sia dipeso da causa a lui non imputabile".

"Art. 102 (Istanza di revocazione contro crediti ammessi). - Se prima che sia chiuso il fallimento si scopre che l'ammissione di un credito o d'una garanzia è stata determinata da falsità, dolo o errore essenziale di fatto, o si rinvengono documenti decisivi prima ignorati, il curatore o qualunque creditore può proporre domanda di revocazione del decreto del giudice delegato o della sentenza del tribunale, relativamente al credito o alla garanzia oggetto dell'impugnativa.
L'istanza si propone con ricorso al giudice delegato.
Il giudice fissa con decreto l'udienza per la comparizione davanti a sè delle parti, nonché il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto alle parti e al curatore. Quindi provvede all'istruzione della causa.
Il curatore può intervenire in giudizio.
Finché la controversia non sia definitivamente decisa, il giudice può disporre che siano accantonate in caso di ripartizione le quote spettanti ai creditori i cui crediti sono stati impugnati.
Se il fallimento si chiude senza che la contestazione sia stata decisa, il giudizio continua dinanzi allo stesso tribunale".

"Art. 103 (Domande di rivendicazione, restituzione e separazione di cose mobili). - Le disposizioni degli articoli da 93 a 102 si applicano anche alle domande di rivendicazione, restituzione e separazione di cose mobili possedute dal fallito.
In base all'elenco di tutte le domande il giudice forma uno stato delle domande accolte o respinte ai sensi degli articoli 95, 96 e 97.
Se le domande sono proposte tardivamente a norma dell'art. 101, il giudice delegato può sospendere la vendita delle cose rivendicate, chieste in restituzione o separate, con cauzione o senza.
In ogni caso il giudice, prima di provvedere sulle domande, deve, in quanto possibile, sentire il fallito.
Le domande di rivendicazione, restituzione e separazione sul prezzo non pregiudicano le ripartizioni anteriori, e possono essere fatte valere sulle somme ancora da distribuire".

- Si riporta il testo dell'art. 148, commi 3 , 4 , e 5 del R.D. n. 267/1942:

"Il credito dichiarato dai creditori sociali nel fallimento della società si intende dichiarato per l'intero anche nel fallimento dei singoli soci. Il creditore sociale ha diritto di partecipare a tutte le ripartizioni fino all'integrale pagamento, salvo il regresso fra i fallimenti dei soci per la parte pagata in più della quota rispettiva.
I creditori partecipano soltanto al fallimento dei soci loro debitori.
Ciascun creditore ha diritto di contestare i crediti dei creditori con i quali si trova in concorso".

Note all'art. 55:

- Per il testo dell'art. 2-bis del decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile 1979, n. 95, si veda la nota all'art. 100.

- Gli orientamenti comunitari attualmente in vigore sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Comunità europea C. 368 del 23 dicembre 1994 e sono stati prorogati da ultimo, fino al 31 dicembre 1999, con comunicazione della Commissione, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Comunità europea C. 67 del 10 marzo 1999.

Note all'art. 60:

- Circa le disposizioni di cui alla sezione III del capo III del titolo II del R.D. n. 267/1942, si veda la nota all'art. 49.

- Il testo dell'art. 297 del codice di procedura civile è il seguente:

"Art. 297 (Fissazione della nuova udienza dopo la sospensione). - Se col provvedimento di sospensione non è stata fissata l'udienza in cui il processo deve proseguire, le parti debbono chiederne la fissazione entro il termine perentorio di sei mesi dalla cessazione della causa di sospensione di cui all'art. 3 del codice di procedura penale o dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce la controversia civile o amministrativa di cui all'art. 295.
Nell'ipotesi dell'articolo precedente l'istanza deve essere proposta dieci giorni prima della scadenza del termine di sospensione.
L'istanza si propone con ricorso al giudice istruttore o, in mancanza, al presidente del tribunale.
Il ricorso, col decreto che fissa l'udienza, è notificato a cura dell'istante alle altre parti nel termine stabilito dal giudice".

Note all'art. 63:

- La legge 29 dicembre 1990, n. 428, reca: "Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alla Comunità europea (legge comunitaria per il 1990)".

- Si riporta il testo del relativo art. 47:

"Art. 47 (Trasferimenti di azienda). - 1. Quando si intenda effettuare, ai sensi dell'art. 2112 del codice civile, un trasferimento d'azienda in cui sono occupati più di quindici lavoratori, l'alienante e l'acquirente devono darne comunicazione per iscritto, almeno venticinque giorni prima, alle rispettive rappresentanze sindacali costituite, a norma dell'art. 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, nelle unità produttive interessate, nonché alle rispettive associazioni di categoria. In mancanza delle predette rappresentanze aziendali, la comunicazione deve essere effettuata alle associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. La comunicazione alle associazioni di categoria può essere effettuata per il tramite dell'associazione sindacale alla quale aderiscono o conferiscono mandato. L'informazione deve riguardare: a) i motivi del programmato trasferimento d'azienda; b) le sue conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori; c) le eventuali misure previste nei confronti di questi ultimi.

2. Su richiesta scritta delle rappresentanze sindacali aziendali o dei sindacati di categoria, comunicata entro sette giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1, l'alienante e l'acquirente sono tenuti ad avviare, entro sette giorni dal ricevimento della predetta richiesta, un esame congiunto con i soggetti sindacali richiedenti. La consultazione si intende esaurita qualora, decorsi dieci giorni dal suo inizio, non sia stato raggiunto un accordo.
Il mancato rispetto, da parte dell'acquirente o dell'alienante, dell'obbligo di esame congiunto previsto nel presente articolo costituisce condotta antisindacale ai sensi dell'art. 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300.

3. I primi tre commi dell'art. 2112 del codice civile sono sostituiti dai seguenti:

"In caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con l'acquirente ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.
L'alienante e l'acquirente sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui agli articoli 410 e 411 del codice di procedura civile il lavoratore può consentire la liberazione dell'alienante dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro.
L'acquirente è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi, previsti dai contratti collettivi anche aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all'impresa dell'acquirente".

4. Ferma restando la facoltà dell'alienante di esercitare il recesso ai sensi della normativa in materia di licenziamenti, il trasferimento d'azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento.

5. Qualora il trasferimento riguardi aziende o unità produttive delle quali il CIPI abbia accertato lo stato di crisi aziendale a norma dell'art. 2, quinto comma, lettera c), della legge 12 agosto 1977, n. 675, o imprese nei confronti delle quali vi sia stata dichiarazione di fallimento, omologazione di concordato preventivo consistente nella cessione dei beni, emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ovvero di sottoposizione all'amministrazione straordinaria, nel caso in cui la continuazione nell'attività non sia stata disposta o sia cessata e nel corso della consultazione di cui ai precedenti commi sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento anche parziale dell'occupazione, ai lavoratori il cui rapporto di lavoro continua con l'acquirente non trova applicazione l'art. 2112 del codice civile, salvo che dall'accordo risultino condizioni di miglior favore. Il predetto accordo può altresì prevedere che il trasferimento non riguardi il personale eccedentario e che quest'ultimo continui a rimanere, in tutto o in parte, alle dipendenze dell'alienante.

6. I lavoratori che non passano alle dipendenze dell'acquirente, dell'affittuario o del subentrante hanno diritto di precedenza nelle assunzioni che questi ultimi effettuino entro un anno dalla data del trasferimento, ovvero entro il periodo maggiore stabilito dagli accordi collettivi. Nei confronti dei lavoratori predetti, che vengano assunti dall'acquirente, dall'affittuario subentrante in un momento successivo al trasferimento d'azienda, non trova applicazione l'art. 2112 del codice civile".

Nota all'art. 65:

- Il testo dell'art. 739 del codice di procedura civile è il seguente:

"Art. 739 (Reclami delle parti). - Contro i decreti del giudice tutelare si può proporre reclamo con ricorso al tribunale, che pronuncia in camera di consiglio. Contro i decreti pronunciati dal tribunale in camera di consiglio in primo grado si può proporre reclamo con ricorso alla corte d'appello, che pronuncia anch'essa in camera di consiglio.
Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del decreto, se è dato in confronto di una sola parte, o dalla notificazione se è dato in confronto di più parti.
Salvo che la legge disponga altrimenti, non è ammesso reclamo contro i decreti della corte d'appello e contro quelli del tribunale pronunciati in sede di reclamo".

Note all'art. 67:

- Per il testo dell'art. 97 si veda la nota all'art. 53.

- Si riporta il testo degli articolo 110 , commi 2 e 3 , 111, 112, 113, 114, 115 e 117, commi 2 e 3 , del R.D. n. 267/1942:

"Art. 110 (Progetto di ripartizione). - (Omissis).Il giudice, sentito il comitato dei creditori, apporta al progetto le variazioni che ravvisa convenienti e ne ordina il deposito in cancelleria, disponendo che tutti i creditori ne siano avvisati.
I creditori possono far pervenire entro dieci giorni dall'avviso le loro osservazioni. Trascorso tale termine, il giudice delegato, tenuto conto delle osservazioni, stabilisce con decreto il piano di riparto rendendolo esecutivo".

"Art. 111 (Ordine di distribuzione delle somme). - Le somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo sono erogate nel seguente ordine:

1) per il pagamento delle spese, comprese le spese anticipate dall'erario, e dei debiti contratti per l'amministrazione del fallimento e per la continuazione dell'esercizio dell'impresa, se questo è stato autorizzato;
2) per il pagamento dei crediti ammessi con prelazione sulle cose vendute secondo l'ordine assegnato dalla legge;
3) per il pagamento dei creditori chirografari, in proporzione dell'ammontare del credito per cui ciascuno di essi fu ammesso, compresi i creditori indicati al n. 2, qualora non sia stata ancora realizzata la garanzia, ovvero per la parte per cui rimasero non soddisfatti da questa.
I prelevamenti indicati al n. 1 sono determinati con decreto dal giudice delegato".

"Art. 112 (Partecipazione dei creditori ammessi tardivamente). - I creditori ammessi a norma dell'art. 101 concorrono soltanto alle ripartizioni posteriori alla loro ammissione in proporzione del rispettivo credito, salvi i diritti di prelazione. Se però dalla sentenza pronunciata a norma dell'art. 101 risulta che il ritardo è dipeso da causa ad essi non imputabile, i creditori sono ammessi a prelevare sull'attivo non ripartito anche le quote che sarebbero loro spettate nelle precedenti ripartizioni".

"Art. 113 (Ripartizioni parziali). - Nelle ripartizioni parziali, che non possono superare il novanta per cento delle somme da ripartire, devono essere trattenute e depositate, nei modi stabiliti dal giudice delegato, le quote assegnate:

1) ai creditori residenti all'estero per i crediti dei quali, essendo stato prorogato il termine, non sia ancora avvenuta la verificazione;
2) ai creditori per i quali è stato ordinato l'accantonamento delle quote, nonché ai creditori ammessi con riserva di presentazione del titolo;
3) ai creditori i cui crediti sono soggetti a condizione sospensiva non ancora verificata, compresi i crediti che non possono farsi valere contro il fallito se non previa escussione di un obbligato principale;
4) alle spese future ritenute necessarie dal giudice delegato ed alle somme occorrenti per soddisfare il compenso e le spese dovute al curatore".

"Art. 114 (Restituzione di somme riscosse). - Nei casi previsti dall'art. 102 i creditori che hanno partecipato a qualche ripartizione devono restituire le somme riscosse con gli interessi legali".

"Art. 115 (Pagamento ai creditori). - Il curatore provvede al pagamento delle somme assegnate ai creditori nel piano di ripartizione nei modi stabiliti dal giudice delegato".

"Art. 117 (Ripartizione finale). - (Omissis). Nel riparto finale vengono distribuiti anche gli accantonamenti precedentemente fatti. Tuttavia, nel caso previsto dal n. 3 dell'art. 113, se la condizione non si è ancora verificata, la somma è depositata nei modi stabiliti dal giudice delegato, perché a suo tempo possa essere o versata ai creditori cui spetta o fatta oggetto di riparto supplementare fra gli altri creditori.
Per i creditori che non si presentano o sono irreperibili la somma dovuta è depositata presso un istituto di credito. Il certificato di deposito vale quietanza".

Nota all'art. 75:

- Si riporta il testo dell'art. 213, comma 2 , del R.D. n. 267/1942:

"Nel termine di venti giorni dall'inserzione nella Gazzetta Ufficiale, gli interessati possono proporre, con ricorso al tribunale, le loro contestazioni. Esse sono comunicate, a cura del cancelliere, all'autorità che vigila sulla liquidazione al commissario liquidatore e al comitato di sorveglianza, che nel termine di venti giorni possono presentare nella cancelleria del tribunale le loro osservazioni. Il presidente del tribunale nomina un giudice per l'istruzione e per i provvedimenti ulteriori a norma del l'art. 189 del codice di procedura civile".

Note all'art. 78:

- Per il testo dell'art. 97 si veda la nota all'art. 53.

- Si riporta il testo dell'art. 152 del R.D. n. 267 267/1942:

"Art. 152 (Proposta di concordato). - La proposta di concordato per la società fallita è sottoscritta da coloro che ne hanno la rappresentanza sociale.
La proposta e le condizioni del concordato nelle società in nome collettivo e in accomandita semplice devono essere approvate dai soci che rappresentano la maggioranza assoluta del capitale, e nelle società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata, nonché nelle società cooperative devono essere approvate dall'assemblea straordinaria, salvo che tali poter siano stati delegati agli amministratori.

- Si riporta il testo dell'art. 214, commi 2 , 3 , 4 e 5 del R.D. n. 267/1942:

"La proposta di concordato deve indicare le condizioni e le eventuali garanzie. Essa è depositata nella cancelleria del tribunale col parere del commissario liquidatore e del comitato di sorveglianza e pubblicata nelle forme disposte dall'autorità che vigila sulla liquidazione. Entro trenta giorni dal deposito gli interessati possono presentare nella cancelleria le loro opposizioni che vengono comunicate al commissario.
Il tribunale, sentito il parere dell'autorità che vigila sulla liquidazione, decide sulla proposta di concordato, tenendo conto delle opposizioni, con sentenza in camera di consiglio. La sentenza che approva il concordato è pubblicata a norma dell'art. 17 e nelle altre forme che sono stabilite dal tribunale.
Contro la sentenza, che approva o respinge il concordato, l'impresa in liquidazione, il commissario liquidatore e gli opponenti possono appellare entro quindici giorni dall'affissione. La sentenza è pubblicata a norma del comma precedente e il termine per il ricorso in cassazione decorre dall'affissione.
Il commissario liquidatore con l'assistenza del comitato di sorveglianza sorveglia l'esecuzione del concordato".

Nota all'art. 80:

- Il testo dell'art. 2359, commi l e 2 , del codice civile è il seguente:

"Sono considerate società controllate:
1) le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;
2) le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;
3) le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Ai fini dell'applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta; non si computano i voti spettanti per conto di terzi".

Nota all'art. 83:

- La legge 23 novembre 1939, n. 1966, reca: "Disciplina delle società fiduciarie e di revisione".

Nota all'art. 89:

- Si trascrive il testo dell'art. 2409, comma 3 , del codice di procedura civile:

"Se le irregolarità denunziate sussistono, il tribunale può disporre gli opportuni provvedimenti cautelari e convocare l'assemblea per le conseguenti deliberazioni. Nei casi più gravi può revocare gli amministratori ed i sindaci e nominare un amministratore giudiziario, determinandone i poteri e la durata".

Nota all'art. 91:

- Si riporta il testo dell'art. 67 del R.D. n. 267/1942:

"Art. 67 (Atti a titolo oneroso, pagamenti, garanzie). - Sono revocati, salvo che l'altra parte provi che non conosceva lo stato d'insolvenza del debitore:

1) gli atti a titolo oneroso compiuti nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano notevolmente ciò che a lui è stato dato o promesso;
2) gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento;
3) i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituiti nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento per debiti preesistenti non scaduti;
4) i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie costituiti entro l'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento per debiti scaduti.
Sono altresì revocati, se il curatore prova che l'altra parte conosceva lo stato d'insolvenza del debitore, i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti contestualmente creati, se compiuti entro l'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano all'istituto di emissione, agli istituti autorizzati a compiere operazioni di credito su pegno, limitatamente a queste operazioni, e agli istituti di credito fondiario.
Sono salve le disposizioni delle leggi speciali".

Note all'art. 92:

- Per il testo degli articoli 98 e seguenti del R.D. n. 267/1942 si veda la nota all'art. 53.

- Per il testo dell'art. 214 si vedano le note all'art.78.

Nota all'art. 93:

- La legge 7 ottobre 1969, n. 742, reca: "Sospensione dei termini processuali nel periodo feriale".

Note all'art. 95:

- Il titolo VI del R.D. n. 267/1942 reca: "Disciplina penale". I capi I, II e IV disciplinano rispettivamente:

"Reati commessi dal fallito"; "Reati commessi da persone diverse dal fallito" e "Disposizioni di procedura".

- Si riporta il testo dell'art. 220 del R.D. n. 267/1942:

"Art. 220 (Denuncia di creditori inesistenti e altre inosservanze da parte del fallito). - è punito con la reclusione da sei a diciotto mesi il fallito, il quale, fuori dei casi preveduti all'art. 26, nell'elenco nominativo dei suoi creditori denuncia creditori inesistenti od omette di dichiarare l'esistenza di altri beni da comprendere nell'inventario, ovvero non osserva gli obblighi imposti dagli articoli 16, numeri 3 e 49.
Se il fatto è avvenuto per colpa, si applica la reclusione fino ad un anno".

- Si riporta il testo dell'art. 16, commi 1 e 2 , numeri 1), 2) e 3) del regio decreto n. 267/1942:

"La sentenza dichiarativa di fallimento è pronunciata in camera di consiglio.
Con la sentenza il tribunale:
1) nomina il giudice delegato per la procedura;
2) nomina il curatore;
3) ordina al fallito il deposito dei bilanci e delle scritture contabili, entro ventiquattro ore, se non è stato ancora eseguito a norma dell'articolo 14;".

Nota all'art. 96:

- Si riporta il testo degli articoli 228, 229 e 230 del R.D. n. 267/1942:

"Art. 228 (Interesse privato del curatore negli atti del fallimento). - Salvo che al fatto non siano applicabili gli articoli 315, 317, 3l8, 319, 321, 322 e 323 del codice penale, il curatore che prende interesse privato in qualsiasi atto del fallimento direttamente o per interposta persona o con atti simulati è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa non inferiore a lire 400.000.
La condanna importa l'interdizione dai pubblici uffici".

"Art. 229 (Accettazione di retribuzione non dovuta). - Il curatore del fallimento che riceve o pattuisce una retribuzione, in danaro o in altra forma, in aggiunta di quella liquidata in suo favore dal tribunale o dal giudice delegato, è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da lire 200.000 a l.000.000.
Nei casi più gravi alla condanna può aggiungersi l'inabilitazione temporanea all'ufficio di amministratore per la durata non inferiore a due anni".

"Art. 230 (Omessa consegna a deposito di cose del fallimento). - Il curatore che non ottempera all'ordine del giudice di consegnare a depositare somme o altra cosa del fallimento, ch'egli detiene a causa del suo ufficio, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a lire 2.000.000.
Se il fatto avviene per colpa, si applica la reclusione fino a sei mesi a la multa fino a lire 600.000".

Nota all'art. 97:

- Si riporta il testo dell'art. 240, comma 1 , del R.D. n. 267/1942:

"Art. 240 (Costituzione di parte civile). - Il curatore, il commissario giudiziale e il commissario liquidatore possono costituirsi parte civile nel procedimento penale per i reati preveduti nel presente titolo, anche contro il fallito".

Nota all'art. 98:

- Si riporta il testo dell'art. 50-bis, comma 1, n. 2, del codice di procedura civile, come modificato dal presente decreto:
"Il tribunale giudica in composizione collegiale:

1) (Omissis);
2) nelle cause di opposizione, impugnazione e revocazione e in quelle conseguenti a dichiarazioni tardive di crediti di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e alle altre leggi speciali disciplinanti la liquidazione coatta amministrativa;".

Nota all'art. 99:

- Il testo dell'art. 203, comma 1 , del R.D. n. 267/1942, come modificato dal presente decreto, e il seguente:

"Accertato giudizialmente lo stato di insolvenza a norma degli articoli 195 e 202, sono applicabili con effetto dalla data del provvedimento che ordina la liquidazione le disposizioni del titolo II, capo III, sezione III, anche nei riguardi dei soci a responsabilità illimitata".

- Per il testo degli articoli 228, 229 e 230 del R.D. n. 267/1942 si vedano le note all'art. 96.

Nota all'art. 100:

- Il testo dell'art. 2-bis del decreto-legge 30 gennaio l979, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile 1979, n. 95, come modificato dal presente decreto è il seguente:

"Art. 2-bis (Garanzia dello Stato) - Il Tesoro dello Stato può garantire in tutto o in parte i debiti che le imprese in amministrazione straordinaria contraggono con istituzioni creditizie per il finanziamento della gestione corrente e per la riattivazione ed il completamento di impianti, immobili ed attrezzature industriali.
L'ammontare complessivo delle garanzie prestate ai sensi del precedente comma non può eccedere, per il totale delle imprese garantite, i settecento miliardi di lire.
Le condizioni e modalità della prestazione delle garanzie saranno disciplinate con decreto del Ministro del tesoro su conforme delibera del CIPI.
Gli oneri derivanti dalle garanzie graveranno su apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del tesoro, da classificarsi tra le spese di carattere obbligatorio".

Nota all'art. 101:

- Il testo dell'art. 2-bis del decreto-legge 30 gennaio l979, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile 1979, n. 95, come modificato dal presente decreto è il seguente:

"Art. 2-bis (Garanzia dello Stato) - Il Tesoro dello Stato può garantire in tutto o in parte i debiti che le imprese in amministrazione straordinaria contraggono con istituzioni creditizie per il finanziamento della gestione corrente e per la riattivazione ed il completamento di impianti, immobili ed attrezzature industriali.
L'ammontare complessivo delle garanzie prestate ai sensi del precedente comma non può eccedere, per il totale delle imprese garantite, i settecento miliardi di lire.
Le condizioni e modalità della prestazione delle garanzie saranno disciplinate con decreto del Ministro del tesoro su conforme delibera del CIPI.
Gli oneri derivanti dalle garanzie graveranno su apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del tesoro, da classificarsi tra le spese di carattere obbligatorio".

Note all'art. 102:

- La legge 29 maggio 1982, n. 297, reca:

"Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica". Si riporta il testo del relativo art. 2:

"Art. 2 (Fondo di garanzia). - è istituito presso l'Istituto nazionale della previdenza sociale il ''Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapportò' con lo scopo di sostituirsi al datore di lavoro in caso di insolvenza del medesimo nel pagamento del trattamento di fine rapporto, di cui all'articolo 2120 del codice civile spettante ai lavoratori o loro aventi diritto.
Trascorsi quindici giorni dal deposito dello stato passivo, reso esecutivo ai sensi dell'articolo 97 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 ovvero dopo la pubblicazione della sentenza di cui all'art. 99 dello stesso decreto, per il caso siano state proposte
opposizioni o impugnazioni riguardanti il suo credito, ovvero dalla pubblicazione della sentenza di omologazione del concordato preventivo, il lavoratore o i suoi aventi diritto possono ottenere a domanda il pagamento, a carico del fondo, del trattamento di fine rapporto lavoro e dei relativi crediti accessori, previa detrazione delle somme eventualmente corrisposte.
Nell'ipotesi di dichiarazione tardiva di crediti di lavoro di cui all'articolo 101 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, la domanda di cui al comma precedente può essere presentata dopo il decreto di ammissione al passivo o dopo la sentenza che decide il giudizio insorto per l'eventuale contestazione del curatore fallimentare.
Ove l'impresa sia sottoposta a liquidazione coatta amministrativa la domanda può essere presentata trascorsi quindici giorni dal deposito dello stato passivo, di cui all'articolo 209 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero, ove siano state proposte opposizioni o impugnazioni riguardanti il credito di lavoro, dalla sentenza che decide su di esse.
Qualora il datore di lavoro, non soggetto alle disposizioni del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, non adempia, in caso di risoluzione del rapporto di lavoro, alla corresponsione del trattamento dovuto o vi adempia in misura parziale, il lavoratore o i suoi aventi diritto possono chiedere al fondo il pagamento del trattamento di fine rapporto, semprechè, a seguito dell'esperimento dell'esecuzione forzata per la realizzazione del credito relativo a detto trattamento, le garanzie patrimoniali siano risultate in tutto o in parte insufficienti. Il fondo, ove non sussista contestazione in materia, esegue il pagamento del trattamento insoluto.
Quanto previsto nei commi precedenti si applica soltanto nei casi in cui la risoluzione del rapporto di lavoro e la procedura concorsuale od esecutiva siano intervenute successivamente all'entrata in vigore della presente legge.
I pagamenti di cui al secondo, terzo, quarto e quinto comma del presente articolo sono eseguiti dal fondo entro 60 giorni dalla richiesta dell'interessato. Il fondo è surrogato di diritto al lavoratore o ai suoi aventi causa nel privilegio spettante sul patrimonio dei datori di lavoro ai sensi degli articoli 2751-bis e 2776 del codice civile per le somme da esso pagate.
Il fondo, per le cui entrate ed uscite è tenuta una contabilità separata nella gestione dell'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione, è alimentato con un contributo a carico dei datori di lavoro pari allo 0,03 per cento della retribuzione di cui all'articolo 12 della legge 30 aprile 1969, n. 153, a decorrere dal periodo di paga in corso al 1 luglio 1982. Per tale contributo si osservano le stesse disposizioni vigenti per l'accertamento e la riscossione dei contributi dovuti al Fondo pensioni dei lavoratori dipendenti. Le disponibilità del fondo di garanzia non possono in alcun modo essere utilizzate al di fuori della finalità istituzionale del fondo stesso. Al fine di assicurare il pareggio della gestione, l'aliquota contributiva può essere modificata, in diminuzione o in aumento, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, sentito il consiglio di amministrazione dell'INPS, sulla base delle risultanze del bilancio consuntivo del fondo medesimo.
Il datore di lavoro deve integrare le denunce previste dall'articolo 4, primo comma, del decreto-legge 6 luglio 1978, n. 352 convertito, con modificazione, nella legge 4 agosto 1978, n. 467, con l'indicazione dei dati necessari all'applicazione delle norme contenute nel presente articolo nonché dei dati relativi all'accantonamento effettuato nell'anno precedente ed all'accantonamento complessivo risultante a credito del lavoratore. Si applicano altresì le disposizioni di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 4 del predetto decreto-legge. Le disposizioni del presente comma non si applicano al rapporto di lavoro domestico.
Per i giornalisti e per i dirigenti di aziende industriali, il fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto è gestito, rispettivamente, dall'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani ''Giovanni Amendola e dall'Istituto nazionale di previdenza per i dirigenti di aziende industriali".

- Il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 80, reca: "Attuazione della direttiva 80/987/CEE in materia di tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro". Si riporta il testo del relativo art. 2:

"Art. 2 (Intervento del Fondo di garanzia di cui alla legge 29 maggio 1982, n. 29). - 1. Il pagamento effettuato dal Fondo di garanzia ai sensi dell'art. 1 è relativo ai crediti di lavoro, diversi da quelli spettanti a titolo di trattamento di fine rapporto, inerenti gli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro rientranti nei dodici mesi che precedono: a) la data del provvedimento che determina l'apertura di una delle procedure indicate nell'art. 1, comma 1; b) la data di inizio dell'esecuzione forzata; c) la data del provvedimento di messa in liquidazione o di cessazione dell'esercizio provvisorio ovvero dell'autorizzazione alla continuazione dell'esercizio di impresa per i lavoratori che abbiano continuato a prestare attività lavorativa, ovvero la data di cessazione del rapporto di lavoro, se questa è intervenuta durante la continuazione dell'attività dell'impresa.
2. Il pagamento effettuato dal Fondo ai sensi del comma 1 non può essere superiore ad una somma pari a tre volte la misura massima del trattamento straordinario di integrazione salariale mensile al netto delle trattenute previdenziali e assistenziali.
3. Per il conseguimento delle somme dovute dal Fondo ai sensi del presente articolo si applicano le disposizioni di cui ai commi secondo, terzo, quarto, quinto, settimo, primo periodo e decimo dell'art. 2 della legge 29 maggio 1982, n. 297. Per le somme corrisposte dal Fondo si applica il disposto di cui al comma settimo, secondo periodo, dell'art. 2 della legge citata.
4. Il pagamento di cui al comma 1 non è cumulabile fino a concorrenza degli importi: a) con il trattamento straordinario di integrazione salariale fruito nell'arco dei dodici mesi di cui al comma 1; b) con le retribuzioni corrisposte al lavoratore nell'arco dei tre mesi di cui al comma 1; c) con l'indennità di mobilità riconosciuta ai sensi della legge 23 luglio 1991, n. 223, nell'arco dei tre mesi successivi alla risoluzione di rapporto di lavoro.
5. Il diritto alla prestazione di cui al comma 1 si prescrive in un anno. Gli interessi e la svalutazione monetaria sono dovuti dalla data di presentazione della domanda.
6. L'intervento del Fondo di garanzia previsto dalle disposizioni che procedono opera soltanto nei casi in cui le procedure indicate nell'art. 1 siano intervenute successivamente all'entrata in vigore del presente decreto legislativo.
7. Per la determinazione dell'indennità eventualmente spettante, in relazione alle procedure di cui all'art. 1, comma 1, per il danno derivante dalla mancata attuazione della direttiva CEE 80/87, trovano applicazione i termini, le misure e le modalità di cui ai commi 1, 2 e 4.
L'azione va promossa entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto".

Note all'art. 106:

- Si riporta il testo dell'art. 3 del decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile 1979, n. 95:

"Art. 3 (Società o imprese controllate, a direzione unica e garanti). - Dalla data della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto con il quale è stata disposta l'amministrazione straordinaria di una società di cui al primo comma dell'art. 1, sono soggette alla medesima procedura a norma del presente decreto-legge, ancorché non si trovino nelle condizioni previste nel detto comma:
a) la società che controlla direttamente o indirettamente la società in amministrazione straordinaria;
b) le società direttamente o indirettamente controllate dalla società in amministrazione straordinaria o dalla società che la controlla;
c) le società che in base alla composizione dei rispettivi organi amministrativi risultano sottoposte alla stessa direzione della società in amministrazione straordinaria;
d) le società che hanno concesso crediti o garanzie alla società in amministrazione straordinaria e alle società di cui alle precedenti lettere per un importo superiore, secondo le risultanze dell'ultimo bilancio, ad un terzo del valore complessivo delle proprie attività.
L'accertamento giudiziario dello stato di insolvenza delle società suindicate è compiuto dal tribunale ai sensi del secondo comma dell'articolo 1, anche per iniziativa del commissario o dei commissari. Alla procedura di amministrazione straordinaria, da disporre con separato decreto per ciascuna società, devono essere preposti gli stessi organi nominativi con decreto di cui al primo comma, salvo eventuale integrazione del comitato di sorveglianza anche in eccedenza al numero massimo previsto nell'art. 198 della legge fallimentare.
Nei confronti delle società di cui al primo comma, ancorché non sia stato accertato lo stato di insolvenza, il commissario o i commissari delle società poste in amministrazione straordinaria possono esperire l'azione revocatoria di cui all'art. 67 della legge fallimentare, relativamente agli atti indicati ai numeri 1), 2) e 3) dello stesso articolo, posti in essere nei cinque anni anteriori alla sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza della società in amministrazione straordinaria, e relativamente agli atti indicati al n. 4) e al secondo comma di detto articolo, posti in essere nei tre anni anteriori.
Ai fini dell'esperimento dell'azione il commissario o i commissari possono richiedere informazioni alla Commissione nazionale per le società e la borsa, e ad ogni altro pubblico ufficio, che sono tenuti a fornire entro trenta giorni. Possono altresì chiedere alla CONSOB di effettuare, allo scopo di accertare tutti i rapporti di carattere giuridico e patrimoniale intercorsi tra le società in amministrazione straordinaria e quelle passivamente legittimate rispetto all'azione revocatoria di cui al comma precedente, le indagini consentite dalla legge 7 giugno 1974, n. 216. L'accertamento deve compiersi entro 120 giorni dalla data della richiesta.
Il commissario è legittimato a proporre la denuncia prevista dall'articolo 2409 del codice civile contro gli amministratori e i sindaci delle società indicate alle lettere a), b) e c) del primo comma del presente articolo. Ove il tribunale accerti la sussistenza delle più gravi irregolarità di cui al terzo comma nel citato articolo 2409 il commissario potrà essere nominato amministratore giudiziario della società i cui amministratori hanno compiuto le gravi irregolarità sopra indicate.
Le domande giudiziali previste dai commi precedenti e quelle di responsabilità cui il commissario è legittimato a norma dell'articolo 206, primo comma, della legge fallimentare, vanno proposte dinanzi al tribunale che ha accertato il primo stato di insolvenza ai sensi dell'art. 1, secondo comma, con il rito disciplinato dalla legge 11 agosto 1973, n. 533. Le relative sentenze sono provvisoriamente esecutive.
Le norme di cui ai commi precedenti sono applicabili anche agli atti e ai fatti posti in essere anteriormente all'entrata in vigore del presente decreto-legge.
Il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato e i commissari, allo scopo di accertare la esistenza di società nelle condizioni di cui al primo comma, possono richiedere informazioni alla Commissione nazionale per le società e la borsa e ad ogni altro pubblico ufficio, che sono tenuti a fornirle entro quindici giorni.
Al medesimo fine possono richiedere alle società fiduciarie di cui alla legge 23 novembre 1939, n. 1966 le generalità degli effettivi proprietari dei titoli azionari intestati al proprio nome. Tali società sono parimenti tenute a rispondere entro quindici giorni.
Nei casi di società collegate a norma del primo comma del presente articolo, ove si verifichi l'ipotesi di una direzione unitaria, gli amministratori delle società che hanno esercitato tale direzione rispondono in solido con gli amministratori della società in amministrazione straordinaria dei danni da questi cagionati alla società stessa.

- Si riporta il testo dell'art 1, quinto comma, del decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile 1979, n. 95:

"Quando sia stato accertato giudiziariamente, ai sensi degli articoli 5 e 195 della legge fallimentare, d'ufficio o ad iniziativa dei soggetti indicati dall'art. 6 della predetta legge, lo stato di insolvenza dell'impresa ovvero l'omesso pagamento di almeno tre mensilità di retribuzione, il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato dispone con proprio decreto, di concerto con il Ministro del tesoro, la procedura di amministrazione straordinaria".

Note all'art. 108:

- La legge 23 luglio 1991, n. 223, reca: "Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro".

- Si riporta il testo del relativo art. 3:

"Art. 3 (Intervento straordinario di integrazione salariale e procedure concorsuali). - 1. Il trattamento straordinario di integrazione salariale è concesso, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, ai lavoratori delle imprese soggette alla disciplina dell'intervento straordinario di integrazione salariale, nei casi di dichiarazione di fallimento, di emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ovvero di sottoposizione all'amministrazione straordinaria, qualora la continuazione dell'attività non sia stata disposta o sia cessata. Il trattamento straordinario di integrazione salariale è altresì concesso nel caso di ammissione al concordato preventivo consistente nella cessione dei beni. In caso di mancata omologazione, il periodo di integrazione salariale fruito dai lavoratori sarà detratto da quello previsto nel caso di dichiarazione di fallimento. Il trattamento viene concesso, su domanda del curatore, del liquidatore o del commissario, per un periodo non superiore a dodici mesi.

2. Entro il termine di scadenza del periodo di cui al comma 1, quando sussistano fondate prospettive di continuazione o ripresa dell'attività e di salvaguardia, anche parziale, dei livelli di occupazione tramite la cessione, a qualunque titolo, dell'azienda o di sue parti, il trattamento straordinario di integrazione salariale può essere prorogato, su domanda del curatore, del liquidatore o del commissario, previo accertamento da parte del CIPI, per un ulteriore periodo non superiore a sei mesi. La domanda deve essere corredata da una relazione, approvata dal giudice delegato o dall'autorità che esercita il controllo, sulle prospettive di cessione dell'azienda o di sue parti e sui riflessi della cessione sull'occupazione aziendale.

3. Quando non sia possibile la continuazione dell'attività, anche tramite cessione dell'azienda o di sue parti, o quando i livelli occupazionali possano essere salvaguardati solo parzialmente, il curatore, il liquidatore o il commissario hanno facoltà di collocare in mobilità, ai sensi dell'articolo 4 ovvero dell'articolo 24, i lavoratori eccedenti. In tali casi il termine di cui all'articolo 4, comma 6, è ridotto a trenta giorni.
Il contributo a carico dell'impresa previsto dall'articolo 5, comma 4, non è dovuto.

4. L'imprenditore che, a titolo di affitto, abbia assunto la gestione, anche parziale, di aziende appartenenti ad imprese assoggettate alle procedure di cui al comma 1, può esercitare il diritto di prelazione nell'acquisto delle medesime. Una volta esaurite le procedure previste dalle norme vigenti per la definitiva determinazione del prezzo di vendita dell'azienda, l'autorità che ad essa proceda provvede a comunicare entro dieci giorni il prezzo così stabilito all'imprenditore cui sia riconosciuto il diritto di prelazione. Tale diritto deve essere esercitato entro cinque giorni dal ricevimento della comunicazione.

4-bis. Le disposizioni in materia di mobilità ed il trattamento relativo si applicano anche al personale il cui rapporto sia disciplinato dal regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148, e successive estensioni, modificazioni e integrazioni, che sia stato licenziato da imprese dichiarate fallite, o poste in liquidazione, successivamente alla data del 1 gennaio 1993. Per i lavoratori che si trovino nelle indicate condizioni e che maturino, nel corso del trattamento di mobilità, il diritto alla pensione, la retribuzione da prendere a base per il calcolo della pensione deve intendersi quella dei dodici mesi di lavoro precedenti l'inizio del trattamento di mobilità.

4-ter. Ferma restando la previsione dell'art. 4 della legge 12 luglio 1988, n. 270, e limitatamente ai lavoratori licenziati successivamente al 1 agosto 1993, nei casi di fallimento, di concordato preventivo di amministrazione controllata e di procedure di liquidazione, le norme in materia di mobilità e del relativo trattamento trovano applicazione anche nei confronti delle aziende di trasporto pubblico che hanno alle proprie dipendenze personale iscritto al Fondo per la previdenza del personale addetto ai pubblici servizi di trasporto. Per i lavoratori che si trovino nelle indicate condizioni e che maturino, nel corso del trattamento di mobilità, il diritto alla pensione, la retribuzione da prendere a base per il calcolo della pensione deve intendersi quella del periodo di lavoro precedente l'inizio del trattamento di mobilità.

5. Sono abrogati l'art. 2 della legge 27 luglio 1979, n. 301 e successive modificazioni, e l'art. 2 del decreto-legge 21 febbraio 1985, n. 23 convertito, con modificazioni, dalla legge 22 aprile 1985, n. 143, e successive modificazioni.

5-bis. La disciplina dell'intervento straordinario di integrazione salariale e di collocamento in mobilità prevista dal presente articolo per le ipotesi di sottoposizione di imprese a procedure concorsuali si applica, fino a concorrenza massima di lire dieci miliardi annui, previo parere motivato del prefetto fondato su ragioni di sicurezza e di ordine pubblico, ai lavoratori delle aziende sottoposte a sequestro o confisca ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni. A tale fine l'amministratore dei beni nominato ai sensi dell'articolo 2-sexies della citata legge n. 575 del 1965 esercita le facoltà attribuite dal presente articolo al curatore, al liquidatore e al commissario nominati in relazione alle procedure concorsuali".

- Il testo dell'art. 5, comma 1, della legge 30 luglio 1998, n. 274, è il seguente:

"1. Per le finalità di cui all'articolo 1, comma 2, lettera u), della presente legge è autorizzata la spesa di lire 10 miliardi per ciascuno degli anni 1998 e 1999".

 












 

 

 


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