Tribunale di Torre Annunziata, 17 aprile 2002, Decreto, Pres. F. Paolo Amura, Rel. Maurizio Atzori, Natura dei provvedimenti del Giudice delegato - carattere ordinatorio o decisorio - decreti di acquisizione - reclamo - ricorso per Cassazione - decorrenza dei termini

IL TRIBUNALE DI TORRE ANNUNZIATA
SECONDA SEZIONE CIVILE

riunito in camera di consiglio nelle persone dei magistrati:
dr. Francesco Paolo Amura Presidente
dr. Maurizio Atzori Giudice rel.
dr. Massimo Palescandolo Giudice

sul reclamo ex art.26.l.f. proposto avverso il provvedimento del g.d. del fallimento
ha pronunciato il seguente

DECRETO

In data 31 gennaio 2002, su istanza del curatore, il giudice delegato al fallimento Sorrento Linda sas, intimava al Sindaco del Comune di Sorrento e al tesoriere comunale di consegnare nelle mani del curatore la somma di lire 415.534.000.
Lo stesso giorno sia l'istanza del curatore che il provvedimento oggi reclamato venivano protocollati presso il Comune.
In data 5 febbraio 2002 il Comune formulava istanza di revoca di detto provvedimento. Con decreto in pari data, il giudice delegato rigettava l'istanza ritenendo esperibile avverso il primo provvedimento il reclamo ex articolo 26 legge fallimentare.
In data 7 febbraio 2002 il Comune di Sorrento proponeva reclamo al collegio avverso il provvedimento del 31 gennaio 2002 con il quale il giudice delegato aveva intimato al comune il pagamento della sopra indicata somma e avverso il provvedimento del 5 febbraio 2002 con il quale il giudice delegato aveva rigettato l'istanza di revoca del primo decreto.
Il reclamante rilevava che la somma indicata nel decreto del giudice delegato era stata oggetto, in precedenza, di procedura esecutiva che aveva coinvolto il Comune di Sorrento quale terzo pignorato, di tal che essa doveva considerarsi indisponibile,come confermato, tra l'altro dalla pendenza ,presso la sezione distaccata di Sorrento di un giudizio per l'accertamento dell'obbligo del terzo. In tale situazione, a parere della difesa del reclamante, il giudice delegato non aveva il potere di risolvere con decreto, al di fuori di qualsiasi contraddittorio, la controversia in ordine alla spettanza di tale somma, sussistendo contestazione in ordine al presupposto della esistenza di un credito della società fallita nei confronti del Comune. Ed invero essendo mancata la dichiarazione di quantità da parte del terzo pignorato, all'evidenza il credito asseritamente vantato dalla curatela reclamata, non poteva ancora definirsi certo, di tal che il giudice delegato aveva disposto, con il decreto impugnato, un'indebita consegna di una somma ancora in contestazione, comunque non certamente di appartenenza della curatela del fallito, in palese contrasto con l'articolo 51 della legge fallimentare.
Alla luce di tali considerazione concludeva per la revoca ,l'annullamento o la revisione dei provvedimenti impugnati.
Si costituiva la curatela del fallimento Sorrento Linda sas.
La difesa, innanzitutto, procedeva alla qualificazione del decreto contestato, come provvedimento a natura meramente ordinatoria, non in grado quindi di incidere sulla sfera soggettiva del Comune, richiamando il costante orientamento della Cassazione , secondo il quale un provvedimento per avere natura decisoria deve risolvere una controversia o comunque incidere su diritti soggettivi con attitudine del provvedimento a pregiudicare, con l'efficacia propria di giudicato, le situazioni sulle quali interviene. Nel caso di specie al contrario il giudice delegato si era limitato ad intimare (non ad ingiungere, ordinarie o condannare), al Comune il pagamento di una certa somma rappresentativa, a parere del curatore del fallimento, di un credito originariamente vantato dalla fallita verso il comune.
In ogni caso quando anche non si condividesse tale impostazione, al provvedimento andrebbe riconosciuta una efficacia endofallimentare, e sarebbe destinato dunque a produrre effetti solo all'interno della procedura. Pertanto ancora una volta esso non potrebbe incidere su diritti e situazioni giuridiche di soggetti terzi.
In terzo luogo, e sempre in via preliminare la difesa della curatela fallimentare rilevava la tardività del reclamo in quanto, proprio per la enunciata natura ordinatoria del provvedimento del 31 gennaio 2002, la impugnazione andava proposta entro il termine di tre giorni dalla comunicazione del provvedimento, comunicazione che doveva ritenersi avvenuta lo stesso 31 gennaio 2002, quando il curatore aveva provveduto a farlo protocollare presso il comune.
La difesa della curatela entrava anche nel merito della questione rilevando in fatto che il credito della Sorrento Linda verso il comune era stato oggetto di pignoramento presso terzi in favore di soggetti che si affermavano creditori della fallita e in diritto che il creditore, il quale abbia subito il pignoramento di un suo credito non ne perde la titolarità, in quanto il pignoramento non implica alcuna attuale riduzione del patrimonio del debitore ma solo un vincolo di efficacia di eventuali atti dispositivi dello stesso rispetto ai creditori. Dunque, intervenuto il fallimento del creditore del debitore pignorato, la curatela conserva il potere di agire per il pagamento del credito vantato anche nel caso, diverso da quello in esame, in cui vi sia già stata l'assegnazione al terzo del credito pignorato, purché tale credito non sia ancora stato estinto prima della sentenza dichiarativa di fallimento, in quanto, come oramai affermato dalla costante giurisprudenza, il diritto dell'assegnatario verso il debitore che ha subito l'espropriazione, non si estingue che con la riscossione del credito assegnato e l'effetto satisfattorio per il creditore procedente si produce solo con l'esazione, esazione che però dopo il fallimento non può mai verificarsi con effetto estintivo dell'obbligazione, atteso che essa costituirebbe un pagamento inefficace ex articolo 44 legge fallimentare. Alla luce di tali considerazioni essendo evidente che il credito era rimasto nella titolarità del creditore e attesa la irrilevanza di eventuali vicende estintive postfallimentari, il giudice delegato aveva correttamente ribadito al debitore che lo stesso andava adempiuto unicamente nei confronti della curatela preavvertendolo che un eventuale adempimento nei confronti del terzo sarebbe stato considerato inopponibile al fallimento. Infine la curatela affermava anche la legittimità del provvedimento di rigetto 5.2 2002 il quale al pari di tutti i provvedimenti del giudice delegato avrebbe dovuto essere oggetto di reclamo innanzi al tribunale.
Alla luce di tali considerazioni la della concludeva per il rigetto del reclamo con vittoria di spese.
Sentite le parti all'udienza camerale e letta la memoria ulteriore presentata dalla difesa del Comune di Sorrento, nella quale si ribadivano le ragioni già esposte a fondamento del reclamo, il tribunale si riservava la decisione.
Il reclamo è fondato e va pertanto accolto.
Occorre preliminarmente procedere alla qualificazione del decreto impugnato, posto che, come correttamente osservato dalla difesa della curatela, la natura del provvedimento incide in maniera significativa su una serie di aspetti determinanti ai fini della decisione.
Ed invero secondo le indicazioni della Suprema Corte, nel quadro dell'articolo 26 della legge fallimentare, anche a seguito degli interventi della Corte Costituzionale (sentenza numero 118/63, numero 42/81, numero 303/805, numero , numero 156/86) e soprattutto dopo l'intervento della Cassazione a sezioni unite (sent. numero 2255/84), si è venuto a delineare un orientamento ermeneutico in base al quale i provvedimenti del giudice delegato e quelli del tribunale fallimentare sul conseguente reclamo ex articolo 26 legge fallimentare vanno distinti a seconda che riguardino atti interni alla procedura di carattere ordinatorio, inerenti la gestione del patrimonio fallimentare, ovvero riguardino altri atti con caratteristiche della definitività e della decisorietà, intese come idoneità a incidere su diritti soggettivi. Nella prima ipotesi, il decreto del giudice delegato è reclamabile al tribunale nel termine di tre giorni (decorrente dalla data di comunicazione del provvedimento), e il decreto emesso dal tribunale in sede di reclamo non può formare oggetto di ricorso per cassazione neppure ai sensi dell'articolo 111 Cost., appunto perché privo di natura decisoria (tra le tante cassazione numero 461 /96, numero 2790/95; numero 3167/94). Nella seconda ipotesi, qualora si controverta in situazioni incidenti su diritti soggettivi, trovano invece applicazione le norme generali sui procedimenti camerali e conseguentemente sia sul termine per proporre reclamo che diviene dunque di dieci giorni decorrenti sempre dalla comunicazione, sia sulla possibilità di impugnare il decreto del tribunale, emesso in sede di reclamo con ricorso straordinario per cassazione a norma dell'articolo 111 Costituzione (tra le tante cassazione numero 2453/95 numero 865/94 numero 11441/99).
Nella fattispecie in esame il g.d con il provvedimento impugnato ha letteralmente intimato "al sindaco di Sorrento e al Tesoriere ….di consegnare nelle mani del Curatore…. la somma di lire 415.534.000".
Orbene al di là del tenore letterale del decreto tipico del provvedimento anticipatorio in materia di consgna di beni o somme, che non lascia spazio per l'interpretazione proposta dalla difesa della curatela, la quale ne ha sostenuto la valenza meramente rafforzativa dell'azione del curatore , altri elementi portano, in maniera definitiva, a ritenere che il decreto del g.d. tendesse ad incidere direttamente su posizioni soggettive dei terzi,nel caso del Comune di Sorrento.
In tale prospettiva assume rilievo la correlazione dell'atto del giudice con l'istanza del curatore( sulla correttezza di tale procedimento ermeneutico vedi Cass n.1123/99).Ed allora basterà scorrere la richiesta del curatore in data 31 01 2002 , ove, all'esito della narrativa, si chiede che il giudice ordini al Comune di Sorrento di consegnare le somme in questione, in quanto appartenenti alla società fallita, per affermare che il provvedimento del g.d., piuttosto che a sottolineare la impossibilità per il Comune di procedere ad un pagamento in favore di terzi al di fuori del concorso (compito peraltro spettante al solo curatore e non al G.d. il quale,a tali fini, non poteva porsi come diretto interlocutore del terzo), mirava al soddisfacimento di un interesse di palese concretezza : quello di acquisire all'attivo fallimentare una somma che il curatore affermava spettante alla società fallita e detenuta, senza che vi fosse contestazione sulla titolarità , dal Comune di Sorrento , somma che correva peraltro il rischio di essere "sottratta" al concorso dei creditori,in considerazione della procedura espropriativi individuale presso il Comune da parte di un soggetto che si affermava creditore della società fallita.
Risulta pertanto palese che l'atto del g.d. non avesse natura meramente organizzatoria e rilevanza meramente interna alla procedura e che anzi tendesse al raggiungimento di un risultato quantomeno potenzialmente lesivo del diritto soggettivo del terzo.
Come tale, il provvedimento era certamente impugnabile dal terzo con lo strumento endofallimentare, posto quanto correttamente rilevato dalla stessa difesa della curatela e cioè che,nell'ordinamento processuale-concorsuale, il reclamo ex art.26 l.f. non è stato espunto dagli interventi della Cassazione , che si è limitata a disegnare un nuovo modello di procedimento fallimentare endofallimentare per la reclamabilità dei decreti del giudice delegato con contenuto o quantomeno con attitudine decisoria.
L' affermazione consente innanzitutto di superare le preliminari eccezioni della difesa della curatela, essendo evidente l'interesse del Comune, che ha chiarito come l'asserito ma indimostrato credito della società fosse oggetto di contestazione, ad impugnare un provvedimento che tendeva ad attribuire un bene ad un determinato soggetto, saltando del tutto la doverosa fase dell'accertamento , privando esso intimato di ogni possibilità di esercitare il diritto di difesa secondo le regole del contraddittorio.
La stessa prospettazione, in secondo luogo, consente di superare l'eccezione di tardività dell'impugnazione, posto che il reclamo è stato proposto il 5.02. 2002 e quindi ben entro il termine di dieci giorni, applicabile, per le considerazioni sin qui svolte, al caso di specie.
L'eccezione, peraltro, appare infondata anche sotto un diverso profilo. Ed invero, quand'anche si volesse ritenere che il termine per proporre reclamo ex articolo 26 legge fallimentare era quello breve di tre giorni decorrente dalla comunicazione del provvedimento, il ricorso sarebbe, comunque, tempestivo, in quanto il decreto non è mai stato comunicato.Non può condividersi infatti l'affermazione che la comunicazione del provvedimento ad opera della cancelleria trovi un corretto equipollente nell'attività del curatore che ha protocollato il decreto stesso presso gli uffici comunali. In diritto infatti va rilevato che le comunicazioni di cancelleria, da effettuarsi di regola in una delle forme previste dall'articolo 136 cpc, ammettono la possibilità di forme equipollenti, purché da queste risulti però la certezza, per effetto dell'attività di cancelleria, dell'effettiva presa di conoscenza -da parte del destinatario- della notizia da comunicare e della data in cui la comunicazione è avvenuta (tra le tante vedi Cassazione numero 1606/79; numero 3130/82; numero 10422/92; numero 5230/94; numero 5761/98), requisiti che certamente non possono riconoscersi al mero fatto del deposito dell'atto al protocollo dell'ente convenuto.
Ciò premesso occorre approfondire le ulteriori conseguenze giuridiche della natura sostanzialmente acquisitiva del decreto del giudice delegato in data 31 gennaio 2002.
La figura dei cosiddetti decreti di acquisizione, si fonda sull'articolo 25 numero 2 legge fallimentare. Esso è lo strumento mediante il quale si acquisiscono al fallimento, includendoli nello effetto di pignoramento generale che questo determina, beni posseduti dal fallito ma non ricompresi nell'inventario, perché sopravvenuti o per altra causa, o anche beni posseduti da terzi, a condizione che questi ne facciano esibizione o comunque non ne contestino l'appartenenza all'asse fallimentare. Tale tipo di provvedimento è un atto di giurisdizione esecutiva che non può però mai trovare cittadinanza giuridica quando esso miri a risolvere, o più semplicemente a superare,ignorandole, eventuali contestazioni in ordine alla spettanza del bene al fallimento da parte di terzi che deducano un proprio diritto incompatibile con la pretesa degli organi procedenti, e ciò neppure al fine di assicurarne provvisoriamente il possesso alla massa dei creditori concorsuali, in attesa che venga definita nella sede competente la situazione giuridica.(tra le tante è sufficiente il richiamo alla fondamentale Cass.Sez Un.n.2258/1984; Cassn.4180/85).
Orbene nella fattispecie in esame il comune non si era mai dichiarato disponibile a versare la somma alla procedura fallimentare, né risulta in alcun modo la mancanza di contestazione in ordine alla spettanza della stessa alla società fallita. Anzi, contrariamente a quanto dedotto dalla difesa della curatela, sussistevano certamente contestazioni in ordine al credito vantato dalla Sorrento Linda Sas nei confronti dell'ente territoriale e ciò sia perché così espressamente dichiarato dal reclamante, senza che la curatela abbia prodotto alcun documento che attesti, al contrario, in via definitiva, l'esistenza del credito in capo alla società fallita, ma anche perché confermato dal comportamento del comune nel procedimento di esecuzione presso terzi intentato da un soggetto che si affermava creditore della Sorrento Linda Sas, nel corso del quale non fu resa la dichiarazione di quantità, all'evidenza contestandosi l'obbligo di subire una procedura esecutiva. In questo caso dunque lungi dal poter ricorrere al decreto di acquisizione ex articolo 25 numero 2 legge fallimentare ,il curatore avrebbe dovuto, con le forme e le autorizzazioni di legge, intraprendere le ordinarie azioni per la tutela dei diritti del fallimento .
Quando come nel caso di specie i provvedimenti formalmente emessi in applicazione di quella norma, esulino invece dal campo da essa regolato, essi allora assumono il carattere, sia pure provvisorio, di atti che incidono su diritti soggettivi, senza che alcuna norma di legge ne preveda e ne consenta l'emissione a sostegno di una pretesa del fallimento presa in esame anche inaudita altera parte (trattasi di provvedimenti, definiti in dottrina ma anche da qualche pronuncia della Cassazione, come atti ad incidere ma non a decidere). In questi casi il provvedimento emesso deborda dal modello legale, tendendo a realizzare, attraverso uno strumento improprio, una invasione della sfera giuridica soggettiva dei terzi, in alternativa agli strumenti cautelari di diritto comune o di un giudizio ordinario da intraprendere con l'autorizzazione del giudice delegato.
Lo stesso, pertanto, si mostra inidoneo a produrre gli effetti di un giudicato sostanziale posto che, esulando dai poteri dell'organo che lo ha emesso, è giuridicamente inesistente, tanto è vero che contro lo stesso la tutela, certamente, non si esaurisce attraverso il rimedio endofallimentare di cui all'articolo 26 l.f, che, al contempo, non può però ritenersi escluso, stante il potere-dovere del tribunale in questa sede di conformare a diritto i provvedimenti emessi nel corso della procedura da parte del G.D., ma può trovare idoneo rimedio, in ogni tempo attraverso l'actio nullitatis quale ordinaria azione di accertamento, ormai riconosciuta nel nostro ordinamento.Infatti la cd. inesistenza giuridica o la nullità radicale di un provvedimento avente contenuto decisorio, erroneamente emesso da un giudice carente di potere o che emana un provvedimento abnorme, irriconoscibile come atto processuale di un determinato tipo, può essere fatta valere in ogni tempo, mediante un'azione di accertamento negativo (actio nullitatis). Sul punto va ancora osservato che la utilizzabilità della tutela binaria deriva dal principio generale secondo il quale la possibilità di adire il giudice con l'azione che tenda ad accertare la inesistenza di un provvedimento,non esclude, tuttavia, che la parte possa dedurre tempestivamente l'inesistenza giuridica con i normali mezzi di impugnazione, stante l'interesse all'espressa rimozione di un atto processuale efficace. (Così Cass. civ., Sez.I, 29/09/1999, n.10784PARTI IN CAUSA
Isobloch C. Soc. Came e sulla doppia tutela nel caso del decreto di acquisizione abnorme Cass.n.4214/92 che sottolinea l'esperibilità di altri strumenti in siffatte situazioni diversi ed ulteriori rispetto all'art 26 l.f. nonché per l'utilizzabilità in ogni tempo dell'actio nullitatis e non del ricorso ex art.111 vedi Cass.n.6353/97;Cass.n.2270/84 Cass.n1402 e 10354/93 ) .
La soluzione in ordine al primo provvedimento, rende del tutto inutile l'esame delle questioni in ordine all'impugnazione del secondo provvedimento con il quale il giudice ha respinto l'istanza di revoca in quanto ha ritenuto il decreto impugnabile ex articolo 26 legge fallimentare mentre le motivazioni che portano all'accoglimento del reclamo non consentono di scendere nel merito della situazione sottesa al decreto impugnato peraltro correttamente affrontata dalla difesa della curatela .
La complessità della vicenda, la peculiarità della situazione di fatto, la molteplicità delle questioni poste all'attenzione delle difese, impongono la totale compensazione delle spese.

P. Q. M.

Il Tribunale di Torre Annunziata, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, sul reclamo proposto dal Comune di Sorrento in persona del Sindaco pro tempore avverso il decreto del Giudice Delegato al fallimento Sorrento Linda sas in data 31.01.2002, così provvede:

a) In accoglimento del reclamo,revoca il provvedimento impugnato del 31.01 2002.

b) Compensa per intero le spese di lite tra le parti.

Così deciso in Torre Annunziata, in camera di consiglio, il 17.04.2002

IL PRESIDENTE
dr. Francesco Paolo Amura


 

 

 

 

 











 

 

 


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