LA PROCEDURA DI CRISI: LA PROSECUZIONE DELL'ATTIVITA' DI IMPRESA NEL TRADIZIONALE SISTEMA DI GRADUAZIONE DEI CREDITI

ADRIANO PATTI

Magistrato in Genova

Consigliere della Corte di Appello


(Napoli, 16 e 17 marzo 2001)


Sommario - 1. Premessa: risanamento dell'impresa e tutela del credito - 2. La procedura di crisi nel disegno di legge delega per la riforma delle procedure relative alle imprese in crisi - 3. Il programma di risanamento dell'impresa - 4. La gestione dell'impresa e gli interessi tutelati - 5. Il sistema di graduazione dei crediti nel nostro ordinamento - 6. La tutela dei creditori per classi nella prosecuzione dell'attività di impresa - 7. Conclusioni


1. Premessa: risanamento dell'impresa e tutela del credito
Quando si affronta il tema della crisi di impresa, due sono le principali angolazioni prospettiche da cui esso può essere riguardato, che sottendono la tutela di interessi tendenzialmente confliggenti, almeno nel breve periodo: quella del risanamento dell'impresa e quella della tutela del credito. La prima si pone, infatti, nella prospettiva della conservazione dell'attività imprenditoriale e (quanto meno, a medio termine) del suo recupero a condizioni di efficienza, nel ripristino di un'economicità di gestione, per una rinnovata collocazione competitiva sul mercato; la seconda si pone, invece, nella prospettiva (immediata) della liquidazione dell'impresa, per la realizzazione del valore di scambio dei beni organizzati per il suo esercizio, in vista dell'estinzione delle passività (in una visuale ex parte debitoris) accumulate.
Si tratta allora di verificare se davvero le due prospettive delineate siano irrimediabilmente inconciliabili o se non sia possibile recuperare, in una più ampia regolazione della gestione della crisi dell'impresa, un terreno comune di convergenza di interessi, rappresentato verosimilmente dal mantenimento in vita della stessa, con le debite garanzie di controllo, in vista (anche) della soddisfazione, in via dilazionata ed in misura (eventualmente) percentuale, dei diritti dei creditori.
Ma si stratta anche di individuare i soggetti più strettamente interessati alla conservazione del bene - impresa, intesa, come testualmente si esprime la Relazione al d. lgs. 270/99 (di amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi), § 1.1, "quale entità oggettiva distinta dall'imprenditore nella sua duplice valenza di fonte unitaria di produzione e di fattore di mantenimento dell'occupazione".
In questo senso, appare utile richiamare la distinzione tra il soggetto imprenditore, ossia tra "chi esercita ... una attività ...", e l'impresa, che ne costituisce l'antecedente logico - giuridico, individuabile come modello precostituito di fatto, cui si àncora un complesso di proposizioni assertorie (così quelle che compongono il cd. statuto dell'imprenditore commerciale) e di cui sono predicati le differenti tipologie che ne articolano il contenuto, arricchendone l'intensità (impresa commerciale, agricola, piccola, medio - grande) , sottolineando come il concetto di impresa si sia modificato nel tempo, trasformandosi da un'accezione di attività svolta dal soggetto imprenditore a quella di soggetto, essa stessa, di diritti e di obbligazioni, di rapporti giuridici ed economici, ossia di ente organizzato, diretto al perseguimento di un'attività, indipendentemente dalla circostanza che faccia capo ad un imprenditore individuale o collettivo .
Si tratta quindi, più concretamente, di valutare la compatibilità della prosecuzione dell'attività di impresa, con il conseguente ampliamento della platea dei creditori (per la successiva contrazione di obbligazioni da parte dell'imprenditore, tra l'altro da soddisfare con preferenza su quelle anteriori), con il regime di graduazione dei crediti, nell'attuazione della garanzia patrimoniale del debitore, a norma degli artt. 2740 e 2741 c.c.

E' questa la scommessa da vincere per la nuova procedura di crisi, così come, per altro verso, per la procedura, di natura mista amministrativa e giurisdizionale, di amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi , cercando di riuscire là dove hanno sostanzialmente fallito, per gli esiti ampiamente insoddisfacenti constatati, le tradizionali procedure minori di concordato preventivo e di amministrazione controllata.

2. La procedura di crisi nel disegno di legge delega per la riforma delle procedure relative alle imprese in crisi
Con il disegno di legge delega al Governo per la riforma delle procedure relative alle imprese in crisi, approvato dal Consiglio dei ministri del 27 ottobre 2000, il legislatore, traendo ispirazione da una più matura consapevolezza della confluenza, nell'esigenza di un recupero delle imprese in crisi, non più solo dell'interesse esclusivo dell'imprenditore, ma di una pluralità di posizioni economiche e sociali di portata generale, oltre che dalla tendenza, manifestatasi a livello europeo, di unificazione delle procedure concorsuali, ha indicato, come principi direttivi fondamentali, la sostituzione delle procedure di fallimento, di concordato preventivo, di amministrazione controllata e di liquidazione coatta amministrativa con una procedura unitaria di insolvenza, a fasi successive e con caratteristiche di flessibilità, e con una procedura di crisi, anticipatoria della prima.
Questa seconda può essere avviata, su istanza del solo debitore , in presenza di sintomi di squilibrio patrimoniale, economico e finanziario, tali da determinare pericolo di insolvenza.
Preliminare, infatti, ad un intervento sulla crisi dell'impresa è la presa d'atto di tale condizione, che si manifesta, appunto, in un peggioramento o comunque in un'alterazione dello stato di equilibrio economico (inteso questo come l'attitudine dell'impresa a produrre con continuità un flusso di redditi, ossia di risultati economici remunerativi di qualunque fattore impiegato nella produzione, anche se misurato in via figurativa, soddisfacenti relativamente alle attese del soggetto economico, in una visione prospettica ed evolutiva), di equilibrio finanziario (il quale consiste nel perseguimento della solvibilità, attraverso: a) un equilibrio finanziario in senso stretto, dato da un'armoniosa correlazione tra la struttura degli investimenti aziendali e quella dei finanziamenti; b) un equilibrio monetario, basato su un continuo pareggio tra entrate ed uscite monetarie dovute alle diverse operazioni che si sviluppano nei circuiti della produzione e dei finanziamenti), di equilibrio patrimoniale (inteso questo come condizione di solidità dell'impresa, attraverso un equilibrato rapporto tra fonti di finanziamento, essenzialmente rinvenibili nell'apporto di capitale proprio e di credito, ed impieghi). Le tre condizioni di equilibrio (economico, finanziario e patrimoniale) costituiscono comunque diversi aspetti di un fenomeno unitario, che interagiscono reciprocamente e che pertanto devono essere congiuntamente tenuti presenti, per avvertire gli effetti di propagazione dei fenomeni di crisi che si manifestino nei distinti ambiti.
Quanto poi all'espressione normativa sintomi, occorre operare una chiara distinzione tra semplici sintomi e manifestazioni di crisi, per lo più di natura finanziaria, e cause effettive di crisi, quasi sempre di natura economica e operativa: l'individuazione di queste ultime è fondamentale per una corretta diagnosi ed è già parte attiva di un processo di risanamento, perchè soltanto da un serio ed approfondito lavoro di eziologia si possono, infatti, impostare interventi risanatori appropriati .

Con l'istanza di apertura della procedura, il debitore deve proporre un piano di risanamento dell'impresa e di estinzione delle obbligazioni, anche mediante pagamento differito, rateale ed in percentuale dei creditori (anche privilegiati, esclusi quelli assistiti dal privilegio previsto dall'art. 2751bis c.c.), di durata non superiore a due anni, eventualmente, una volta omologato dal tribunale, prorogabile di sei mesi (art. 2, n. 1, lett. v, disegno di legge).
L'apertura della procedura deve quindi essere dichiarata con decreto dal tribunale, che nomina un giudice delegato, uno o più commissari giudiziali ed un comitato dei creditori, con funzione di tutela degli interessi comuni (art. 2, n. 1, lett. l, disegno di legge).
E' poi previsto che la gestione dell'impresa (così come l'amministrazione del patrimonio) resti affidata al debitore, sotto la vigilanza del commissario giudiziale, salva la necessità dell'autorizzazione del commissario o del giudice delegato per il compimento di atti di particolare rilevanza (art. 2, n. 1, lett. n, disegno di legge), con la prededucibilità nella successiva fase di insolvenza, in un'ottica evidentemente agevolativa, dei crediti sorti, dopo l'apertura della procedura di crisi, per la gestione dell'impresa e l'amministrazione del patrimonio (art. 2, n. 1, lett. r, disegno di legge).
L'impianto complessivo della procedura generale di carattere preventivo presenta la possibilità di interferenza con alcuni profili della nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria, laddove in particolare essa prevede, nelle ipotesi in cui appaia praticabile un recupero dell'attività produttiva per l'esistenza di concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali, una fase amministrativa di ristrutturazione e recupero sulla base di un programma di risanamento di durata non superiore a due anni .
La procedura di crisi tende poi ad assicurare, almeno sul piano programmatico e cogliendo così gli auspici della dottrina più avvertita, un maggiore spazio, nella gestione della crisi dell'impresa, alle categorie dei soggetti interessati, così riconoscendo (come nella fisiologia, pure nella patologia dell'impresa) una più significativa rilevanza oggi del mercato, espressa dall'istanza di riallocazione della ricchezza quando essa sia in grado di crearne nuova, nel tempo più breve e con il consenso delle categorie coinvolte: ciò peraltro non senza un sacrificio, oltre che per gli interessi anche per il capitale, dei creditori (non solo chirografari, ma pure privilegiati), distinti per classi e votanti con criterio maggioritario; donde la necessità dell'omologazione del piano di risanamento con sentenza, in quanto idonea a dirimere conflitti di diritti soggettivi .

3. Il programma di risanamento dell'impresa
L'ipotesi del risanamento non è una via obbligata, ma costituisce una scelta nell'ambito di un processo razionale, che comporta il superamento di una serie di oneri, essenzialmente individuabili in investimenti a lungo termine, in impegni finanziari e contrattuali verso istituti di credito, nel confronto con condizioni di rischio e di incertezza, nella gestione di conflitti interni e di possibili resistenze al cambiamento .
Si tratta pertanto di elaborare un piano strategico, che consenta di disporre di informazioni sull'andamento dei flussi di reddito dell'impresa in ipotesi di risanamento, distribuiti nel tempo di avanzamento del piano. La sua valutazione economica, al fine del giudizio in ordine alla fattibilità ed alla congruenza con gli obbiettivi di risanamento prefissati, si basa tendenzialmente sull'applicazione del metodo reddituale complesso, di previsione di un graduale incremento di redditività nel corso del suo svolgimento, secondo una dinamica di "progetto", ossia come iniziativa di lunga durata e sequenziale nella sua evoluzione, per definire nei vari stati di avanzamento dell'intervento i livelli di redditività raggiungibili .
La predisposizione del programma di risanamento presuppone una chiara opzione tra le varie modalità di intervento, anche eventualmente tra loro in parte coesistenti, che la dottrina aziendalistica individua nelle diverse strade: a) della ristrutturazione, ossia nell'ambito delle combinazioni prodotti/mercati tradizionali e senza sostanziali variazioni dimensionali; b) della riconversione, quando sia dominante la ricerca di nuove combinazioni prodotti/mercati, con essenzialità pertanto dell'innovazione tecnologica e di marketing; c) del ridimensionamento, nel senso di una sostanziale modifica delle dimensioni, normalmente ridotte, spesso traumatica, per i drastici tagli imposti al personale dipendente; d) della riorganizzazione, quando l'intervento si basi essenzialmente sulla ridefinizione delle aree di responsabilità e di controllo, di circolazione delle informazioni, di produzione e di ricerca, di gestione strategica, di pianificazione, di nuovo assetto del marketing .
Esso deve normalmente assicurare la realizzazione della finalità conservativa del patrimonio produttivo e, per quanto possibile, alla luce dell'indicazione dell'art. 2, n.1, lett. h) del citato disegno di legge, la tutela dei livelli occupazionali, dipendendo, per la sua riuscita, dalle caratteristiche di tempestività e di specifica idoneità.
Nell'ottica del raggiungimento di un risultato favorevole, decisiva rilevanza assume poi l'atteggiamento di adesione ad esso del ceto creditorio, direttamente coinvolto nella situazione di crisi e pertanto pienamente legittimato ad esprimersi sulla sorte dell'impresa, anche secondo la teoria cosiddetta di valutazione delle opzioni .
Un tale ruolo dei creditori è, d'altro canto, riconosciuto, in riferimento alla nuova legge di amministrazione straordinaria (con la quale già sono stati sottolineati alcuni elementi di contatto ) dall'art. 56, 3° co., d. lgs. 270/99, laddove espressamente prevede, nel contenuto del programma di ristrutturazione, l'indicazione delle modalità di soddisfazione dei creditori, anche sulla base di piani di modifica convenzionale delle scadenze dei debiti o di definizione mediante concordato: ciò che appunto sancisce il ruolo attivo del ceto creditorio nella ricerca di un percorso di recupero della solvibilità dell'impresa, con la strutturale inclusione di soluzioni negoziate tra le previsioni programmatiche, in vista del conseguimento delle finalità della procedura .
Nella procedura di crisi, i creditori sono addirittura arbitri del varo del programma di risanamento proposto dal debitore, sulla base delle risultanze di una relazione su di esso del commissario giudiziale, a norma dell'art. 2, n.1, lett. t). Tutti, infatti (privilegiati compresi), organizzati, ai fini della votazione, in classi omogenee per interessi economici, anche in riferimento ai contenuti del piano, sono chiamati a partecipare alla sua approvazione, secondo maggioranze di numero e di somma, con una prioritaria valorizzazione, sul principio di collegialità e di centralità dell'assemblea, dell'esigenza di speditezza e di correntezza della votazione per esplicita manifestazione del dissenso (e con previsione dell'approvazione mediante mancata manifestazione del dissenso, come oggi accade per il concordato fallimentare) .
Se, tuttavia, l'approvazione dei creditori è necessaria per evitare l'apertura della procedura di insolvenza, essa non è però anche sufficiente, dovendo comunque farsi luogo (come già oggi per le procedure di concordato preventivo e di concordato fallimentare) ad un giudizio di omologazione davanti al tribunale, con meccanismo processuale parso, secondo la relazione di accompagnamento al disegno di legge, la formula più felice per approntare, da un lato, una sufficiente garanzia in favore dei soggetti interessati e per riservare al giudice, dall'altro, un controllo dell'accordo alla base del ripristino della normalità dell'attività produttiva, ma anche del soddisfacimento delle obbligazioni dell'imprenditore, secondo un modulo di eterotutela, che sottrae alla libera disponibilità dei creditori la tutela dei propri interessi .
In questa direzione, si può rinvenire il tracciato di un percorso comune per la realizzazione di quelle istanze, indicate in premessa come apparentemente inconciliabili, di conservazione e di recupero dell'impresa, da una parte, e di soddisfazione del ceto creditorio, dall'altra: resta però da verificare se l'impianto e gli strumenti predisposti dalla nuova procedura di crisi siano a ciò idonei.

4. La gestione dell'impresa e gli interessi tutelati
Alla base del raggiungimento dei suddetti obbiettivi è certamente la gestione dell'impresa in crisi.
Essa rimane affidata al debitore, sia pure sotto la vigilanza del commissario giudiziale e salva la necessità dell'autorizzazione del commissario o del giudice delegato per il compimento di atti di particolare rilevanza, in una condizione: a) di cristallizzazione (per buona parte almeno) dell'esposizione debitoria, non solo nella sua consistenza ma anche nella sua composizione; b) di particolare tutela dell'integrità patrimoniale; c) di agevolazione nello svolgimento gestionale.
Tra i principali effetti dell'apertura della procedura di crisi, sono, infatti, previsti dall'art. 2, n. 1, lett. o) del disegno di legge: il divieto di azioni esecutive individuali, l'inefficacia degli atti di acquisto di diritti di prelazione e delle formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi, nonchè la sospensione degli interessi legali sui crediti chirografari. In tale disposizione è poi contenuta, nella disciplina degli effetti sui rapporti giuridici preesistenti, la previsione, in particolare, della facoltà del debitore di sciogliersi da determinati rapporti, con l'autorizzazione degli organi della procedura, quando la loro prosecuzione pregiudichi l'attuazione del piano. Ciò similmente a quanto previsto dalla nuova legge di amministrazione straordinaria, che ha introdotto una generale facoltà del commissario straordinario di sciogliersi dai contratti in corso, i quali continuano ad avere esecuzione fino al momento di esercizio di tale facoltà , ma a differenza di quanto ritenuto, in via interpretativa, per le vigenti procedure concorsuali minori .
Appare dunque evidente come il tentativo di risanamento coinvolga direttamente non soltanto i creditori immediatamente interessati al funzionamento dell'impresa, come i lavoratori, i soggetti finanziatori (in particolare: le banche) e fornitori di materie prime, merci e servizi in genere, ma tutti i creditori, che accordano un tempo di moratoria al debitore, sia sotto il profilo della rinuncia temporanea alla soddisfazione (eventualmente anche in via coattiva) delle loro pretese, sia sotto il profilo della pienezza di tale soddisfazione, non solo in ragione degli interessi (certamente esclusi per il periodo successivo all'ammissione per i chirografari), ma anche del capitale (potendo il pagamento in percentuale riguardare, non soltanto come oggi i chirografari medesimi, ma pure i privilegiati, assistiti da privilegio diverso da quello previsto dall'art. 2751bis c.c.).
Ma accanto ai creditori in senso stretto, pure incisi direttamente dal piano di risanamento sono tutti i contraenti con il debitore, parti di rapporti già sorti (per questo preesistenti, con riferimento alla perfezione del sinallagma genetico) con prestazioni ancora, almeno in parte, reciprocamente ineseguite (per questo pendenti, con riferimento alla vigenza del sinallagma funzionale).
La finalità prioritaria del mantenimento della gestione in capo al debitore appare allora essere, almeno prima facie, quella della conservazione del bene - impresa, intesa come nucleo di interessi riguardanti l'imprenditore e la comunità dei lavoratori (costituendo la tutela dei livelli occupazionali uno dei principali obbiettivi, per quanto possibile, del programma di risanamento, ai sensi dell'art. 2, n. 1, lett. h del disegno di legge) e degli operatori economici e finanziari maggiormente compromessi nel sostegno dell'attività imprenditoriale.
Ma strettamente correlata ad essa ed anzi in qualche modo dipendente da essa, sembra pure la tutela del ceto creditorio, che sostiene il sacrificio sopra indicato nella ragionevole aspettativa, attraverso la ricerca di un ripristino delle condizioni di solvibilità, in virtù del superamento della situazione di crisi, di una migliore soddisfazione delle proprie ragioni, comparativamente agli esiti, diversamente, di una procedura concorsuale liquidatoria. E tale finalità è, d'altro canto, esplicitamente enunciata, seppure in una prospettiva comparativa espressamente riservata agli enti titolari di crediti di natura fiscale o previdenziale (in quanto oggi non negoziabili), laddove si prevede che essi, nel caso in cui il piano di risanamento contempli il pagamento differito, rateale o in percentuale, anche di tali crediti, possano prestare il proprio assenso, quando la soluzione offerta appaia conveniente rispetto ai prevedibili esiti di una procedura di insolvenza.
E la sottolineatura di questo profilo di convenienza (oggi previsto, sulla proposta globale di definizione dell'insolvenza, soltanto come valutazione del tribunale in sede di omologazione del concordato preventivo e quindi come momento di eterotutela e, fin dal momento della proposta, nel concordato fallimentare, come più favorevole scelta di liquidazione, alternativa, o quanto meno complementare, a quella del curatore) qui direttamente da parte dei creditori in relazione alla bontà dell'esperimento di un tentativo di risanamento, àncora certamente la prosecuzione della gestione dell'impresa (anche) all'interesse dei creditori tutti.
Viene a questo punto spontaneo chiedersi se le finalità indicate, posto che l'intervento concorsuale, nella più moderna concezione, non deve riguardare la persona dell'imprenditore, ma l'impresa e i valori in essa contenuti, nell'interesse della collettività , possano realizzarsi anche con la cessione dell'azienda a terzi.
La nuova legge sull'amministrazione straordinaria ha dato a tale domanda una risposta affermativa, sottolineando, anche in riferimento all'indirizzo della ristrutturazione economico - finanziaria, la non necessaria coincidenza della conservazione dell'impresa con quella dell'imprenditore, alla luce dell'espresso riferimento dell'art. 56, 3° co. alla ricapitalizzazione dell'impresa ed al mutamento degli assetti imprenditoriali .
Ma anche per la procedura di crisi pare potersi dare, almeno in via generale, una risposta affermativa, alla luce della detta considerazione dell'impresa da risanare (per gli obbiettivi satisfattivi indicati) anche a prescindere dal soggetto imprenditore, non essendo più questo il polo esclusivo di riferimento, rinvenendosi poi un argomento di diritto positivo, in tale senso, nell'espressa previsione di inapplicabilità alla procedura dell'art. 2560 c.c., in materia di regime di responsabilità per i debiti anteriori del cessionario dell'azienda (art. 2, n. 1 lett. o del disegno di legge), con previsione, in ogni caso, a tutela dei creditori, della fissazione dei termini di inefficacia degli atti, nella successiva procedura di insolvenza, dalla data di apertura della procedura di crisi (art. 2, n. 1, lett. s). Una tale interpretazione rientrerebbe comunque nell'intenzione del legislatore delegante, che, intendendo nella relazione illustrativa del disegno di legge chiarire espressamente l'accezione dell'enunciazione normativa di piano di risanamento, afferma come esso possa anche prescindere dall'esercizio dell'attività produttiva, ove vengano a mancare gli stessi presupposti per la conservazione dell'impresa e debba avviarsi esclusivamente un procedimento liquidatorio e di ripartizione dell'attivo realizzato in favore dei creditori.
Si comprende bene, peraltro, come la più adeguata risposta debba essere attentamente e prudentemente calibrata su ogni singolo e concreto caso all'esame, al tempo stesso diagnostico e prognostico, del giudice, cui si richiede la dotazione, nel suo bagaglio professionale, non soltanto delle indispensabili nozioni giuridiche, particolarmente nella materia commerciale e concorsuale, per un corretto inquadramento della fattispecie, ma anche di quelle tecniche conoscitive che gli consentano un'adeguata comprensione dei fenomeni economici, così da poter consapevolmente ed avvedutamente scegliere la soluzione più efficiente tra quelle potenzialmente atte a perseguire gli scopi di giustizia .

5. Il sistema di graduazione dei crediti nel nostro ordinamento
Occorre finalmente chiedersi ora se, come già anticipato nella premessa, il sistema di graduazione dei crediti nel nostro ordinamento sia congruente con la prosecuzione dell'attività di impresa, rispondente alle dette finalità.
In proposito, giova innanzi tutto prendere le mosse dalla preliminare constatazione della rilevanza di un problema di graduazione, ossia di classificazione sulla base della natura degli interessi tutelati, soltanto in presenza di un concorso tra creditori e quindi nell'ambito di una procedura esecutiva, non ponendosi alcun principio di un eguale diritto di ciascun creditore (rispetto agli altri creditori) all'adempimento spontaneo del debitore, posto che quest'ultimo è "sovrano nello stabilire quali debiti (esigibili) adempiere e quali no; quali adempiere prima e quali dopo" . Ciò risulta chiaramente dalla stessa lettera dell'art. 2741 primo comma c.c., che non stabilisce genericamente un (eguale) diritto dei creditori "di essere soddisfatti" dal debitore, precisando piuttosto che ai creditori spetta un (eguale) diritto "di essere soddisfatti sui beni del debitore", con esplicito riferimento, quindi, all'azione esecutiva con cui viene realizzata la responsabilità patrimoniale (ex art. 2740 c.c.) dell'obbligato resosi inadempiente .
La stessa disposizione introduce subito un regime di esenzione, nella previsione generale di par condicio creditorum, facendo espressamente salve le cause legittime di prelazione, le une principalmente di natura convenzionale o comunque derivanti dalla libera disponibilità delle parti (come essenzialmente per il pegno e l'ipoteca), le altre direttamente istituite dalla legge, in relazione alla causa del credito (così i privilegi).
Ancora in via preliminare, occorre dire come il sistema di graduazione dei crediti, inteso questo in senso lato come previsione di fattispecie e come rapporto di reciproca ordinazione delle stesse, sia stato concepito secondo un'ottica di liquidazione (ossia di attuazione della garanzia patrimoniale del debitore, attraverso la vendita o comunque la realizzazione delle sue attività, in vista della ripartizione del ricavato tra i diversi creditori concorrenti) e non già di funzionamento dell'impresa.
In questo senso, appaiono sintomatici i privilegi speciali, rispettivamente mobiliare e immobiliare, previsti dagli artt. 2755 e 2770 c.c., che godono di una preferenza prioritaria su ogni altro diritto di prelazione, avendo per oggetto le spese per atti conservativi, sostenute nel comune interesse dei creditori (quali, essenzialmente, quelle di sequestro e di pignoramento), che incidono sulla libera disponibilità, da parte del debitore, dei propri beni assoggettati al vincolo, in modo tale da assicurare, limitatamente a tali beni, la conservazione della garanzia patrimoniale, in vista della loro coattiva liquidazione.
Ciò che rileva, nell'ottica in esame, è esclusivamente il valore di scambio dei beni dell'imprenditore, non già il loro valore come elementi di un'unità imprenditoriale, attiva ed operante sul mercato economico, o comunque da mantenere, pur con qualche sforzo, al suo interno.
Se così è sul versante dei beni che sono oggetto del diritto di prelazione, sul versante dei crediti da esso assistiti occorre, innanzi tutto, escludere una matrice unitaria giustificante la ratio delle diverse norme in materia di privilegio.
Ed infatti il legislatore, al di là dell'ampio novero di privilegi speciali previsti, oltre che nel codice civile e della navigazione, anche in numerose leggi speciali , ha accordato una tutela preferenziale, in via generale su tutti i beni mobili del debitore, ai crediti dipendenti da rapporti di lavoro in senso ampio (in questa accezione ricompresi, oltre quelli di subordinazione e di para-subordinazione, anche i rapporti di lavoro autonomo e quelli integrati da una significativa componente del fattore lavoro, come i crediti del coltivaltore diretto o dell'impresa artigiana o della cooperativa di produzione e lavoro e agricola) , ai crediti dipendenti da particolari vincoli di assistenza familiare, da rapporti di natura tributaria, assistenziale e previdenziale, in un'ottica di protezione esclusiva del soggetto portatore del diritto, alla luce dei principali valori costituzionalmente tutelati.
Nessuna preoccupazione od attenzione particolare il legislatore ha invece mostrato (se non per l'ipotesi dell'impresa di navigazione in riferimento alla conservazione della nave ed al completamento del viaggio o per particolari casi di finanziamenti agevolati alle imprese industriali ovvero di crediti speciali in favore di interventi di specifici Istituti finanziatori di attività industriali nel Sud Italia, o comunque relativi al comparto creditizio ), in ordine alla garanzia, in linea generale, della posizione di quei soggetti economici, che con le loro prestazioni (di provvista dei mezzi finanziari, attraverso l'erogazione di mutui o la semplice offerta in disponibilità di somme di denaro, di fornitura di materie prime, di merci, di servizi più diversi: dalla pubblicità alla ricerca di mercato, dalla consulenza nei più vari settori alla logistica ed al trasporto ed altri ancora) consentono all'impresa di operare sul mercato: ciò evidentemente a prescindere da quelle garanzie reali acquisite di propria iniziativa dai singoli operatori (per lo più: banche, che quasi sempre assicurano i propri finanziamenti con l'iscrizione di ipoteche o, controllando spesso anche il portafoglio commerciale dei propri clienti, con la costituzione di pegni, per lo più di crediti).
Risulta quindi piuttosto chiara l'assenza di collegamento tra il regime di preferenziale trattamento dei crediti e la prosecuzione dell'attività di impresa, essendo quasi tutti i suindicati soggetti economici, fornitori in senso ampio dell'impresa, titolari di posizioni in via generale chirografarie, a meno di una loro caratterizzazione interna, relativa alla combinazione dei fattori produttivi, che veda la prevalenza del lavoro sul capitale (così per le imprese artigiane e le cooperative di produzione e lavoro), tale da fare assumere ai loro crediti una natura privilegiata, ma indipendentemente dalla qualità di imprenditore del loro debitore: ciò che il nostro sistema di prelazioni non prevede è, insomma, una preferenza accordata al credito in funzione della sua maturazione in dipendenza di rapporti finalizzati al mercato dell'impresa .
Uno stimolo interessante al riguardo, nel senso dell'individuazione di una possibile forma di garanzia in favore dei creditori sovventori (nelle molteplici forme di erogazione dei servizi finanziari, economici e commerciali suindicati) dell'impresa, senza ostacolo allo svolgimento della sua gestione, né pregiudizio da esso, viene dal diritto inglese, che conosce una garanzia tipica, avente ad oggetto, sin dal momento della sua costituzione, la stessa azienda sociale od una parte di beni unitariamente considerati, la quale non comporta lo spossessamento del debitore.
I profili essenziali della floating charge (è questo il nome della garanzia) sono costituiti dall'attualità della garanzia stessa, dall'avere essa ad oggetto un insieme di beni, lasciati alla libera amministrazione della società debitrice nell'ordinario corso dei suoi affari, senza alcuna necessità di autorizzazione (né di volta in volta, né mai) del creditore, fino al verificarsi di un evento di cristallizzazione (indicativo della cessazione dell'attività di impresa, o dipendente da un intervento del floating charge holder che ponga fine alla licenza a continuare il normale corso degli affari), tale da trasformarla in una fixed o specific charge.
Ma l'elemento essenziale della floating charge, anche ai fini del presente esame, è rappresentato dal dare in garanzia la stessa impresa sociale considerata come un going concern, con l'evidente coessenzialità ad essa della prosecuzione dell'attività, con il conseguente continuo mutamento dei beni oggetto della garanzia stessa, i quali, in caso di cristallizzazione, vengono dal creditore garantito appresi tutti, anche quelli non assoggettabili ad una fixed charge o comunque difficilmente conoscibili dai creditori .
Si tratta dunque di uno strumento, per lo più impiegato in favore dei soggetti finanziatori per garantire i propri crediti, che si traduce in un'agevolazione dell'accesso al credito da parte delle imprese, con il conseguente riflesso sulla dinamicità e sulla vitalità delle stesse .

Quel che preme qui, infine, ribadire è come l'attuale sistema di graduazione del credito non si traduca certamente, nel nostro ordinamento, in un incentivo alla prosecuzione dell'attività di impresa, non apprestando esso in via generale alcuna particolare tutela ai soggetti, che con la loro prestazione (rimasta insoddisfatta per l'inadempimento della controparte) tale prosecuzione hanno resa possibile; anzi, non rientrando proprio una finalità siffatta, come anche più sopra osservato, nell'ambito di previsione della normativa in materia.

6. La tutela dei creditori per classi e l'interesse alla prosecuzione dell'attività di impresa
Occorre a questo punto verificare se la previsione di organizzazione dei creditori in classi (nuova ai fini della votazione del programma di risanamento) sia rispondente alla realizzazione delle segnalate istanze di conservazione e di recupero dell'impresa, da una parte, e di soddisfazione del ceto creditorio, dall'altra.
Ma la questione che preliminarmente si pone è quella, anche alla luce del vigente sistema di graduazione dei crediti nel nostro ordinamento, sopra esaminata, di stabilire se esista davvero una comunanza di interessi del ceto creditorio in senso lato, cui allude anche l'art. 2, n. 1, lett. l) del disegno di legge (che prevede la nomina di un comitato dei creditori con funzione di tutela degli interessi comuni), ovvero per classi (omogenee per interessi economici), ai sensi dell'art.2, n. 1, lett. t) del disegno di legge.
Per le considerazioni che andrò a svolgere, a me pare di sì, anche se ciò è da taluno stato escluso, in riferimento alle procedure concorsuali minori vigenti e con specifica attenzione alla giustificazione ed alla natura in esse del principio di maggioranza, per la ravvisata ascrivibilità del ceto creditorio in quanto tale, non già ad un gruppo, ossia ad una formazione chiusa i cui partecipanti sono astretti da un rapporto di strumentalità di interessi (tale per cui il soddisfacimento del bisogno di un soggetto rende possibile, o almeno più agevole il soddisfacimento dei bisogni degli altri soggetti), ma ad una serie, ossia ad una struttura di tipo aperto e non finito, con sottrazione agli appartenenti ad essa della libera disponibilità degli interessi collettivi, attuata in via eteronoma da organi pubblici (come appunto il tribunale nel giudizio di omologazione) .
Tuttavia, la ripartizione dei creditori in classi, risponde ad un'obbiettiva constatazione della loro diversa tipologia, a seconda che siano fornitori di merci, fornitori di denaro o fornitori di lavoro (compresi i servizi), cui corrisponde normalmente una diversa tutela dei rispettivi crediti, rappresentata ordinariamente per i secondi dal sistema di garanzie reali e personali, dai terzi dal sistema dei privilegi, con una carenza invece di protezione per i primi, almeno in via generale (salvo quanto sopra osservato in relazione alla particolare combinazione dei fattori lavoro e capitale all'interno della realtà produttiva) di rango chirografario: il diverso livello di garanzia acquisito rende, evidentemente, disomogeneo l'interesse dei creditori delle tre macrocategorie suindicate ad una più o meno sollecita apertura della procedura concorsuale, tenuto conto dell'esigenza di alcuni di ritardarla, per rendere irrevocabili la costituzione di garanzie ed i pagamenti ricevuti, al contrario di altri, piuttosto interessati invece, in quanto non diversamente né prioritariamente garantiti, alla più tempestiva apertura della procedura stessa, nell'auspicio di potere almeno in parte rientrare dalla propria esposizione, attraverso la liquidazione concorsuale .
La previsione di una suddivisione di creditori per classi ha pure trovato emersione a livello normativo: e ciò fin dalla legge fallimentare, che, all'art. 212 secondo comma, ha stabilito che il commissario liquidatore possa distribuire acconti parziali, sia a tutti i creditori, sia ad alcune categorie di essi. La legge 3 aprile 1979, n. 95 (di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi) all'art. 2 settimo comma, come modificato dall'art. 1bis della legge 25 marzo 1993, n. 80 ha stabilito quindi, nella distribuzione di tali acconti, un criterio di preferenza per "i lavoratori dipendenti e le imprese artigiane e industriali con non più di duecentocinquanta dipendenti", letto come indicativo della scelta del legislatore di privilegiare i soggetti economici più deboli, che maggiormente possono risentire del differito incasso dei loro crediti, coerente con la finalità della procedura, di continuazione dell'attività produttiva dell'impresa in dissesto, anche in vista della salvaguardia del patrimonio aziendale e dei livelli occupazionali .
Più recentemente, l'art 68 del d. lgs. 8 luglio 1999, n. 270 (nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza) ha previsto la preferenza, nella distribuzione di acconti parziali, per i crediti "dei lavoratori subordinati e ... degli imprenditori per le vendite e somministrazioni di beni e per le prestazioni di servizi effettuate a favore dell'impresa insolvente nei sei mesi precedenti la dichiarazione dello stato di insolvenza". La disposizione introduce, non tanto sotto il profilo della qualificazione del credito e quindi, nell'ottica del concorso, della graduazione , ma sotto quello (forse ancora più importante) dei tempi della sua realizzazione, almeno parziale, una particolare agevolazione ad alcuni crediti, anteriori all'accertamento del presupposto sostanziale di apertura della procedura, direttamente funzionali allo svolgimento dell'attività dell'impresa da risanare. Ciò consente di individuare una particolare attenzione, non dimostrata nel sistema di graduazione dei crediti dianzi scrutinato, da parte del legislatore proprio per quella categoria di fornitori di merci e di servizi così poco tutelata nel trattamento qualificatorio (essendo di rango normalmente chirografario), così da renderla direttamente cointeressata al risanamento dell'impresa, attraverso la protrazione dell'erogazione delle proprie prestazioni.
Ecco che allora la previsione, nell'art.2, n. 1, lett. t) del disegno di legge in esame di una ripartizione dei crediti, ai fini della votazione, in classi omogenee per interessi economici, anche in riferimento ai contenuti del piano di risanamento, potrebbe indurre ad enucleare, accanto a quelle dei lavoratori, naturalmente cointeressati al mantenimento in vita dell'impresa (cui è legata la sorte del loro rapporto), e dei soggetti finanziatori (normalmente dotati di garanzie esterne), una classe di operatori economici funzionali alla sopravvivenza (e quindi al risanamento) dell'impresa in crisi. Ciò potrebbe comportare un riconoscimento dell'importanza di tale classe, attraverso la previsione, ad esempio, della necessità del suo voto favorevole (stabilendo la disposizione anche la disciplina dei rapporti tra "esiti della votazione delle singole classi ed esito complessivo delle votazioni"), attribuendo ad essa una particolare forza contrattuale nella previsione della percentuale di pagamento da fissare per essa nella predisposizione del piano di risanamento.

Le superiori argomentazioni non rendono tuttavia privo di significato il riferimento ancora in via generale, come pure è stato osservato, ad un ceto creditorio, restando sempre ampia "la fascia dei creditori che non avranno <<un pezzetto di patrimonio>> sul quale soddisfarsi separatamente ed avranno un comune interesse ad ottimizzare il risultato della liquidazione concorsuale" , tenuto anche conto della seria discutibilità, almeno in linea di principio e salve particolari esigenze, della previsione, anche sul piano degli interessi costituzionali tutelati, di un soddisfacimento differenziato di varie categorie di crediti .

7. Conclusioni
In vista di una conclusione, certamente provvisoria in quanto relativa ad un disegno di legge di riforma ancora suscettibile di modifiche, integrazioni o comunque ripensamenti, al centro di un dibattito appena avviato tra gli studiosi e gli operatori in genere della materia, occorre ora ricomporre ad unità le osservazioni dianzi svolte, tentando di dare una risposta alla domanda iniziale: se cioè sia possibile, nella nuova procedura di crisi, coniugare armonicamente l'istanza di risanamento dell'impresa con l'esigenza di tutela dei diritti dei creditori, in particolare di quelli, per così dire, organici all'impresa.
In via riepilogativa ed appunto conclusiva, mi pare possano essere individuati, in esito alla trattazione compiuta, alcuni punti fermi: a) l'impresa ha da tempo cessato di coincidere, per mera sovrapposizione, con il soggetto imprenditore, per indicare piuttosto un'entità da esso autonoma, rappresentata dall'attività organizzata, attraverso l'impiego di lavoratori dipendenti, l'utilizzazione di capitali offerti da finanziatori, lo scambio e l'interazione economica con operatori presenti sul mercato dei fornitori di beni e di servizi; b) il suo risanamento non interessa più in via esclusiva il soggetto titolare (l'imprenditore), ma tutto il nucleo dei lavoratori e degli operatori finanziari ed economici suindicati, direttamente interpellati dal (e per il) programma di risanamento; c) il tradizionale sistema di graduazione del credito non soddisfa l'esigenza di un'incentivazione dei soggetti suddetti, sicchè gli stessi non paiono avere, per i crediti sorti anteriormente all'apertura della procedura concorsuale, un particolare interesse, in vista di un loro recupero, a sostenere la prosecuzione della gestione imprenditoriale, in funzione del risanamento; d) la suddivisione dei creditori in classi per interessi economici omogenei, prevista dalla nuova procedura di crisi ai fini della votazione del programma di risanamento, può costituire una base importante per l'emersione di una classe di creditori organici, interessati a sostenere, con l'erogazione dei propri servizi, la prosecuzione della gestione dell'impresa in crisi, in cambio di una maggiore tutela dei propri crediti.
Ma il tradizionale sistema di graduazione del credito, prima ancora di riuscire, per le ragioni dette , inadeguato a sostenere la prosecuzione della gestione imprenditoriale, in funzione del risanamento, mostra evidentemente la corda, ove si consideri che esso, basato come è, per l'inerenza del diritto di prelazione alla cosa, presuppone che il patrimonio dell'imprenditore sia composto di beni in proprietà. Ora, è ben nota l'imponenza del fenomeno della crescente dematerializzazione dei beni organizzati per l'esercizio dell'impresa (per il quale il vero valore della stessa, il cosiddetto core business, è rappresentato dal sapere tecnologico dell'imprenditore, il cosiddetto know-how, e dalla sua capacità organizzativa e commerciale, il cosiddetto avviamento), che sempre più spesso si accompagna (al punto da confondersi quasi con esso) alla progressiva residualità delle cose nella disponibilità dell'imprenditore per diritto di proprietà, rispetto a quelle detenute in virtù di vincoli contrattuali (per tutti, si pensi alla pervasiva diffusione del contratto di leasing, che ha ormai ad oggetto beni di ogni tipologia).
Accanto a questo aspetto, la legge di riforma erode profondamente il sistema della graduazione, prevedendo, proprio nella procedura di crisi e per la prima volta rispetto alle tradizionali procedure concorsuali minori, la possibilità di un pagamento in percentuale non soltanto dei crediti chirografari, ma anche di quelli privilegiati (con la sola eccezione di quelli indicati nell'art. 2751bis c.c., riconducibili alla tutela del lavoro, inteso in senso ampio), di fatto eliminando tra gli stessi ogni sostanziale differenza sul piano della soddisfazione, che è proprio quello garantito dal diritto di prelazione.
Ed allora l'elemento su cui fondare la ricerca di un punto di riconciliazione delle esigenze di tutela del credito e di incentivo alla prosecuzione della gestione dell'impresa in crisi non può, a mio avviso, che essere individuato nell'attribuzione di un più ampio spazio alla gestione della crisi a quelle categorie di soggetti interessati (più sopra designati come creditori organici all'impresa), attraverso la consacrazione di una certezza giuridica, con la forza della disposizione normativa, di quegli accordi oggi rappresentati dalle soluzioni di composizione stragiudiziale (essenzialmente fondati sulle convenzioni interbancarie), privi di un tale ombrello protettivo ed esposti ai rischi di revocatoria o di imputazioni penali .
Ciò che potrebbe essere realizzato, se non, come pure sembrerebbe opportuno, riconoscendo anche ai creditori (eventualmente con una limitazione a particolari classi, da definire previamente) un potere di iniziativa, quanto meno sotto il profilo della sollecitazione, nell'avvio della procedura di crisi, oggi previsto per il solo debitore, certamente attraverso un loro coivolgimento attivo nella gestione dell'impresa, oggi parimenti stabilito per il solo debitore (che, peraltro, già ha dato una prova negativa nella conduzione della propria impresa). Si potrebbe così ipotizzare una gestione, se non proprio commissariale (autoritativamente imposta dal tribunale), affidata ad un soggetto esperto, indicato dai creditori e che riscuota la loro fiducia, come previsto nel sistema inglese, già richiamato, di floating charge, attraverso la nomina, da parte del creditore titolare della garanzia (floating charge holder), di un administrative receivership, che prenda il controllo dell'intera impresa, che al tempo stesso tuteli le ragioni creditorie e sia responsabile della gestione nei confronti dell'impresa in crisi, con una flessibilità, rapidità ed economicità di movimento, dipendenti dalla non derivazione della nomina dall'autorità giudiziaria .
Una più convinta responsabilizzazione di tale categoria di soggetti, al tempo stesso creditori e cointeressati (non solo, per le ragioni dette, sotto il profilo della realizzazione satisfattoria della pretesa obbligatoria) alla sopravvivenza dell'impresa, in quanto di essa stessa parte, secondo la nuova conformazione oggi assunta, pare la strada più conveniente per tentare la quadratura delle istanze, di conservazione dell'impresa e di tutela del credito (poi non così irrimediabilmente confliggenti), nell'ambito della crisi dell'impresa, attraverso una procedura anticipatoria, sotto il controllo dell'autorità giudiziaria, ma con la flessibilità necessaria per il raggiungimento del risultato auspicato.

La redazione sta provvedendo alla pubblicazione delle note.

 

 












 

 

 


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